venerdì 10 dicembre 2010

Arrivano i nostri: i militari americani per il clima terrestre

 
Da Cancun, arriva questo interessante rapporto di Antonio Ciancullo. Mentre i civili tergiversano, chiaccherano, si mettono reciprocamente i bastoni fra le ruote, i militari americani sembrano aver capito come stanno le cose sul clima terrestre e si stanno preparando ad agire. Arrivano i nostri?

 
Quando c'è un'emergenza, è noto che soltanto i militari possono prendere in mano delle situazioni che le strutture civili non sono in grado di gestire. E se non è un'emergenza quella sul clima terrestre, che cosa lo è?

C'è ovviamente da vedere quanto di concreto verrà fuori dalle dichiarazioni dei militari americani a Cancun, ma io personalmente le vedo come molto promettenti. Da quello che ne posso dire io, i militari non sono il massimo in termini di creatività ma quando c'è un problema grave da risolvere, ci si mettono sopra con grande impegno - alle volte con una mano un po' "pesante", ma con efficacia.
 
Del resto, era quello che succedeva nei film con John Wayne, arrivano i nostri!

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CONFERENZA ONU SUL CLIMA

L'esercito americano
dichiara guerra alle emissioni

Alla Conferenza sul clima i militari degli Stati Uniti scelgono un linguaggio diretto per proteggere gli interessi nazionali. E annunciano che la missione sarà combattere i cambiamenti climatici per garantire la sicurezza e il benessere dei cittadini dal nostro inviato ANTONIO CIANCIULLO

 
CANCUN - Il nemico è il cambiamento climatico. Parola dell'esercito americano. Mentre la trattativa procede per piccoli e progressivi aggiustamenti (le aperture della Cina agli impegni vincolanti, i passi avanti dell'India, la lotta del Brasile contro la deforestazione) e la diplomazia procede per allusioni, i militari del Stati Uniti hanno scelto un linguaggio più diretto e aperto per proteggere gli interessi nazionali.

In un incontro con la stampa, svolto in parte attraverso un video collegamento con Washington, lo stato maggiore dell'esercito e della marina hanno annunciato una "guerra" contro le emissioni serra come misura necessaria a garantire la sicurezza e il benessere dei cittadini americani. L'ammiraglio David Titley è stato molto chiaro: "Non c'è da discutere di modelli e previsioni. Per misurare l'impatto del cambiamento climatico basta osservare quello è successo nella zona artica negli ultimi 30 anni, e in particolare nell'ultimo decennio. Prima c'era una superficie ghiacciata che aveva piccole oscillazioni a seconda delle stagioni. Adesso c'è un pack che cambia radicalmente dimensioni durante l'estate. Lo stretto di Bering acquisterà l'importanza strategica dello stretto di Malacca".

L'ammiraglio non si preoccupa solo delle mappe che andranno ridisegnate per dar conto di rischi e di opportunità di navigazione e di controllo dei mari. In palio, nella grande partita per il controllo del caos climatico, c'è un altro tema fondamentale: il cibo: "Il mutamento dei monsoni e il moltiplicarsi di fenomeni come uragani, siccità e alluvioni rappresentano una minaccia concreta alla sicurezza degli Stati Uniti. Non basta. Nel mondo un miliardo di persone prende dal mare le proteine di cui ha bisogno. E l'acidificazione degli oceani rappresenta un fenomeno preoccupante: il mare assorbe il 40 per cento dell'anidride carbonica emessa e il suo PH cambia. Il rischio è che l'acidità arrivi a un livello tale da renderlo invivibile per molte specie".

Un giudizio condiviso da Amanda Dory, deputy assistant per la strategia del Segretariato alla Difesa e da Jeff Marqusee, direttore dello Strategic Environmental Research Programme. Gli Stati Uniti hanno, nel mondo, 507 strutture di difesa e 300 mila edifici: una buona parte è a rischio nella prospettiva, giudicata attendibile, di un aumento del livello dei mari di un metro entro la fine del secolo. 
 
(09 dicembre 2010)