venerdì 30 novembre 2012

World Energy Outlook 2012: fare di necessità virtù

Da “The Oil Crash”. Traduzione di Massimiliano Rupalti




Cari lettori,

lo scorso lunedì 13 novembre l'Agenzia Internazionale per l'Energia (da qui in poi IEA), ha pubblicato l'edizione del rapporto annuale sullo stato dell'energia mondiale, il World Energy Outlook (WEO). Questo rapporto (690 pagine, 70 euro se per fini di ricerca) era molto atteso, visto che i migliori economisti delle IEA ci mostrano in esso i loro modelli di previsione della domanda futura ed è la base delle raccomandazioni che fa la IEA in quanto alla politica energetica per i governi ed è lo strumento col quale si prendono molte decisioni per il futuro. 

Il rapporto è stato ricevuto con la consueta fanfara mediatica, da questa spicca un'affermazione fatta dallo stesso capo economista Fatih Birol, durante la sua presentazione alla stampa: gli Stati Uniti diventeranno il primo paese produttore di petrolio del mondo verso il 2020, superando l'Arabia Saudita verso la metà degli anni 20 e verso il 2030 il paese sarà autosufficiente energeticamente e potrà cominciare ad esportare. Diversi lettori mi hanno contattato via email ed hanno lasciato commenti nel blog, chiedendomi se il miracolo che stavamo aspettando non fosse arrivato alla fine e che il mondo non si dirige verso il caos economico ed energetico. E sia, che alla fine si siano compiuti i desideri di Jaume Barberà (ed anche i miei) espressi alla fine dell'intervista della scorsa settimana?

Dopo aver seguito i rapporti della IEA per alcuni anni ci si abitua alla sensazione agrodolce che lasciano, a grattare oltre le affermazioni di taglio trionfalistico e a guardare ciò che i dati dicono realmente, si vede che sì ci sono notizie positive, ma i dati mostrano anche delle tendenze abbastanza negative e che non ci consentono di guardare al futuro con fiducioso ottimismo. Quest'anno, tuttavia, la sensazione è più amara degli anni scorsi. Perché le notizie reali, quelle che ci mostrano i dati della IEA, non possono essere davvero peggiori. L'unica notizia di taglio nettamente positivo viene dalle aspettative di crescita della produzione in Iraq, le quali potrebbero essere ampiamente sfumate come abbiamo detto in un post recente.

Come è prassi, il rapporto è strutturato in diversi scenari futuri. La stessa IEA si premura come sempre di chiarire che sono scenari, non previsioni ma più propriamente tendenze in funzione di decisioni politiche ed altri sviluppi. Lo scenario centrale o più probabile è quello dell'implementazione di Nuove Politiche (implementazione di politiche proattive da parte dei governi per migliorare l'efficienza e diminuire i costi energetici) e sarà quello che prenderemo a riferimento in questa discussione. Gli altri due scenari che erano già presenti nel WEO 2011 sono quello di Politiche Attuali (fondamentalmente, un Business as Usual, continuazione delle tendenze pre-2010, anche se il reale corso degli eventi rende questo scenario sempre più sfasato) e quello dell'obbiettivo 450 ppm, così denominato perché ciò che si perseguirebbe in esso è la stabilizzazione del contenuto di gas serra nell'atmosfera alla soglia simbolica di 450 parti per milione di CO2 equivalente. A questi tre scenari, gli stessi del WEO del 2011, la IEA aggiunge un quarto scenario stavolta, Mondo Efficiente, nel quale le misure di efficienza vengono adottate in modo radicale. Questo quarto scenario pretende di valutare gli effetti economici del puntare a un mondo molto più efficiente nell'uso di energia di quello attuale, con una dose di ottimismo piuttosto importante, soprattutto per ciò che riguarda le sue implicazioni economiche (sappiamo già che lo spreco è la base del nostro sistema economico). Come d'abitudine, gli scenari si costruiscono in base a delle ipotesi di crescita economica per tutto il globo di un sorprendente 3,5% all'anno in termini reali, anche se “solo” di un 2,1% all'anno per l'insieme dei paesi OCSE e del 1,7% all'anno per l'Unione Europea (pagina 37). Significativamente, la IEA prevede che il prezzo medio del barile di petrolio (in dollari costanti, cioè a parte l'inflazione) si mantenga relativamente alto, a valori che, come sappiamo, sono incompatibili con la ripresa economica secondo i suoi stessi parametri (abbiamo già detto diverse volte che la IEA prende per buono il limite di James Hamilton, che in dollari di oggi rappresenta circa 90 dollari al barile). Notate il contrasto fra l'evoluzione prevista dalla IEA per i prezzi di quest'anno e quella che prevedeva lo scorso anno.

Previsioni dell'evoluzione del prezzo medio del barile di petrolio secondo il  WEO del 2012





Previsioni dell'evoluzione del prezzo medio del barile di petrolio secondo il  WEO del 2011

C'è da rilevare che in solo un anno siamo riusciti a superare il prezzo medio record del barile del 2008 (la serie rappresenta le medie annuali con finestra mobile). Se vi concentrate (attenzione: la scala verticale dell'una e dell'altra figura non coincidono), vedrete che lo scorso anno, miracolosamente, lo scenario 450 rendeva possibile mantenere i prezzi entro il limite della sostenibilità economica. Quest'anno, nessuno scenario riesce a mantenersi a tale livello, a causa della forte ascesa dei prezzi del petrolio (ad essere giusti, la curva dello scorso anno dovrebbe essere corretta dall'inflazione di quest'anno per poterle paragonare, poiché i prezzi dello scorso anno erano in dollari del 2010 e quelli di quest'anno in dollari del 2011; in ogni caso, la differenza osservata è molto maggiore del differenziale dell'inflazione). Pertanto c'è una contrazione implicita nei dati della IEA, visto che i prezzi di tutti gli scenari implicano recessione economica secondo i criteri stessi della IEA. 

Analizziamo quindi in dettaglio i quattro capitoli che sono, ritengo, cruciali nel WEO 2012: la rinascita energetica degli Stati Uniti che ha generato i titoli della stampa generalista, le buone prospettive per la produzione di petrolio in Iraq, la crociata per l'efficienza energetica e il problema dell'uso dell'acqua nella generazione di energia. 

Cominciamo con l'affermazione che gli Stati uniti saranno la nuova Arabia Saudita del petrolio. E' realmente una affermazione scioccante, sapendo, come sappiamo, come si è evoluto il panorama energetico nel mondo e in questo paese durante gli ultimi anni. E' certo che da circa tre anni si sta pubblicizzando molto che negli Stati Uniti sia avvenuta una rivoluzione energetica grazie all'introduzione di nuove tecniche di sfruttamento di formazioni di rocce compatte e di scisti bituminosi (argille). E' il caso di dire che né le tecniche di sfruttamento né le risorse che ora si sfruttano sono veramente nuove; ciò che è nuovo è che risulti vantaggioso sfruttarle economicamente in questo modo, a causa degli alti prezzi del petrolio. Tre anni fa, un tale dispiegamento estrattivo era stato denominato “la febbre del gas”, visto che in quel momento le prospettive meravigliose erano per il gas naturale. La realtà ha mostrato che tali prospettive per il gas naturale erano sovradimensionate (come abbiamo già detto qui due anni fa) e come conseguenza il rendimento degli impianti di gas non convenzionale sono caduti a picco (e questo senza parlare dei problemi ambientali generati dalla tecnica di estrazione usata, conosciuta come fratturazione idraulica o fracking, per abbreviare). Tuttavia, le quantità residue di petrolio e sostanze similari che escono col gas hanno consentito che alcuni impianti abbiano un certo rendimento, propriamente perché il prezzo dell'oro nero è alle stelle; mutatis mutandi, il focus di questi impianti ora si è concentrato sull'estrazione di petrolio e si parla delle meravigliose prospettive di sfruttamento dei giacimenti di petrolio non convenzionale negli Stati Uniti, grazie alle sue formazioni di ardesie bituminose e di roccia compatta. Ma, è questa tanto decantata rivoluzione del gas e del petrolio non convenzionale che sta portando gli Stati uniti ad essere la nuova Arabia Saudita? La questione è già stata analizzata in profondità in altri forum precedentemente, ma vale la pena soffermarsi ora su cosa dice realmente il WEO 2012. 

L'espressione letterale del WEO 2012 rispetto agli Stati Uniti è che gli stessi supereranno l'Arabia Saudita e diventeranno il primo produttore di petrolio del mondo intorno al 2020 e che verso il 2035 saranno, in modo netto, energeticamente autosufficienti. Tutto questo, vedendo i dati del rapporto, è certo, ma non rappresenta affatto una buona notizia. Osservate la figura seguente estratta dalla presentazione alla stampa (documento pubblico).


Osservate che il rapporto accumula produzione di petrolio e di gas (espresse in termini di energia equivalente a quella di eguale quantità di petrolio) con l'intento di mostrare che in realtà gli Stati Uniti sono, in modo netto, autosufficienti energeticamente. Il problema è che gas e petrolio non sono perfettamente fungibili (intercambiabili) ed è dubitabile che in un arco di tempo relativamente breve come è questo si produca una sostituzione rapida dei macchinari che lavorano coi derivati del petrolio perché lo facciano coi derivati del gas naturale. Nemmeno lo si vuol dimostrare, ciò che si vuol dimostrare è che, in modo netto, gli Stati Uniti sarebbero energeticamente autosufficienti. Cioè, l'energia di un tipo sarà in surplus nel 2035 e che pertanto esporteranno (gas) in quantità equivalente all'energia che allora dovranno importare (petrolio). Tale affermazione è già di per sé elusiva, perché nasconde il fatto che il prezzo per unità di energia di petrolio e di gas è molto diverso, frutto della maggior versatilità (e pertanto di maggior valore aggiunto) del primo rispetto al secondo. Pensate che un barile di petrolio, oggigiorno, non va sotto i 100 dollari ed equivale ad un'energia di 5,8 MBTU (millions of British thermal units, milioni di unità termiche britanniche), cioè, ogni MBTU di petrolio vale 17,25 dollari come minimo. Per contro, i prezzi del gas naturale in Europa vanno intorno ai 7 dollari per MBTU (negli Stati Uniti non arrivano ai 4 dollari per MBTU). Pertanto, per una quantità relativa di energia gli Stati Uniti dovrebbero pagare, ai prezzi odierni, più del doppio per il petrolio che importerebbero in relazione al gas che esporterebbero (e questo senza contare i costi aggiunti di impianti sufficientemente capaci di liquefare e ri-gassificare e per il trasporto del gas in navi metaniere). Nel WEO possiamo trovare un grafico più dettagliato della produzione specifica del petrolio: 


Se ci concentriamo sull'evoluzione della produzione di petrolio mostrato dal grafico qui sopra si vede che attorno al 2020 questa tocca il suo massimo con circa 11 milioni di barili al giorno (Mb/g). Secondo la IEA, in quella data gli Stati Uniti saranno i primi produttori di petrolio al mondo. Ma tanto l'Arabia Saudita (primo produttore oggigiorno) quanto la Russia (secondo produttore) in passato hanno superato i 10,4 Mb/g ed attualmente si aggirano su queste cifre. Pertanto, il fatto che gli Stati Uniti arrivino ad essere il primo produttore con 11 Mb/g implica che sia la Russia sia l'Arabia Saudita produrranno al massimo quanto producono ora. Cioè, questi due paesi, i principali produttori di petrolio oggigiorno, avranno probabilmente superato il proprio picco del petrolio nel 2020 e la loro produzione sarà in declino (col grave impatto che ciò avrà sulle esportazioni). Insomma, ciò che si vorrebbe presentare come una buona notizia in realtà è una notizia pessima. Alcuni lettori mi contesteranno forse che in realtà l'Arabia Saudita starà, come sempre, mettendo via parte della sua produzione e che in realtà si può mantenere su questo plateau produttivo per un tempo ancora indefinitamente lungo. 

La questione dell'Arabia Saudita l'abbiamo già discussa in modo esteso e, rispetto alla politica delle quote dell'OPEC farò un post prossimamente, nel quale mostrerò che in realtà l'OPEC già non è in grado di regolare a proprio piacimento la produzione di petrolio. Per i più, è il caso di rilevare che l'innegabile declino produttivo del petrolio convenzionale (striscia azzurra più in basso e i due cunei verso la fine del periodo) viene compensato grazie ai liquidi del gas naturale (striscia violacea che raggiunge il picco a sua volta nel 2020 e che, come sappiamo, non servono per la raffinazione del diesel) e all'aumento spettacolare della produzione di petrolio leggero da formazioni di roccia compatta (striscia rossa). Quest'ultimo aumento è molto impressionante perché la produzione di questo tipo di petrolio aumenterebbe brutalmente dopo una storia produttiva piuttosto ridicola, con un certo incremento negli ultimi due anni. La grande speranza degli Stati Uniti è riposta nella formazione di Bakken, fra gli stati del Nord Dakota e del Montana. Tuttavia, la capacità produttiva di questa formazione è enormemente esagerata, come mostra Matthieu Auzanneau nel suo ultimo post (dato l'interesse di questo post in particolare, sarà ripubblicato tra breve tradotto in italiano). Pensate che il miracolo americano si appoggia principalmente in ciò che accade nella formazione di Bakken e come vedete la storia passata non avvalla l'ottimismo della IEA. Cosicché la storia principale di questo WEO deve essere presa con le pinze. In un paio d'anni dovrebbe divenire chiaro se gli Stati Uniti stia riuscendo ad aumentare la loro produzione a Bakken ai livelli sognati oppure no. 

Ma c'è dell'altro. Secondo l'ultimo Oil Market Report, gli Stati Uniti hanno avuto un consumo medio di petrolio di 19,01 milioni di barili al giorno nel 2011, molto al di sotto dei 21 Mb/g che sono arrivati a consumare nel 2007. Tuttavia, la seconda parte del miracolo statunitense (essere esportatori di energia dal 2035) si basa su una inquietante supposizione: una diminuzione sostenuta del consumo di petrolio internamente al paese. Questo è rilevabile nel grafico che mostra come le importazioni di petrolio degli Stati Uniti andranno riducendosi nei prossimi 25 anni, da 9,5 Mb/g di adesso ai poco meno di 3 Mb/g. Vale a dire, gli Stati Uniti importeranno 6,5 Mb/g in meno di adesso. 


La parte del leone di questa riduzione la fa non l'aumento (un po' favolesco) della produzione interna di petrolio, ma il miglioramento di efficienza nella domanda, la quale giungerà a rappresentare quasi 4 Mb/g dei 6,5 di riduzione dell'importazione. E' un miglioramento nell'efficienza del consumo di petrolio straordinaria. Di fatto, è talmente straordinaria che non si è mai visto nulla di simile sul pianeta Terra. Dopo gli shock petroliferi degli anni 70 i paesi dell'OCSE, specialmente quelli europei e il Giappone, hanno migliorato molto la propria efficienza energetica, il che ha comportato una crescita di domanda petrolifera più lenta in quei paesi, ma non che la domanda fosse diminuita. Di fatto, la domanda è diminuita solo in occasione di crisi economiche intense (cosa che in realtà già sappiamo, data la retroazione fra crisi energetica e crisi economica). In questo modo la IEA fa le sue previsioni a partire da un fenomeno mai osservato, non nei termini in cui lo descrivono. Secondo me, l'unico modo di conciliare le previsioni della IEA con la realtà è dicendo che gli Stati Uniti sono condannati ad una intensa discesa energetica, con conseguente crisi economica tipo depressione o peggiore. 

Le cose, quindi, sono abbastanza chiare: si sta parlando di una decrescita energetica rapida e profonda e non solo per gli Stati Uniti, ma anche per l'insieme dell'OCSE. In questo senso le prospettive per l'Unione Europea sono piuttosto cattive. Secondo i dati della tavola allegata al rapporto, la UE passerebbe da una domanda (di nuovo si gioca con le parole, come se la domanda non si fosse adeguata all'offerta, come se la domanda rispondesse realmente ai desideri dei consumatori) totale di energia primaria di 1.713 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio (Mtoe, acronimo inglese) a soli 1670 nel 2035, secondo lo scenario centrale con una decrescita media dello 0,1% annua. Ripartito per categorie, il consumo di petrolio scenderebbe da 596 Mtoe a 417 Mtoe (una caduta del 27% in 25 anni, un 1,2% annuo) e ciò che sale di più è la bioenergia (da 130 Mtoe a 231 Mtoe) e le altre rinnovabili (da 22 Mtoe a 119 Mtoe); da rilevare che l'energia nucleare permarrebbe praticamente costante. Nel caso degli Stati Uniti e nonostante la sua presunta resurrezione energetica, anche la sua domanda si vedrebbe ridotta al passaggio dai 2.214 Mtoe nel 2010 ai 2.187 nel 2035. Come abbiamo già detto, il consumo di petrolio passerebbe, nel caso degli Stati Uniti, da 805 Mtoe nel 2010 a 558 Mtoe nel 2035, una diminuzione del 31% che si traduce in una caduta del 1,5% all'anno. E di nuovo sono la bioenergia (che passa da 90 Mtoe a 209 Mtoe) e le altre rinnovabili (da 18 Mtoe a 101 Mtoe) quelle che hanno più rilievo. Tuttavia, nell'insieme del mondo, la domanda di energia crescerebbe di uno spettacolare 35% dal 2010 al 2035 (da 12.730 Mtoe a 17.197 Mtoe), principalmente a causa dell'enorme crescita della Cina (il cui consumo aumenta del 60% passando da 2.416 Mtoe a 3.872 Mtoe), l'India (del 145% passando da 619 Mtoe a 1.516 Mtoe) e medio oriente (dal 62% da 624 Mtoe a 1.012 Mtoe). America Latina, Africa e il resto dell'Asia vedono anch'essi incrementi spettacolari in termini percentuali, anche se più modesti in termini assoluti. La Russia cresce in modo apprezzabile (23%) e il Giappone perde abbastanza (10%). Insomma, lo scenario che ipotizza la IEA è di decolonizzazione energetica, nel quale l'energia sarebbe distribuita in modo più egualitario di adesso fra le nazioni del mondo e nel quale i paesi occidentali si adeguerebbero ad adottare misure di austerità e razionamento, mentre le loro economie ristagnerebbero e languirebbero e allo stesso tempo farebbero un investimento senza precedenti, contraddetta dagli eventi attuali, in energia rinnovabile. Credo che a tutti i lettori risulterà evidente che tale scenario è una chimera, a giudicare dalla politica estera conosciuta dei paesi che dovrebbero cedere la propria parte di torta.

Riguardo al secondo capitolo del WEO, le meravigliose prospettive della produzione petrolifera in Iraq, abbiamo già fatto un post spiegando i limiti della sua proposta e mi rimetto a quello.

Per capire il contesto del terzo capitolo che vorrei evidenziare, quello dell'efficienza energetica, il pezzo chiave del puzzle che costruisce la IEA è l'aumento spettacolare di produzione di energia di origine rinnovabile atteso dall'Agenzia. La IEA rivendica, come ha già fatto l'anno scorso, un forte incremento delle sovvenzioni a questo settore strategico per favorirne l'implementazione. Tuttavia, l'attuale tendenza è di una diminuzione dei contributi tanto pubblici quanto privati, probabilmente per il fatto non preso in considerazione dalla IEA che i sistemi di captazione di energia rinnovabile che si sta tentanto di implementare sono, molto probabilmente, mere estensioni dei combustibili fossili. Il WEO da molta importanza alla cosiddetta bioenergia (biomassa e biocombustibili). Abbiamo già detto altre volte che la biomassa ha dei limiti. Così, non si può prendere legna da un bosco a un ritmo che comprometta la sua fattibilità, inoltre c'è il problema a lungo termine della perdita di fosforo se i residui dalla combustione non tornano alla Terra (alcuni storici credono che se l'antica e fertile Mesopotamia oggi è il desertico Iraq è stato a causa, in parte, della progressiva perdita di fosforo per le colture durante migliaia di anni). E in relazione ai biocombustibili, i loro EROEI sono molto bassi e ci sono poche possibilità che migliorino a breve termine: uno studio del 2010 (parte 1 e parte 2) mostrava che ad esempio l'etanolo di mais negli Stati Uniti ha un EROEI di 1,06 ± 0,2; un altro studio sulla soia argentina indica un EROEI inferiore a 2 per tutti i tipi di coltura considerati, migliorabili solo includendo il rendimento dei sottoprodotti (usati, fondamentalmente, per l'alimentazione animale) ma senza giungere in nessun caso al  valore limite di 10. Il fattore EROEI è perfettamente sconosciuto per gli economisti della IEA (e sappiamo già il perché), che pensano solo in termini monetari e non si rendono conto che in realtà l'aumento di produzione dei biocombustibili non presuppone un amento dell'energia che arriva alla società. Pertanto, appoggiare la diffusione della bioenergia è un errore suicida. 

Il WEO di quest'anno è fortemente centrato, quasi un grido disperato, sull'efficienza energetica. L'affermazione che si devono fare le cose in modo più efficiente, che è una cosa di buonsenso, sbatte contro la realtà del nostro sistema economico e produttivo. In una economia di libero mercato lo spreco è una necessità economica, come abbiamo spiegato a suo tempo. Le misure di risparmio energetico non hanno mai successo se l'economia è in espansione (ed abbiamo già decenni di esperienza in questo senso), perché c'è sempre un incentivo economico a consumare più energia e se tu decidi volontariamente di rinunciare a consumare tanta energia, altri ne avranno di più per aumentare la propria produzione ed il proprio tornaconto economico. E al contrario, misure di risparmio imposte in modo ferreo attraverso leggi assicurano il regresso economico di una nazione. Da intendersi sempre all'interno del nostro paradigma economico, nessuno dice che con un altro sistema economico e produttivo non si potrebbe implementare effettivamente un risparmio energetico. La stessa cosa accade per l'efficienza, in accordo col famoso Paradosso di Jevons del quale abbiamo parlato tanto su questo blog. Pertanto, se gli economisti della IEA stanno scommettendo sull'efficienza e sul risparmio per poter far fronte al consumo energetico mondiale, stanno dicendo che o una parte del mondo cambierà sistema economico o si tufferà in una crisi economica senza fine. Richiama l'attenzione l'enfasi che la IEA mette sulle cinque misure di carattere politico che si devono prendere per ottenere questa Itaca dell'efficienza energetica:
  • Incrementare la visibilità dell'efficienza energetica, sulla base di una sua migliore misurazione e rivelando i suoi benefici economici
  • Renderla più abbordabile con nuovi modelli di gestione e con finanziamento adeguato
  • Rendere l'efficienza energetica un tema comune (mainstream), incentivando le tecnologie più efficienti e penalizzando quelle meno efficienti. 
  • Rendendola base reale del monitoraggio, della verifica e delle attività di sostegno
  • Rendendola effettiva mediante misure di governance e di capacità amministrativa a tutti i livelli
Riassumendo: facendole una grande propaganda per poi obbligarla attraverso misure legislative e perseguendo le infrazioni. In definitiva, queste misure sono un'imposizione blanda delle misure di razionamento, poco compatibili col sistema del libero mercato. Se queste misure vengono adottate (come probabilmente sarà), il nostro sistema si evolverà dall'attuale economia di (quasi) libero mercato (in realtà gli oligopoli la falsano parecchio) ad un'economia gestita e praticamente pianificata. Da lì ad una dittatura manca solo un passo (che magari si intraprenderà lungo il cammino).

Per ultimo, vorrei evidenziare che il WEO di quest'anno dedica un capitolo speciale alla connessione fra consumo di acqua e di energia. Il capitolo discute in modo esteso la necessità di usare acqua nella produzione di energia, soprattutto negli impianti di produzione di elettricità, e di come il cerchio si chiuda, in molti paesi, in una situazione di stress idrico e portando all'uso di energia per ottenere acqua dolce. C'è una mappa che risulta essere abbastanza rivelatrice di quali paesi avranno i problemi più gravi (e, purtroppo, la Spagna ne fa parte, ma anche il Regno Unito e la Germania):


La IEA stima che il 15% di tutta l'acqua dolce consumata nel mondo nel 2010 si stata usata nella produzione di energia di tutti i tipi e, nello scenario centrale si attendono che salga al 18% del totale (o una percentuale maggiore, se la disponibilità globale di acqua diminuisce come conseguenza dei cambiamenti climatici e del degrado ambientale in generale). Il WEO fa un'analisi dettagliata di quattro paesi che possono avere problemi importanti con la disponibilità d'acqua. Cina, India, Stati Uniti (su scala locale, soprattutto in associazione alla produzione, nello specifico, di petrolio da scisti e scisti petroliferi) e Canada (per effetto dell'inquinamento).

Lascio molti temi nel calamaio, ma questa prima analisi affronta la gran parte degli aspetti fondamentali. Dopo tutta questa spiegazione, lascio che il lettore valuti quali delle notizie positive del WEO di quest'anno si possano considerare realmente positive, semplicemente leggendo i dati. Sono quattro anni che osservo in dettaglio questi rapporti annuali e certamente questa è quella che mi trasmette le impressioni più nere. 

Saluti.
AMT