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giovedì 13 marzo 2014

Un dramma petrolifero





Image da "Our Finite World"

Nota introduttiva di Ugo Bardi



Quando ho visto per la prima volta i dati sulla produzione petrolifera nello Yemen, sono rimasto veramente impressionato. Non avevo mai visto un picco petrolifero così ovvio ed evidente, e un paese che aveva percorso totalmente il ciclo: da zero al massimo e poi vicino allo zero di nuovo. Sono rimasto Talmente impressionato che ne ho voluto sapere di più. Ho trovato un notiziario yemenita in inglese, lo "Yemen Times" e mi sono abbonato con il mio feed. Ad oggi, ho seguito costantemente per parecchi mesi le notizie da un posto dove non sono mai andato  - e dove probabilmente non andrò mai - ma che trovo incredibilmente affascinante.

Quello che si legge sullo Yemen Times suona come una tragedia di Shakespeare: per farvene un idea, provate a leggere questo "Carrying out a death sentence," che però è solo un esempio di una serie infinita di disastri che avvengono nel paese, incluso circa 4000 persone uccise tutti gli anni, incluso un certo numero  bersagliati dai droni Americani che svolazzano sullo Yemen.

Certamente, non tutti i disastri che arrivano addosso agli Yemeniti sono da attribuirsi all'esaurimento del petrolio ma, di certo, con la produzione che oggi incrocia il consumo e con il governo che ha  circa il 70% dei suoi introiti dal petrolio, allo Yemen non rimane che l'esportazione della droga chiamata "Qat" per tenere in piedi in qualche modo la baracca. Ma le cose vanno sempre peggio considerando anche che la popolazione continua a crescere. Lo Yemen ha oggi circa 25 milioni di abitanti (e 50 milioni di armi da fuoco).

Quello che impressiona di più nel leggere lo "Yemen Times" è che il petrolio non viene nominato quasi mai, eccetto per dire che tutto va bene e che presto la produzione tornerà a salire. Sembra che sia una regola generale che le ragioni vere del collasso rimangono nascoste a chi lo subisce. Lo Yemen, di sicuro, non è un'eccezione.

Sebbene il problema dell'esaurimento petrolifero sia raramente menzionato sullo Yemen Times, occasionalmente lo è e recentemente è apparso un articolo che parla di petrolio, sia pure di sfuggita, e perlomeno dandoci un'analisi spietata della situazione. Qais Ghanem, l'autore, definisce il futuro dello Yemen come "desolante." Ma non è soltanto un problema con lo Yemen. Vivere in un paese post-picco è desolante ovuque.




Da “Yemen Times”. Traduzione di MR



Di Qais Ghanem

Perché un titolo così pessimista? Perché non parlare di speranza per incoraggiare le persone prossime alla disperazione? E' perché la situazione è spaventosa e uno scrittore ha il dovere di descrivere la situazione per come la vede. Ancora di più visto che serve un'azione urgente, se si vuole evitare un disastro di proporzioni giganti.


Sullo Yemen incombono disastri molteplici.

Uno che si sta avvicinando rapidamente è quello della scarsità d'acqua. Di già, la disponibilità di acqua pro capite in Yemen è la più bassa del mondo. Uno studio del 2005 di Al Asbahi ha stimato che il fabbisogno totale annuale di acqua dello Yemen è di 3,4 miliardi di metri cubi. Allo stesso tempo, le fonti rinnovabili nel tempo, come la pioggia, possono fornire fino a 2,5 miliardi di metri cubi. C'è, pertanto, un deficit di 0,9 miliardi di metri cubi che devono provenire dalle falde acquifere di profondità che si stanno esaurendo e potrebbero prosciugarsi per quando Obama terminerà il suo mandato e comincerà a scrivere la sua autobiografia! Sappiamo questo perché i pozzi devono essere scavati sempre più in profondità, molti fino a mezzo chilometro di profondità.

La cattiva gestione delle risorse idriche è scioccante. A causa della mancanza di manutenzione, lo spreco causato dalle perdite delle tubature possono arrivare al 60%. La contaminazione dell'acqua a causa di fognature che penetrano nel terreno è difficile da misurare, ma significativa. L'irrigazione dispendiosa per allagamento è la norma in Yemen, mentre l'irrigazione goccia a goccia sarebbe più efficiente del 50%.

Come previsto, l'agricoltura usa il 90% dell'acqua disponibile, ma metà di questa viene sperperata per coltivare qat, il famigerato stimolante leggero dello Yemen e dei paesi del Corno d'Africa, che ha un PIL pro capite di meno di 1.000 dollari (Dh3,673), il più basso del mondo.

I contadini yemeniti coltivano qat perché si vende e dà profitti di almeno 5 volte più alti delle altre colture. Nel luglio 2013, il sito del Ministero degli Affari Esteri ha pubblicato un articolo intitolato “Come lo Yemen ha masticato sé stesso fino a prosciugarsi”.

Lo Yemen ha delle alluvioni occasionali causate da forti piogge, è accaduto nel 2010. Ma non ha dighe o competenze per salvare una tale enorme quantità d'acqua – per quando non piove!

A differenza di alcuni paesi della regione del Golfo, lo Yemen non può né permettersi il costo della desalinizzazione né quello di pompare l'acqua dal livello del Mar Rosso verso le montagne della capitale.

L'attuale popolazione di Sana’a di 2 milioni di abitanti è prevista raggiungere i 4 milioni in un decennio.

Le conseguenze sono prevedibilmente gravi. Per prima cosa, la produzione di cibo ne soffrirà e i prezzi del cibo andranno alle stelle. Quando le terre coltivabili finiscono l'acqua, anche gli animali muoiono di fame e i turisti non vengono più. Quando la povertà raggiunge livelli critici, si comincia a combattere fra vicini per le risorse idriche. In un paese che ha 25 milioni di persone e 50 milioni di pistole, la guerra civile è solo in attesa di scoppiare. Persino oggi, circa 4.000 persone vengono uccise ogni anno in dispute che riguardano la terra – molte di più delle vittime del terrorismo e dei droni.

Non è solo l'acqua che si sta costantemente esaurendo, anche il petrolio. L'aiuto estero è molto imprevedibile e arriva a certe condizioni, come avere carta bianca per assassinare yemeniti coi droni di Obama.

Le prospettive sono persino peggiori se teniamo conto del tasso di natalità dello Yemen, uno dei più alti del mondo. La scorsa settimana, ho assistito ad una conferenza di un giorno sullo Yemen alla London School of Oriental and African Studies, dove ho imparato che ci sarà un enorme aumento della popolazione adolescente nei prossimi 15 anni.

Normalmente, questa sarebbe uno sviluppo incoraggiante. Non in questo caso, in quanto questi giovani saranno disoccupati ma saranno molto capaci nei social media e quindi ben connessi e presumibilmente ben informati – i requisiti giusti per disordini e rivoluzioni.

Quindi, se queste spaventose previsioni sono corrette, cosa dovrebbero fare gli yemeniti?

Vorrei rispettosamente suggerire ad amici e parenti che prima di tutto si rendano conto che le soluzioni devono porvenire da loro stessi. La comunità internazionale intraprenderà solo azioni deboli, temporanee e condizionate.

Secondo, gli yemeniti devono trovare un modo di proibire il qat. Ecco, l'ho detto! Ci saranno molti che potrebbero dire che ho perso la testa. Non sarà facile. Richiederà una campagna educativa intensiva ed estensiva pan-yemenita, come quella messa in piedi contro il fumo, e dovrà essere una campagna graduale – sull'arco di 5 anni.

Gli yemeniti dovrebbero guardare numerosi spot quotidiani su come aiutare sé stessi, al posto di sprecare tempo a guardare il via vai studiato del presidente.

Fortunatamente, il qat non è una droga che da dipendenza, perché non causa i calssici sintomi di astinenza. Molti yemeniti che si sono trasferiti in altri paesi del GCC (Gulf Cooperation Council) hanno abbandonato il qat ed ora prosperano. L'acqua così risparmiata potrebbe essere usata per il consumo umano, così come per il turismo e per la coltivazioni di verdure e frutta. Gli animali da cortile potrebbero così prosperare.

Se gli yemeniti non sono disposti a far questo, be', allora che la smettano di lamentarsi di sete, diarrea, malattie epatiche, povertà, assenza di uno stato moderno e corruzione. Che la smettano anche di cercare sussidi. E' ironico che il Regni di  Sheba abbia instaurato la sua prosperità con la costruzione della diga di Mareb, 3.000 anni fa.

Il dottor Qais Ghanem è un neurologo in pensione, ospite di shoe radiofonici, poeta e scrittore. I suoi racconti sono “L'ultimo volo da Sana'a” e “Due ragazzi dell'Aden College”. Il suo ultimo lavoro non di fantasia è “La mia primavera araba, il mio Canada”  (Amazon.com) ed il suo libro di poesie bilingue inglese/arabo “Da destra a sinistra”. Seguitelo su Twitter www.twitter.com/@QaisGhanem