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mercoledì 16 dicembre 2015

Clima: camminare su un sentiero di montagna con gli occhi chiusi sperando che il burrone sia ancora molto lontano...

Da “Cassandra's Legacy”. Traduzione di MR

Questo post è stato leggermente modificato rispetto alla versione apparsa in inglese




Il pericolo del cambiamento climatico continua ad essere ampiamente frainteso o ignorato. 


Il cambiamento climatico, a quanto pare, viene visto come qualcosa di lontano, la sua importanza viene sminuita da minacce più immediate, dal terrorismo alle preoccupazioni finanziarie. E i governi sembrano soffrire di sindrome di sdoppiamento della personalità, con i politici che si accalcano a Parigi per dichiarare l'assoluta necessità di salvare il pianeta per le future generazioni e poi tornano a casa e dichiarano l'assoluta necessità di far ripartire la crescita.

Ma la minaccia climatica non riguarda le future generazioni. E' una cosa che avviene adesso, che è avvenuta per un secolo e che continua ad avvenire, portandoci lungo un sentiero pericoloso che finisce da qualche parte, probabilmente in un burrone ripido.

Ecco un riassunto della situazione ad oggi. Non è da intendersi come esauriente, ma come un tentativo di cogliere i punti principali di quello che sta avvenendo.


1. Gas serra.  Il biossido di carbonio e il metano sono i principali gas serra generati come risultato delle attività umane. Il loro accumulo nell'atmosfera continua. Riguardo al CO2, il 2015 probabilmente è stato l'ultimo anno della storia durante il quale gli esseri umani hanno potuto respirare un'aria che ne contiene meno di 400 ppm. Da adesso in poi, le concentrazioni saranno maggiori. Non sappiamo quali effetti avranno queste concentrazioni sulle persone, ma sappiamo che gli esseri umani non hanno mai sperimentato un'atmosfera con più di 300 ppm di CO2 per più di 100.000 anni della loro esistenza come specie. Sappiamo anche che il processo cognitivo umano è già compromesso in modo misurabile a concentrazioni al di sopra delle 600-800 ppm. Riguardo al metano, anche le sue concentrazioni stanno aumentando dopo un periodo di stasi che è durato fino al 2006. Esistono possibilità preoccupanti che le temperature in aumento genereranno un “punto di non ritorno” in cui il rilascio di metano intrappolato nel permafrost delle alte latitudini diventerebbe una fonte indipendente e fuori controllo di gas serra. Finora, non ci sono prove che ciò stia avvenendo, ma ci sono rapporti preoccupanti di esplosioni di metano rilasciate da crateri in Siberia.

2. Temperature. Il cambiamento climatico non significa solo aumento delle temperature, ma questa probabilmente ne è la manifestazione più diretta e visibile. La Terra è diventata sempre più calda durante l'ultimo secolo, più o meno, ed oggi la cosiddetta “pausa” è finita, se è mai esistita. Il 2015 sta per diventare l'anno più caldo mai registrato, con buone possibilità che il 2016 sia anche più caldo. Siamo molto vicini, o abbiamo già superato, ad 1°C di aumento della temperatura media rispetto al periodo preindustriale. Gli effetti di questo riscaldamento sono molteplici: siccità, ondate di calore, fusione dei ghiacciai, aumento del livello del mare ed altro. E più la Terra si riscalda, più questi effetti sono importanti.

3. Fusione dei ghiacci e livelli del mare. La fusione celle calotte glaciali e dei ghiacciai continua inarrestabile, anche se non si è verificato nessun evento spettacolare, finora. Alcuni studi sembrano indicare che l'Antartide abbia guadagnato un po' di calotta glaciale dal 2008 a causa dell'aumento delle nevicate ma, anche se questo risultasse essere vero, la tendenza complessiva alla fusione è evidente. La fusione dei ghiacciai continentali sta destabilizzando le montagne, causando frane estese. L'acqua dolce che fluisce nell'oceano è uno dei fattori principali che causano un aumento dei livelli dei mari. Al momento ci troviamo ad un livello di circa 20 cm più alto di quando sono iniziate le misurazioni, alla fine del XIX secolo. Finora, nessuna città costiera o isola abitata è finita sott'acqua in modo permanente, ma se la tendenza ad aumentare continua questo sarà un problema enorme.

4. Disastri legati al meteo e al clima. Gli schemi meteorologici che cambiano sono uno dei fattori che hanno generato un rapido aumento dei disastri naturali nel XX secolo. Il numero di disastri sembra aver raggiunto un picco intorno al 2004-2006, anche se il danno arrecato continua ad aumentare in termini monetari. Il cambiamento degli schemi meteorologici sta causando danni considerevoli all'agricoltura, colpita dalle siccità (come sta succedendo negli Stati Uniti) e dagli instabili schemi delle precipitazioni. Finora, la produzione di cibo non è stata colpita pesantemente, perlomeno in media e la produzione di cereali rimane stabile, o persino in crescita. Tuttavia, i paesi poveri sono particolarmente a rischio, visto che i contadini non hanno le risorse finanziarie necessarie per adattarsi. La produzione ittica è in declino quasi ovunque, in gran parte a causa della pesca eccessiva, ma anche a causa del riscaldamento degli oceani.

5. Altri effetti. Tutti quelli precedenti sono effetti che possono essere classificati sotto l'etichetta del “cambiamento climatico”, a sua volta un effetto del riscaldamento causato dalla forzante serra. Tuttavia, i cambiamenti in corso nell'ecosistema sono molto più complessi ed estesi. Per esempio, l'acidificazione degli oceani si sta verificando come un effetto del discioglimento del CO2 ad un livello di circa 0,1 unità di pH e che potrebbe avere effetti negativi sui coralli. Dovremmo considerare l'eutrofizzazione, l'erosione del suolo, la dispersione di metalli pesanti, la copertura del terreno con strutture permanenti, le estinzioni multiple, la deforestazione e molto altro.

Anche se breve, questo elenco mostra quanto siano giganteschi e in gran parte irreversibili i cambiamenti che hanno luogo. La Terra sta cambiando, viene trasformata in un pianeta diverso, un ambiente che i nostri antenati non hanno mai conosciuto, ma che non possiamo evitare di affrontare. In questa situazione, un certo grado di adattamento è sicuramente possibile per gli esseri umani. L'aria condizionata può aiutare contro le ondate di calore, l'agricoltura si può adattare alle siccità con l'irrigazione o passando a varietà diverse di piante, le opere ingegneristiche possono aiutare contro le alluvioni e gli incendi possono essere spenti con vari metodi. Ma ci sono limiti all'adattamento e i problemi tendono ad arrivare non gradualmente, ma tutti in una volta. Per esempio, quando New York ha subito la disastrosa inondazione del 2012, l'aumento del livello del mare è stato sicuramente un fattore che ha peggiorato il problema.

In molti casi vediamo una situazione in cui le grandi emergenze legate al clima potrebbero avvenire in ogni momento. Ci sono varie possibilità, come quella di nuove ondate di calore paragonabili, o peggiori, di quella del 2003, che ha rivendicato circa 70.000 vittime in Europa. Potremmo vedere il collasso di grandi masse di ghiaccio dall'Antartide o dalla Groenlandia che porterebbero ad un disastroso e rapido aumento del livello del mare. Oppure cambiamenti degli schemi meteorologici che colpiscono negativamente l'agricolture e quindi la produzione di cibo. O qualcos'altro. In ogni caso, man mano che la forzante serra continua ad aumentare, queste possibilità diventano sempre più probabili.

In cima a tutto questo, c'è la terribile possibilità di un “punto di non ritorno climatico”, il fatto che dopo aver raggiunto un certo grado di riscaldamento, l'intero ecosistema, comincerà a rilasciare il metano immagazzinato nel permafrost, spingendo sé stesso in un nuovo stato di temperatura. Questo nuovo stato potrebbe essere così caldo da rendere gran parte del pianeta inabitabile per gli esseri umani. Ovviamente, non c'è modo di adattarsi ad un evento del genere.

Eppure, non sarebbe impossibile stabilizzare il clima passando ad un'economia completamente alimentata dall'energia rinnovabile prima che sia troppo tardi. Ma ciò richiede sacrifici che, al momento, nessuno è disposto a fare. Quindi, continuiamo a camminare lungo il sentiero di montagna con gli occhi chiusi, sperando che il burrone sia ancora molto lontano...



giovedì 12 novembre 2015

I dieci anni che hanno cambiato tutto ed hanno impedito ogni cambiamento

Da “Resource Crisis”. Traduzione di MR

Di Ugo Bardi


Manca un mese dalla COP-21, a Parigi, che dovrebbe cambiare tutto – e che probabilmente non cambierà niente di rilevante. Ma il cambiamento avviene, anche se in modi che spesso ci sorprendono e che potrebbe non farci piacere di vedere. Il decennio scorso è stato un periodo di enormi cambiamenti ed anche un decennio di giganteschi sforzi mirati ad evitare il cambiamento a tutti i costi. E' una delle molte contraddizioni del nostro mondo. Lasciate quindi che vi racconti la storia di questi anni difficili.


- L'accelerazione del cambiamento climatico. Nel 2005, il cambiamento climatico sembrava essere ancora un'animale relativamente domabile. Gli scenari presentati dal IPCC (a quel tempo aggiornati al 2001) mostravano aumenti della temperatura graduali e i problemi sembravano essere lontani decenni – se non secoli. Ma il 2005 è stato anche l'anno in cui è diventato chiaro che limitare il riscaldamento a non più di 2°C era molto più difficile di quanto si pensasse in precedenza. Allo stesso tempo, il concetto che il cambiamento climatico è un processo non lineare ha iniziato a penetrare nel dibattito e il pericolo di un “cambiamento climatico fuori controllo” e stato sempre più compreso. Gli eventi del decennio hanno mostrato la rapida progressione del cambiamento climatico. Uragani (Katrina nel 2005, Sandy nel 2012 e molti altri), la fusione delle calotte glaciali, la fusione del permafrost, che rilascia il suo carico mortale di metano immagazzinato, enormi incendi forestali, stati interi che si prosciugano, la perdita di biodiversità, l'acidificazione degli oceani e molto altro. E' stato scoperto che le temperature alte condizionano gli esseri umani di più di quanto si credesse e, come colpo di grazia, che gli effetti negativi sul comportamento umano dell'aumento della concentrazione di CO2 sono molto più importanti di quanto si credesse. Stiamo scoprendo con orrore che stiamo trasformando il nostro pianeta in una camera a gas e non sappiamo come fermarci.

- L'insorgere del negazionismo. Nel 2005, Il negazionismo della scienza del clima sembrava essere in declino, da seppellire nella pattumiera della storia a causa dell'accumulo di conoscenza scientifica sul clima. Non sarebbe stato così. La campagna contro la scienza ha aumentato il ritmo, usando la gamma completa di tecniche di propaganda a disposizione. Nel 2008, abbiamo visto il cosiddetto scandalo del “climategate”, probabilmente la campagna di PR negativa di maggior successo mai montata. Nel 2011, il meme della “pausa” è stato diffuso dal Daily Mail ed è stato un altro attacco propagandistico di notevole  successo. Poi, i singolo scienziati del clima sono stati molestati, demonizzati, investigati e persino minacciati fisicamente, mentre l'opinione pubblica è stata l'obbiettivo di un bombardamento di informazioni contraddittorie atte a creare incertezza e dubbio. La campagna ha avuto successo, specialmente negli Stati Uniti. Durante la campagna presidenziale del 2012, abbiamo visto entrambi i candidati evitare il problema del cambiamento climatico come se fosse avvelenato. E, nel 2015, vediamo qualcosa di mai visto prima: nessuno dei candidati repubblicani alle presidenziali ammette che il cambiamento climatico sia causato dalle attività umane. E questo è un problema. Il negazionismo rimane un fardello pesante nel cercare di fare qualcosa di pratico per fermare il cambiamento climatico.

- Il picco che non c'è stato. Nel 1998, Colin Campbell e Jean Laherrere hanno riesaminato le idee di Marion King Hubbert che, negli anni 50, aveva introdotto il concetto di “picco” di produzione del petrolio greggio. I loro calcoli indicavano che il picco mondiale – che hanno denominato “picco del petrolio” - sarebbe avvenuto nel 2004-2005. E' stata una previsione ragionevolmente buona in termini di petrolio “convenzionale”, che sembra aver raggiunto il picco fra il 2005 e il 2008. Ma Campbell e Laherrere non avevano considerato il ruolo del petrolio “non convenzionale”, combustibili liquidi come il petrolio di scisto (o tight oil). Usando queste nuove fonti, la produzione di “tutti i liquidi” ha continuato ad aumentare e ciò ha reso il concetto di picco del petrolio popolare più o meno quanto lo era Saddam Hussein  nel decennio precedente. Il tentativo dell'industria petrolifera di produrre da risorse difficili ha portato a diverse conseguenze negative per l'ecosistema (ricordate Macondo nel 2010?), ma quello principale è che le emissioni di CO2 non sono declinate in conseguenza dell'esaurimento, come ci si sarebbe potuto aspettare.

- Lo svanire del verde. Negli anni 90, la sostenibilità era ancora un'idea di moda e i partiti Verdi avevano una rappresentanza considerevole in molti parlamenti europei. Col tempo, tuttavia, il peso politico del movimento ambientalista è stato eroso costantemente. Il destino dei partiti Verdi segue da vicino quello di tutte le idee sulla sostenibilità ambientale, che non sono più parte dell'arsenale degli slogan dei politici vincenti. Persino l'Unione Europea, un tempo bastione della ragione e della consapevolezza ambientale, ha perduto il proprio focus, in particolare con la folle speranza di importare gas naturale dagli Stati Uniti. La maggior parte delle persone sembra essere così impegnata con le proprie preoccupazioni economiche quotidiane da non avere tempo o inclinazione per preoccuparsi di un'entità astratta chiamata “Ambiente”, che sembra essere un lusso costoso che al momento non possiamo permetterci. Sembra che il concetto di “crescita” abbia spazzato via l'Ambiente ovunque, in quanto alla cosa cui teniamo di più.

- Il collasso finanziario. Le cause profonde della grande crisi finanziaria del 2008 non sono mai state comprese realmente e sono state ridotte alla contingenza di cattive pratiche in campo finanziario. Tuttavia, non si è trattato solo di una crisi finanziaria, ha portato la macchina economica mondiale reale quasi all'arresto totale. La crisi è stata superata stampando più soldi e l'economia ha ricominciato a funzionare, ma non si è mai ripresa completamente. E nessuno sa se un altro collasso finanziario sia dietro l'angolo e cosa si possa fare se arriverà. Il collasso finanziario ha mostrato la fragilità dell'intero sistema ed ha fissato l'attenzione della maggior parte delle persone sui fattori finanziari/monetari, portandole spesso a dimenticare che c'è anche il mondo reale, la fuori, e che “l'economia” non sono solo transazioni finanziarie, ma significa anche fornitura di risorse materiali perché la società sopravviva.

 - L'aumento dei conflitti. Il confronto militare e e il conflitto violento sono in aumento. Abbiamo visto carri armati manovrare nel cuore stesso dell'Europa ed una immensa fascia di terra in un confronto militare quasi continuo, dal Nord Africa al Medio Oriente, fino ad arrivare all'Afghanistan. Intere nazioni si stanno sbriciolando sotto i bombardamenti aerei massicci e del conflitto civile, producendo la fuga di centinaia di migliaia di profughi. E' come un fuoco che si è acceso tempo fa e ora sta crescendo, inghiottendo un paese dopo l'altro. E nessuno può dire dove si fermerà il fuoco, se si fermerà. La sola cosa che possiamo dire è che il conflitto distruttivo tende ad esplodere in quegli stati in cui l'economia è stata in gran parte sostenuta dai proventi dell'esportazione dei combustibili fossili e dove l'esaurimento ha portato alla perdita totale o parziale di questi proventi. E' stato il caso, per esempio, di Egitto, Yemen e Siria. La lotta può essere anche collegata al cambiamento climatico ed alla conseguente siccità, come nel caso della Siria. Non possiamo dire con certezza se tutto questo sia il precursore di cose in arrivo in altri luoghi, ma potrebbe tranquillamente essere così.

- Ed altro... Quanto sopra non è un elenco esauriente di tutte le cose che sono successe nel decennio passato. Si potrebbe aggiungere l'erosione della democrazia e della libertà personale in Occidente, il declino o persino il collasso di diverse economie nazionali, la deglobalizzazione in corso, l'aumento della competizione per risorse minerali rare e limitate e molto altro. Ma tutti questi eventi hanno un'origine comune. In tutti i casi, le persone e le istituzioni hanno reagito raddoppiando lo sforzo per trovare più risorse, a tutti i costi, sia dal punto di vista finanziario che ambientale. Ed hanno anche aumentato il loro sforzo per negare l'esistenza e il pericolo del cambiamento climatico. Poi, la maggior parte delle persone hanno cercato di risolvere le proprie difficoltà economiche immediate lavorando duramente ed ignorando le ragioni profonde dei loro guai. Ed eccoci qua: dopo un decennio di sforzo per ignorare e limitare i cambiamenti, siamo di fronte a cambiamenti inevitabili e drastici. E non sappiamo esattamente come adattarci a questi cambiamenti. E' un momento difficile quello che abbiamo di fronte.

D'altra parte, c'è stata almeno una tendenza positiva durante gli ultimi dieci anni.

- La rivoluzione rinnovabile. Le tecnologie solare ed eolica sono migliorate in modo eccezionale sia in termini di costi sia in termini di efficienza. Non ci sono stati miracoli tecnologici, soltanto miglioramenti costanti. Il risultato è che, in dieci anni, le rinnovabili come il fotovoltaico basato sul silicio e le centrali eoliche sono passate dall'essere dei giocattoli per ambientalisti a tecnologie serie che possono produrre energia a costi competitivi con quelli dei combustibili fossili. L'energia rinnovabile è la più grande speranza che abbiamo per un adattamento non distruttivo agli inevitabili cambiamenti che ci aspettano. Non sarà facile, ma è possibile; dobbiamo lavoraci sodo.



giovedì 26 febbraio 2015

Ricapitoliamo: la situazione del petrolio

DaThe Oil Crash”. Traduzione di MR



Di Antonio Turiel

Cari lettori,

i movimenti dei mercati delle materie prime nelle ultime settimane hanno provocato parecchi scossone agli analisti specializzati in queste questioni. Quando il prezzo del petrolio ha iniziato a collassare, intorno a luglio dello scorso anno, è emersa una serie di analisi precipitose (che sono state in seguito rapidamente smentite dai fatti). Prima non si è data importanza alle correzioni del prezzo, attribuendolo loro un carattere temporale, poi si è insistito sul fatto che l'OPEC avrebbe fermato l'emorragia dei prezzi nel giro di qualche settimana. Vedendo che questo non accadeva, è stata accusata l'OPEC di inondare il mercato per affossare (e qui si presenta una cerca diversità di obbiettivi, a seconda dell'analista in questione e a volte lo stesso analista a seconda della settimana) la Russia, l'Iran e persino le esportazioni da fracking degli Stati Uniti. Solo recentemente è stato riconosciuto che c'è davvero un problema di domanda debole (cosa che da questo blog abbiamo ripetuto molte volte, per esempio descrivendo la spirale perniciosa di distruzione della domanda – distruzione dell'offerta nella quale ci troviamo) e si comincia a mettere da parte le teorie della cospirazione sull'OPEC, anche se è difficile abbandonare l'illusione del controllo. Curiosamente, pochi analisti hanno unito i puntini, rilevando il fatto che il prezzo di molte materie prime è crollato (cadute del 50% ed oltre) anche prima del petrolio, il che fa prevedere una recessione globale profonda. Cosa che, ovviamente, non fa piacere vedere, men che meno in Spagna, dove questo è un anno intensamente elettorale.

Oggi, gli analisti più affidabili si fanno eco delle dichiarazioni del principe dell'Arabia Saudita  Al-waleed, secondo il quale il prezzo del petrolio non tornerà mai a 100 dollari al barile e questo fa diffondere la preoccupazione per le estrazioni da fracking degli Stati Uniti, che nonostante le tante affermazioni magniloquenti che sono state fatte riguardo alla sua redditività durante questi mesi, non sono redditizi nemmeno a quella soglia alla quale il principe saudita dice che non torneremo. Pertanto cominciano ad essere frequenti le analisi che ci dicono che il regno dell'oro nero sta raggiungendo la sua fine, che per responsabilità corporativa molte grandi istituzioni stanno dismettendo le loro posizioni finanziarie sull'industria dei combustibili fossili e che, insomma, il mondo si trova agli albori di una grande transizione energetica, che apparentemente si verificherà perché ci risulterebbe molto conveniente in questo momento.

La realtà che abbiamo di fronte è tuttavia molto più complessa di queste semplici estrapolazioni lineari, basate sul principio secondo cui l'economia è una cosa separata dalla realtà fisica del mondo. Nel mondo reale, il petrolio è la principale fonte di energia del mondo e non è facile sostituirlo con altre fonti di energia, rinnovabili o meno, che non esistono su una scala che somigli nemmeno vagamente a quello che servirebbe. Si può insistere (e si è fatto e si fa moltissimo, specialmente in questi giorni nei quali si anticipano grandi cambiamenti istituzionali nel mio paese e in altre nazioni) sul fatto che le energie rinnovabili potrebbero subentrare, con un adeguato piano di implementazione. Lasciando da parte la persistente ignoranza o disdegno della discussione sui limiti delle energie rinnovabili (li hanno e devono essere discussi), gli articoli che incoraggiano questo futuro rinnovabile sono soliti insistere sul presentare ripetutamente gli attuali costi economici accessibili per questo tipo di sistemi, senza enumerare le promesse tecnologiche che si dovranno realizzare in un prossimo futuro, di nuovo perché semplicemente si d il caso che abbiamo disperatamente bisogno di qualcosa con cui coprire l'ansia energetica del nostro sistema economico, costretto a crescere all'infinito in un pianeta finito. In questo modo, accettano acriticamente il postulato erroneo che enumeravo sopra: credere che l'economia sia un soggetto isolato e indipendente dalla realtà del mondo fisico. Quindi queste persone, la maggior parte intelligenti, critiche, in buona fede e impegnate a spingere il cambiamento di cui abbiamo tutti bisogno (anche se è discutibile che vadano nella giusta direzione), ignorano nel loro entusiasmo che la potente e ciclopica macchina industriale attuale è alimentata da combustibili fossili, dall'estrazione di metalli dalla miniera alla raffinazione e fusione, dalla preparazione del cemento ai forni dove si fonde il silicio delle celle fotovoltaiche. Questa necessità di mantenere il mondo ancorato al fossile (che ha fatto sì che alcuni autori dubitino del fatto che le energie rinnovabili ed anche il nucleare non siano altro che estensioni dei combustibili fossili) viene semplicemente tralasciata, come se dalla sera alla mattina questi complessi processi produttivi, affinati a forza di decenni, potessero essere portati a termine prescindendo completamente o in larga parte dai combustibili fossili. Ma in realtà, anche quando una tale transizione si potesse portare a termine richiederebbe vari decenni ed alcune misure economiche eccezionali che non sono facilmente assumibili dai partiti attualmente al potere nei dai loro possibili sostituti.

In realtà, il corso prevedibile dei fatti non somiglia in nulla a questa narrativa di un petrolio permanentemente a buon mercato e di una transizione energetica, condita di risparmio ed efficienza dove serve. In realtà ciò che sta succedendo è che si sta verificando un adattamento economico della follia finanziaria che ha avvolto la produzione di idrocarburi liquidi negli ultimi tre anni. Si stava producendo petrolio e liquidi assimilabili a un prezzo inferiore a quello di produzione solo per mantenere la fiction secondo la quale non stava succedendo nulla, come mostrava il grafico seguente del Dipartimento dell'Energia degli Stati Uniti (leggetevi il post relativo per la sua spiegazione):



E se le grandi società hanno sopportato questo salasso del propri conti economici è stato nella speranza (detto meglio, cieca fede) che il progresso tecnologico avrebbe finito per trasformare queste perdite in guadagni. Niente di ciò è successo, ma i prezzi ai quali veniva venduto il petrolio, già allora insufficienti per coprire le spese della nuova produzione non convenzionale, erano nonostante tutto troppo cari per i consumatori ed hanno finito per distruggere la domanda artificialmente gonfiata con misure di alleggerimento quantitativo e di ulteriore fuga in avanti. Tutte queste sciocchezze erano necessarie perché la produzione di petrolio greggio convenzionale sta già diminuendo ed è stato possibile contenere l'emorragia col fracking, i biocombustibili ed i petroli ultrapesanti. Tre tipi di idrocarburi liquidi troppo cari per poter essere redditizi, tre tipi di risorse che, se l'economia fosse realmente indipendente dalle sue necessità fisiche di consumare energia, non sarebbero mai state sfruttate. Per poterle sfruttare, tuttavia, si è dovuta pagare questa differenza, questo costo aggiuntivo, e si è dovuto pagare da quello che avevamo già. Per produrre questi idrocarburi sub prime le grandi imprese hanno dovuto consumare parte del proprio patrimonio, gli Stati hanno dovuto tagliare l'assistenza sociale e in generale le istituzioni pubbliche e private hanno trascurato la manutenzione delle proprie infrastrutture. Questa fuga in avanti insensata ora ci colloca in una situazione di debolezza economica de molte grandi imprese, di instabilità sociale nata dal malessere per i tagli e di prevedibile collasso di infrastrutture cruciali, esempio dell'Effetto Seneca coniato da Ugo Bardi. Insomma, ci siamo ficcati in una situazione peggiore e più prona a scatenare un processo di discesa caotica.

Gli eventi si succedono con rapidità e toneranno a confondere gli analisti di fama che menzionavamo all'inizio di questo post. Negli Stati Uniti, la bolla del fracking si sta sgonfiando rapidamente e questo provocherà una rapida discesa della produzione di petrolio in quel paese. A un ritmo un po' più lento, in molti altri paesi si stanno congelando o abbandonando molti progetti di estrazione di idrocarburi liquidi di diversi tipi, dalle piattaforme petrolifere in alto mare all'estrazione del greggio extrapesante. La rapida discesa degli introiti della vendita di petrolio sta creando non poca instabilità economica, politica e sociale in un elenco di produttori sempre più vasto: Iraq, Iran, Libia, Nigeria, Algeria, Venezuela, Messico, Argentina, Brasile, Russia... Nei prossimi mesi vedremo una ripresa dei prezzi del petrolio dovuta fondamentalmente alla rapida caduta del fracking statunitense e sarà quasi immediatamente seguita da una nuova caduta dei prezzi originata dalla recessione economica successiva alla crisi finanziaria che darà origine al fallimento di molte banche che hanno prestato soldi all'impazzata ai progetti di fracking e che, come nel 2008, hanno creato prodotti derivati fantasiosi che amplificano le perdite su scala globale. La possibile sincronizzazione di entrambi i processi (ripresa dei prezzi dovuta alla caduta della produzione, diminuzione dei prezzi dovuta alla recessione globale), che provocherebbe una quasi neutralizzazione del movimento del prezzo del petrolio, non è del tutto da escludere anche se sembra improbabile vedendo la velocità alla quale si sta fermando il fracking negli Stati Uniti (mentre le richieste finanziarie, che non cessano di essere processi amministrativi, richiedono il loro tempo).

La conseguenza più ovvia di tutto questo è che entriamo nella fase di alta volatilità dei prezzi caratteristica di qualsiasi materia prima che scarseggi e che sarà la il contrappunto dei prossimi anni: mesi di prezzi bassi seguiti da mesi di prezzi alti, che si alternano ad un ritmo sempre più rapido nella misura in cui il declino della produzione di petrolio sia più forte e ci addentriamo nella tetra spirale di distruzione della produzione – distruzione della domanda. Esattamente come spiegavamo 5 anni fa, quando è partito questo blog. Per questo, nei prossimi mesi e anni sarà un esercizio divertente ascoltare le ragioni e le scuse che addurranno i grandi esperti per spiegare la congiuntura di ogni momento, contraddicendo quello che dicevano il momento prima.

Ho creduto conveniente ricapitolare in questo post i fatti e le questioni già discusse varie volte in questo blog, prima di affrontare un tema la cui dimensione mi sembra cruciale in questo preciso momento, in questo anno che con tutta probabilità sarà conosciuto come l'anno in cui si è arrivati al picco di tutti gli idrocarburi liquidi (in volume: in energia netta sappiamo già che è avvenuto anni fa): come affrontare la questione delicata dell'assegnazione di risorse durante il declino energetico. Questo sarà il tema di un prossimo post.

Saluti.
AMT