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sabato 9 luglio 2011

IL picco dell'Università

Note for English speaking readers: the English version of this post is at "Cassandra's legacy"

Studenti della scuola di dottorato IISCABC sulla chimica dell'ambiente e dei beni culturali, tenuta a Feltre (Italy) il 5-8 Luglio 2011

Traduzione dall'Inglese di Massimiliano Rupalti



A volte mi chiedono “lei è un insegnante?” La mia risposta normalmente è, “Beh, diciamo che a volte entro in una classe dove ci sono dei giovani seduti, dico delle cose, loro mi guardano e, a volte, buttano giù qualcosa sui loro blocchi di appunti. Se questo dà la qualifica di insegnante è oggetto di discussione.”

Negli anni i miei dubbi su cosa sto facendo come insegnante (così per dire) sono andati crescendo. Questa impressione è stata rafforzata dalla mia esperienza con due corsi estivi tenuti quest'anno. In entrambi i casi la classe era organizzata come vedete nella foto sopra. Studenti che siedono dietro a degli schermi di computer. Come docente, non posso sapere cosa stiano facendo, posso soltanto vedere che che stanno digitando qualcosa e muovendo i loro mouse. So anche che sono connessi ad internet. Che stiano chattando coi loro amici? Rispondendo ad e-mails? Cercando le ultime notizie? Chi lo sa? Ma questo tipo di sistemazione è diventato sempre più comune nelle classi.

Per certi aspetti, vederli per metà nascosti a fare cose insondabili potrebbe ben essere un miglioramento in confronto al vecchio stile. Di solito se ne stavano seduti in classe mentre ti guardavano con occhi vitrei, scarabocchiando qualcosa sui loro blocchi di appunti (cosa stanno scrivendo? Prosa? Poesia? Formule magiche? Invocazioni a divinità oscure?). Avendo un computer ed una connessione potranno al limite collegarsi a Facebook per evadere dalla noia della media delle lezioni universitarie. (e pensate che insegno chimica, cosa noiosa quasi per definizione.)

Naturalmente potremmo proibire agli studenti di navigare su internet durante le lezioni. Questo comunque, non ci libererebbe dal semplice fatto che, con pochi semplici click su wikipedia, google o cose simili, gli studenti possono accedere ad un'abbondanza di informazioni che sono più complete, aggiornate, meglio organizzate, presentate razionalmente (e chi più ne ha più ne metta) di qualsiasi cosa possa essere insegnata da una singola persona in piedi di fronte a loro.

Questo è vero, perlomeno, quando l'idea è quella di insegnare le basi di ambiti molto estesi. Le cose cambiano quando si entra in soggetti specializzati, dove un ricercatore specializzato potrebbe conoscere più di qualsiasi cosa si possa trovare su wikipedia. Ma c'è un limite all'utilità di insegnare materie specifiche a studenti medi. Quindi non c'è alcuna meraviglia nel fatto che gli studenti trovino il tempo speso nelle lezioni un oceano di noia. Sono sicuro che è così. Ricordo perfettamente fosse noioso per me quand'ero uno studente e non credo che le cose siano cambiate oggi. Se non ne siete convinti, andate a dare un'occhiata a siti come "ratemyprofessor". Se siete degli insegnanti (o, perlomeno, emettette suoni in una stanza chiamata “aula”) e ci potete trovare il vostro nome, probabilmente la vostra autostima accuserà un brutto colpo. (Io sono fortunato che i miei studenti non possano scrivere in inglese!)

Quindi, penso che un certo modo di trasmettere la conoscenza sia ormai tramontata. L'Università come depositaria del sapere potrebbe facilmente aver superato il proprio picco e seguire rapidamente la china che ha seguito il regolo calcolatore e la macchina da scrivere meccanica. Cioè scomparire, superate da strumenti più veloci, migliori e più versatili. Abbiamo bisogno di pensare nuove e più dinamiche modalità di trasmettere la conoscenza, abbiamo bisogno di fermare questo grottesco rituale in cui diciamo cose a dei giovani che ti guardano, senza avere modo di sapere se stiano veramente decodificando i suoni che stiamo emettendo. Dovremmo piuttosto focalizzarci sul contatto diretto e umano con l'insegnante. La relazione con un mentore è stata fondamentale nella storia ed è probabile che rimanga la strada maestra per conseguire la conoscenza. Ma questo accade al di fuori delle aule; è sempre stato così e lo sarà sempre.

Sfortunatamente, l'organizzazione dell'insegnamento nella maggior parte delle università sembra essere fra le grinfie di una burocrazia asfissiante che costringe i ricercatori a conformarsi a ruoli specifici. Per come vedo le cose intorno a me, le Università sembrano muoversi verso quel' “insegnamento su copione” che sta diventando sempre più comunoe alle elementari ed alle superiori. Un tipo di insegnamento in cui agli insegnanti viene detto esattamente, a volte parola per parola, cosa insegnare. Potrebbe essere un modo efficacie per insegnare i concetti fondamentali, ma è la perfetta antitesi della costruzione di quel rapporto mentore-allievo che è la base di ogni rale apprendimento. Inoltre, se non sono costretto da un copione, posso ancora raccontare ai miei studenti del picco del petrolio o di altri argomenti che li possano tenere svegli e lontani dalle chat on-line.

Se vogliamo seguire un approccio opposto, forse, alcuni vecchi modelli potrebbero essere ringiovaniti e scoprire di essere più adatti per lo sfruttamento della “nuvola” verso cui la maggior parte dell'informazione si sta muovendo. “L'insegnamento a lunga distanza” era considerato un'Università di seconda classe, ma ha la buona caratteristica di non richiedere il tipo di lezione noiosa e ritualizzata richiesta nell'Università convenzionale. Un istituto per l' insegnamento a lunga distanza come lUNED in Spagna potrebbe essere un caso interessante da esaminare. Hanno fatto un buon lavoro in aree come il picco del petrolio. In questo tipo di Università, gli studenti non siedono in aule, almeno per la maggior parte del tempo. Essi studiano a casa e passano un paio di settimane di interazione intenza con i loro insegnanti nela sede della scuola. Forse potrebbe essere un modo per cominciare, sebbene al momento queste scuole sono ancora prese in considerazione per il potenziale che hanno.

E che dire della ricerca? Ho parlato di “Picco dell'Università” in relazione all'insegnamento, ma questa non è la sola attività nelle università, naturalmente facciamo anche ricerca. Su questo lasciatemi dire solo che credo che abbiamo raggiunto il picco nella ricerca in modo analogo. La ricerca è diventata un gioco elaborato che giochiamo coi burocrati e che ha più che altro a che fare con l'acquisire denaro che poi deve essere usato per seguire regole arcane che coinvolgono tabelle, pietre miliari ed obbiettivi. L'intera macchina, per lo più porta a massicci reporta che nessuno legge. Tutto ciò mi ricorda la poesia sovvenzionata dallo stato ai tempi dell'Unione Sovietica.

Quindi, se siete arrivati fin qui, credo di dovermi scusare per questa mia tirata. E' scritta di getto, appena rientrato da quella scuola a Feltre che ho menzionato all'inizio. Il tutto non è da ritenersi una disussione completa della materia e lasciatemi dire, in aggiunta, che non significa affatto che voglia denigrare i competenti e dedicati organizzatori di questa scuola, né gli studenti brillanti,  premurosi e partecipativi che l'hanno frequentata. Forse possiamo discutere più a fondo di queste materie nei commenti.