sabato 31 dicembre 2016

Cosa ci possiamo aspettare dal 2017? La nuova politica energetica di Trump promette di essere un disastro per tutti

Da “Cassandra's Legacy”. Traduzione di MR



Michael Klare ha pubblicato un lungo commento su “Tomgram” riguardo a quello che sembrano essere le attuali scelte politiche di Donald Trump sull'energia e correttamente osserva quanto siano contraddittorie. Fondamentalmente,

La spinta principale del suo approccio non poteva essere più chiara: abolire tutte le regole e le direttive presidenziali che si frappongono ad un'estrazione fossili senza limiti, compresi gli impegni presi dal presidente Obama nel dicembre 2015 sull'Accordo sul Clima di Parigi. 

In altre parole, Trump sembra essere bloccato in una visione di solo mercato del problema, pensando che le realtà fisiche non abbiano alcun ruolo nell'estrazione delle risorse fossili. In questo non è certo solo, ma il problema è che la deregolamentazione non è così importante quanto sembri pensare Trump. Non è stato perché il mercato aveva troppe regole che i prezzi del petrolio sono schizzati a 150 dollari al barile nel 2008 e si sono mantenuti intorno ai 100 dollari al barile dal 2011 alla fine del 2014. E non è stato perché la produzione di petrolio è stata improvvisamente deregolamentata che i prezzi sono collassati al di sotto dei 40 dollari al barile nel 2015. Il mercato petrolifero, come tutti i mercati, soffre le instabilità che, a volte, potrebbero essere curate dalle regole. Eliminare tutte le regole potrebbe invece causare ulteriori altalene dei prezzi ed oscillazioni forti, piuttosto che un aumento di produzione.

Se le società petrolifere sono nei guai, in questo momento, è perché i prezzi del petrolio sono troppo bassi, non perché l'estrazione del petrolio è troppo regolamentata e le politiche di Trump – se dovessero funzionare – potrebbero danneggiare l'industria dei combustibili fossili ancora di più. Questo, in sé stessa, non è una brutta cosa – specialmente in termini di effetti sul clima. Il problema è che le idee di Trump di rivitalizzare l'industria dei combustibili fossili potrebbe non essere limitata alla deregolamentazione, ma potrebbe comportare uno scoraggiamento attivo dell'energia rinnovabile, una politica che, per esempio, il governo italiano ha applicato con successo negli ultimi anni.

Quindi perché Trump vuol fare una cosa del genere? Possiamo solo immaginare cosa passi per la testa di un anziano ricco di 70 anni che non è famoso per essere particolarmente esperto in qualcosa. Klare ipotizza una possibile spiegazione in questi termini:

In un certo senso, non c'è dubbio, si tratta, perlomeno in parte, della nostalgia persistente del presidente eletto per l'America che cresceva in fretta (e in gran parte priva di regole) degli anni 50. Quando Trump stava crescendo, gli Stati Uniti erano un motore di espansione straordinario e la sua produzione di beni fondamentali, compresi petrolio, carbone e acciaio, si gonfiavano quotidianamente. Le più grandi industrie del paese sono state fortemente sindacalizzate; i sobborghi stavano esplodendo; gli edifici per appartamenti crescevano in tutto il quartire di Queens, a New York City, dove ha iniziato Trump; le auto uscivano dalle linee di montaggio in quello che era tutto fuorché la “Rust Belt” (la cintura degli stati industrializzati ora in declino, ndt) e le raffinerie e le centrali a carbone producevano l'enorme quantità di energia necessaria perché tutto questo accadesse.  
E non dimenticate un altro fattore: la vendicatività di Trump – in questo caso, non solo verso i suoi oppositori democratici nella recente campagna elettorale, ma verso coloro che hanno votato contro di lui. Il Donald è ben consapevole che la maggior parte degli americani che si preoccupano del cambiamento climatico e che sono a favore di una rapida trasformazione ad un'America ad energia verde non ha votato per lui.  
Data il suo noto debole di attaccare chiunque frustri le sue ambizioni o parli negativamente di lui e il suo impulso a punire i verdi tramite, fra le altre cose, la cancellazione di ogni misura adottata dal presidente Obama per accelerare l'utilizzo dell'energia rinnovabile, aspettatevi che faccia a pezzi l'EPA e che faccia del suo meglio per fare a brandelli ogni ostacolo allo sfruttamento dei combustibili fossili. Se questo significa precipitare l'incenerimento del pianeta, così sia. A Trump o non importa (visto che ha 70 anni e non vivrà per vederlo accadere), o non crede davvero nella scienza, o non pensa che questo porterà danno agli interessi degli affari della sua azienda nei prossimi decenni. 

Questa interpretazione di Michael Klare potrebbe essere corretta o non corretta, ma sottolinea un problema fondamentale: le elezioni danno il potere alle persone sulla base delle loro promesse, ma nessuno sa veramente come si comporteranno una volta che hanno il potere nelle loro mani. La storia del mondo è piena di capi che avevano problemi mentali di ogni genere o avevano anche solo una visione del mondo che era completamente al di fuori della realtà. Il risultato di solito sono stati disastri assoluti in quanto i capi, nella maggior parte dei casi, si rifiutano di apprendere dai loro errori. E non solo questo, essi tendono a raddoppiare, peggiorando le cose.

Riguardo a Donald Trump, come ho discusso in un post precedente, nessuno può sapere cosa succede nella sua testa. Tutto quello che posso dire è che l'America potrebbe avere un bisogno disperato della benedizione di Dio nel prossimo futuro.

mercoledì 28 dicembre 2016

Grillo e l'Energia: di chi sono le "Balle Nucleari"?


Luca Longo critica un post apparso sul blog del Movimento 5 Stelle accusandolo Beppe Grillo di raccontare "Balle Nucleari". Ma se esaminiamo bene la faccenda, vediamo che le balle non sono quelle di Grillo!


Luca Longo si era già provato a criticare sul "Linkiesta" le proposte del Movimento 5 Stelle sull'energia in un post che avevo definito "patetico" in quanto vago e privo di argomenti. Adesso, Longo si lancia di nuovo all'attacco con un post dal titolo "Balle Nucleari", riferite a un post del "blog delle stelle", dove si discute la possibilità di eliminare le importazioni di energia elettrica di origine nucleare.

Stavolta, Longo ha provato a mettere insieme un po' di numeri. Ma non ha fatto di meglio, anzi, semmai di peggio. Tutta la sua critica si basa sul fatto che l'M5S proporrebbe di chiudere "di botto" le importazioni di energia e che questo vorrebbe dire che dovremmo trovare il modo di sostituire "il 14,6% dell’elettricità che ci serve," il che sarebbe, evidentemente, impossibile.

Ma è tutto sbagliato: secondo il GSE, le importazioni di energia nucleare nel 2015 in italia sono state del 5,1%, non del 14.6%! Longo ha confuso le importazioni di energia nucleare con le importazioni di energia in generale, che invece sono in gran parte energia idroelettrica dalla Svizzera. Un erroretto di quasi un fattore 3, cosa volete che sia fra amici?

Ancora peggio è sostenere, come fa Longo, che il M5S vuole chiudere "di botto" le importazioni di energia. E' vero che il sottotitolo del post è piuttosto infelice in quanto parla dell' "arco della legislatura di governo." Ma il contenuto del post, invece, non dice assolutamente di fermare le inportazioni né di botto e nemmeno durante una singola legislatura (e notate che nel post su linkiesta NON hanno linkato il post sul blog del M5S, altrimenti sarebbe stato troppo facile per i lettori notare l'incongruenza).

Il post sul blog delle stelle è scritto da Gianni Silvestrini, direttore scientifico di Qualenergia, che è una persona seria e competente. Sostiene che le importazioni di energia nucleare potrebbero essere gradualmente ridotte fino a eliminarle entro il 2025. E' un obbiettivo certamente possibile se si considera che parliamo del 5% e se pensiamo di cominciare a lavorarci sopra da adesso, promuovendo l'energia rinnovabile. Silvestrini fa anche notare alcuni punti importanti, per esempio il fatto che le centrali nucleari francesi sono vecchie e che dovranno essere presto smantellate, e non sembra che il governo francese abbia le risorse o l'interesse per costruirne di nuove. Per cui, che a uno piaccia il nucleare o no, il problema di svincolarsi dai reattori nucleari francesi si pone; o perlomeno dovrebbe porsi per un governo che abbia seriamente a cuore l'interesse del paese.

Ora, fatemi dire che non sono qui per fare propaganda per il M5S. Tuttavia, devo anche dire che Beppe Grillo e il movimento 5 stelle continuano a essere l'unica forza politica di una certa rilevanza in Italia a considerare come importante il problema energetico e a sostenere la necessità di passare alle rinnovabili. Lo fanno non senza qualche ingenuità e alcune imprecisioni; e dovrebbero anche imparare che non si fanno piani energetici con la politica del no. Ma perlomeno certe cose le dicono e ci si impegnano anche. Invece, il governo Renzi si è impegnato soltanto per affossare le rinnovabili in favore dei fossili.

Queste cose sono importanti perché quando si parla di energia si parla di una risorsa vitale per il paese. Quindi, bisognerebbe fare il possibile per non parlare a caso e, quando uno cita dei numeri, come fa Luca Longo, almeno citi i numeri giusti. Altrimenti, si raccontano davvero delle balle nucleari. 







venerdì 23 dicembre 2016

Un Natale Abbastanza Buono a Tutti



Il 2016 non è stato un anno molto buono per molte ragioni, una delle quali è stata che Leonard Cohen ci ha lasciato. Così, ho pensato che un buon modo per celebrare questo natale poteva essere di pubblicare una vecchia versione di "Silent Night" che Leonard Cohen ha cantato nel 1979, insieme a Jennifer Warnes.

Quello di quest'anno non sarà un grandissimo natale, ma può essere comunque un Natale abbastanza buono. Buon (abbastanza) Natale a tutti.



giovedì 22 dicembre 2016

Referendum, olio, clima e vita artificiosa


La Calabria è la seconda regione olivicola italiana

di Silvano Molfese


Dopo la bocciatura popolare della riforma costituzionale mi sembra che la discussione pubblica si stia concentrando su durata del governo e simili. Ma quali dovrebbero essere le priorità dell’esecutivo e dell’intera società?

Prima vi dico come è andata la produzione olivicola in Calabria: così scarsa che, mio malgrado, ho dovuto comprare l’olio da un’altra regione. L’andamento climatico avverso è stato la principale causa di un raccolto decisamente ridotto. Stiamo bruciando combustibili fossili in gran quantità e l’ eccesso di gas serra, sta determinando il caos climatico.

Questo sistema economico, che mira alla crescita produttiva infinita, è stato caratterizzato da elevati consumi di energia a basso costo energetico (carbone, petrolio e gas); anche gli altri minerali erano sufficientemente concentrati e quindi energeticamente poco costosi. Da alcuni anni queste condizioni favorevoli sono venute meno. Gli altri cardini del sistema sono: l’industrializzazione, la privatizzazione dei mezzi di produzione, la tecnologia, il consumismo, la pubblicità e l’aumento della popolazione. (A)

I limiti del pianeta Terra ovviamente pongono un barriera insuperabile alla crescita infinita sicché cade l’architrave del sistema economico adottato; ma ben più preoccupante deve essere considerato l’inquinamento, primo fra tutti il crescente accumulo di gas serra: è sempre più a rischio la nostra sicurezza alimentare.

Dopo il precedente referendum sulle trivelle del 17 aprile negli interventi di Jacopo Simonetta  (Abbiamo perso; è una novità? ) e di Ugo Bardi ( La grande sconfitta del referendum: lettera aperta agli ambientalisti ) ci si chiedeva se e come era possibile cercare una via d’uscita dal disastro ecosistemico ed economico con ciò che rimane del movimento ambientalista.

Penso che un movimento d’opinione sia diverso da partito: la strategia politica può averla un gruppo ben organizzato, un partito per l’appunto. Ma forse ci sono contrasti per la leadership tra gli ambientalisti più attivi. (B)

Inoltre non sono stati individuati ed accettati due, tre obiettivi concreti che siano condivisibili e che possano attrarre una larga parte della popolazione. Premesso che in Italia è necessario ridurre la disoccupazione, il buon senso mi suggerisce che dovremmo concentrarci sulle energie rinnovabili, fermare il consumo di suolo, aumentare l’autosufficienza alimentare e puntare sul trasporto pubblico. 

Per conciliare lavoro e ambiente Erik Assadourian (1) ha fatto delle concrete quanto scomode proposte: in questa società “..più una persona è ricca e più consuma. Da ultimo, in un pianeta con 7 miliardi di abitanti, un reddito ecologicamente sostenibile è nell'ordine di 5.000 dollari pro capite l'anno (in termini di parità di potere d'acquisto), di gran lunga al di sotto dell'attuale valutazione del livello di povertà occidentale. Superata questa soglia, gli individui acquistano case più grandi, più elettrodomestici, hanno l'aria condizionata, più gadget elettronici e addirittura viaggiano in aereo.

Ma come fa la società a far convergere in modo volontario i redditi globali verso standard più bassi? Trasferire il carico fiscale sarà fondamentale, cosi come la redistribuzione degli orari di lavoro. Ridurre la durata della settimana lavorativa media contribuirà a creare lavoro e reddito per altri, oltre ad abbassare il reddito di chi lavora troppo.”

 “Uno dei modi più diretti per rivedere il sistema di tassazione è semplicemente quello di regolare gli oneri della tassa sul reddito.” Negli USA  “…  Durante la Seconda guerra mondiale, le aliquote marginali dell'imposta sul reddito per chi guadagnava oltre 200.000 dollari all'anno raggiunsero il 94%.”

Il guaio è che c’è un consenso consumista, che in diversa misura addormenta la coscienza di una moltitudine di persone ed ovviamente anche di chi si definisce ambientalista.

Oggi siamo mentalmente molto distanti dagli ambienti naturali

Purtroppo nei paesi sovrasviluppati tempi e modi del vivere quotidiano sono scanditi da una artificiosità impressionante che ci ha allontanato dalla realtà della biosfera e dai suoi ritmi: il camminare quotidianamente in mezzo ai campi o in un bosco sotto le stelle ci farebbe percepire in maniera tangibile la sensazione del limite.

Forse anche per queste ragioni molti, tra gli alti tecnocrati di banche e finanza, sono convinti che “l'attuale crisi è soltanto un'oscillazione momentanea, che l'economia è sempre cresciuta e quindi per forza tutto riprenderà a crescere.” Non si vuol prendere atto che questo sistema economico è in declino. ()

Il bello è che economisti e banchieri sono stati incapaci di intravedere la crisi finanziaria di portata mondiale, iniziata nel 2007, tant’è che la regina Elisabetta II chiedeva “come fosse stato possibile che nessuno avesse previsto il crollo sopra menzionato” (Arnaldo Orlandini): pur di mantenere i propri privilegi, i gruppi dominanti puntano a distogliere l’attenzione delle persone dal cambiamento  climatico, sicurezza alimentare e questione energetica.

Ben diversa fu invece la capacità predittiva di chi utilizzò la dinamica dei sistemi: Viktor Gelovani, adattò all'Unione Sovietica il modello del mondo usato per “I Limiti dello Sviluppo” e  scoprì che l'Unione Sovietica stava per collassare. Sicché “è andato dalla dirigenza del paese e ha detto: 'la mia previsione mostra che non avete alcuna possibilità. Dovete cambiare le vostre politiche'. E i dirigenti hanno detto: 'no, abbiamo un'altra possibilità: tu puoi cambiare la tua previsione'”. (I Limiti della Crescita nell'Unione Sovietica e in Russia: storia di un fallimento)

Quale il criterio guida da seguire? Luigi Sertorio, dopo aver definito la biosfera ed averne spiegato il funzionamento, propone un’antropologia cosmocentrica. (2) Si potrebbe obbiettare che sono tutte conoscenze recenti e solo una ristretta minoranza è consapevole che, per analizzare una realtà così complessa, uno strumento adeguato è la dinamica dei sistemi. Ma quanti hanno letto “I limiti dello sviluppo” in Italia? Un milione? Ammesso che siano così numerosi, costituirebbero meno del 2% della popolazione italiana. (C)

Questo sistema economico nel giro di due secoli ha fagocitato le numerose forme di civiltà umane esistenti. Credo che oggi si debba parlare di “civiltà umana imperante” la quale dispone di protesi di potenza ed abilità sempre più potenti e l’etica?  E’ rimasta quella di due secoli fa. Sertorio sostiene che la disgiunzione tra economia, etica e scienza ha contribuito alla situazione attuale. (3)

E’ evidente che ho toccato temi complessi e decisamente scottanti: gran parte della nostra classe dirigente fugge da tali problemi per paura di dover mettere in discussione il sistema economico adottato. Intanto il riscaldamento globale avanza e le alternative possibili diminuiscono sicché i rischi per la sicurezza alimentare si fanno sempre più tangibili anche in Italia.

Note al testo

(A) Il sistema industriale, oltre a produrre beni uniformi, in gran quantità, poco tempo, meno manodopera, comporta, tra l’altro, una sempre più forte concentrazione, anche di potere, di pochi su una moltitudine di singoli individui. Fino a cinque secoli addietro in Europa, bene o male, convivevano tre sistemi proprietari: quello del sovrano, dei signori, e gli usi civici per il resto della popolazione (Ugo Mattei “Beni comuni”). Adesso si punta a privatizzare “di tutto di più”, per riprendere uno slogan della RAI.

(B) Ritengo che in Italia un diffuso ambientalismo, anche se in fase embrionale, sia iniziato dopo la tragedia di Seveso rimanendo circoscritto nella coscienza dei più fino a quando non salta la centrale di Chernobyl. Da li si sarebbe dovuto prendere atto che “non nel mio giardino” era diventato impossibile: gran parte dell’opinione pubblica italiana si accorse che il mondo era diventato piccolo. Si cominciò a parlare in maniera seria delle questioni ambientali e ci si rese conto di quanto fossero complessi e connessi tra loro i problemi che la società industriale crea alla biosfera e quindi anche agli uomini di allora, e oggi più di prima. Dopo Chernobyl, in Italia ci son voluti più di 40 mesi per organizzare un qualificato incontro di valenza internazionale sulle questioni ambientali: mi riferisco al convegno che fu preparato presso l’Università di Siena da Legambiente a fine ottobre del 1989 “Ecosviluppo dai nuovi limiti alle politiche ambientali” ed a cui partecipai.

(C)  Per colmare questo vuoto, volendo, la RAI potrebbe presentare giornalmente, nelle ore di maggiore ascolto, dibattiti e programmi di approfondimento come Scala Mercalli che, però, è stato cancellato per ciò che diceva.


Bibliografia

(1)  Assadourian E.  2012 - Il cammino dei paesi sovrasviluppati verso la decrescita. State of the World 2012 - Edizioni Ambiente, 98-99
(2) Sertorio L. 2013 – Storia dell’incertezza . Edizioni Seb27, 96-106
(3) Ibidem, 75-81

martedì 20 dicembre 2016

Pinuccia Montanari assessore all'ambiente del comune di Roma. Avanti con l'economia circolare!



di UB

Pinuccia Montanari non è soltanto una persona competente, ma anche una carissima amica e collaboratrice. Soltanto due mesi fa era a Firenze, invitata per farci una lezione nel corso di formazione sull'economia circolare. Ma sono anni che collaboriamo in tante cose, soprattutto sulla questione dei rifiuti.

Ora, Pinuccia si è presa questo impegno con grande coraggio. Ce ne vuole per gestire qualsiasi cosa che abbia a che vedere con il comune di Roma, come abbiamo visto dagli eventi degli ultimi tempi. Ma quella del sindaco Raggi è stata una scelta saggia. Mettere una persona competente in un ruolo dove può far valere la propria competenza è sempre una scelta che paga.

Quindi, tantissimi auguri a Pinuccia e sono sicuro che saremo in tanti a darle una mano quando ne avrà bisogno. Forza Pinuccia! Avanti con l'economia circolare!!





lunedì 19 dicembre 2016

Comunicazione nella scienza del clima: la fiducia genera fiducia

Da “Cassandra's Legacy”. Traduzione di MR



Con più di 50.000 studenti, l'Università di Firenze è una gigantesca organizzazione con moltissimi problemi. Ma è anche un'università antica e prestigiosa che, a volte, riesce a fare qualcosa di giusto. Recentemente ha organizzato una giornata informativa sul cambiamento climatico per i suoi impiegati che ha avuto un notevole successo, dimostrando che la fiducia genera fiducia.  

Perché non riusciamo a comunicare il pericolo del cambiamento climatico? Forse le persone non hanno informazioni sufficienti? (Questo è il modello del “deficit di informazioni”). O forse hanno troppe informazioni? (Questo si chiama modello di “cognizione culturale”). O forse non hanno le giuste informazioni? O c'è qualcos'altro di sbagliato?

Senza entrare nei dettagli del dibattito, vi racconto di un avvenimento che mi ha aperto gli occhi. Mi ha fatto capire che c'è un problema di “deficit di informazioni”, ma anche che le cose non sono così semplici. Penso che più che un deficit di informazioni, c'è un “deficit di fiducia" che blocca la comunicazione. Non è sufficiente dire alle persone come stanno le cose: dobbiamo ingenerare fiducia. E la fiducia produce fiducia. Ma fatemi raccontare questa storia. 

Quest'anno, l'Università di Firenze ha deciso di offrire al suo personale – gli impiegati che lavorano in amministrazione o nei servizi – tre “giornate di informazione” su materie legate alla sostenibilità. Una di queste giornate di informazione è stata dedicata al cambiamento climatico e si è tenuta il 9 novembre del 2016. 

Il primo punto è che questa doveva essere una lezione, non un giorno di vacanza: ci sarebbero state diverse conferenze per un totale di circa otto ore che abbiamo pianificato come vere lezioni di livello universitario. C'era modellazione, paleoclimatologia, negoziati climatici, comunicazione, mitigazione, adattamento ed altro. Si trattava di comunicazione diretta a non scienziati, ma gli oratori erano tutti specialisti nei loro campi e non hanno tentato di addolcire la pillola o di banalizzare il tema. Insomma, era una cosa impegnativa.

Ad essere onesto, non ero sicuro che avrebbe funzionato. Temevo che le persone avrebbero preso l'iniziativa come una scusa per un giorno di vacanza; non si sarebbero presentati o si sarebbero presentati e sarebbero scomparsi subito dopo. Oppure, se fossero rimasti, sarebbero stati annoiati a morte e avrebbero dormito per tutto il giorno. Mi aspettavo persino che qualche idiota fra il pubblico si sarebbe alzato e avrebbe detto una cosa tipo “non vedete quanto fa freddo oggi? Il cambiamento climatico è una truffa!”

Ma non è successo niente di tutto questo. Con una certa sorpresa da parte mia, l'aula magna dell'Università di Firenze era gremita da circa duecento persone, principalmente impiegati dell'università, ma anche studenti e membri della facoltà. La maggior parte di loro sono rimasti coraggiosamente seduti per tutte le otto ore delle conferenze, un'impresa notevole (in alcuni momenti, alcuni sono dovuti restare in piedi perché non c'erano sedie sufficienti a disposizione). E non solo sedevano nella stanza, ascoltavano le conferenze. Dopo le molte esperienze con conferenze e lezioni pubbliche, sono in grado di percepire se il pubblico è attento o no e loro lo erano. Non dormivano. In realtà ho individuato alcuni occhi chiusi qua e là – è normale. Ma, nel complesso, direi che erano più attenti di molti dei miei studenti. 

Non abbiamo tentato di fare una valutazione formale dei risultati di questa iniziativa, ma penso di avere feedback informali sufficienti da potervi dire che il messaggio è passato. Molte persone non erano soltanto interessate, erano sorprese. Non avevano idea che la scienza del clima fosse un campo così profondo, ampio ed affascinante. Non si erano mai resi conto della portata della minaccia che abbiamo di fronte. 

Per me, come ho detto, è stata un'esperienza che mi ha aperto gli occhi e che mi ha fatto rivalutare tutto ciò che sapevo sulla comunicazione scientifica. Mi ha fatto capire quanto lontana sia la scienza del clima per persone che soffrono davvero di un problema di deficit di informazioni. La maggior parte di quelli che non sono scienziati prendono le informazioni dai media mainstream (MSM) e ci sono due problemi con questa cosa: uno è che ricevono solo frammenti e scorci, immersi nel rumore generale delle notizie. L'altro, forse più importante, è che giustamente non si fidano dei MSM. Eppure, dove altro possono prendere le informazioni? E' davvero una combinazione mortale: cattiva informazione  da una fonte di cui si diffida, c'è da stupirsi che nessuno stia facendo niente per il cambiamento climatico? 

Ed ecco l'università, un'istituzione piena di problemi ma che si suppone che esista per creare scienza e cultura, non per fare soldi. A causa di questo, gode di un certo prestigio e, stavolta, lo ha usato per fare qualcosa di giusto. Ha detto ai suoi impiegati, “vi apprezziamo, quindi vi offriamo la nostra conoscenza sul cambiamento climatico gratuitamente. Abbiamo fiducia che lo apprezzerete”. E gli impiegati hanno risposto ricambiando la fiducia e apprezzando questo dono. La fiducia genera fiducia. 

Penso che questa esperienza abbia un valore generale. Concorda con un fatto descritto, per esempio, da Ara Norenzayan nel suo libro “Big Gods”. Detto in breve, le persone crederanno al messaggio se (e solo se) si fidano del messaggero. Quindi non stupisce che le persone non siano molto trasportate dai messaggi che ricevono da parte dei MSM – non solo ricevono un messaggio poco comprensibile, non si fidano del messaggero. Ma quando ricevono il messaggio da un'istituzione fidata e da persone che, chiaramente, fanno del loro meglio per informarli, allora capiscono. Non è una questione di volume o di addolcire la pillola, non una questione di strategie o di pubbliche relazioni. E' una questione di fiducia. 

Ed è qui il problema: abbiamo sperperato così tanta della fiducia che l'opinione pubblica aveva nelle sue fonti di informazione che viviamo oggi nel pieno dell' “Impero delle bugie”. Saremo mai in grado di ripristinare la fiducia? Forse non è impossibile, ma molto, molto difficile. Eppure, ciò che ha fatto l'Università di Firenze è stato un passo nella giusta direzione. Forse può essere replicato in seguito, chi lo sa? 

Vorrei ringraziare tutti coloro che hanno partecipato a questa giornata informativa come relatori o come organizzatori, in ordine alfabetico. 

Adele Bertini
Marco Bindi
Francesca Bigi 
Federico Brocchieri
Stefano Caserini
Gianfranco Cellai 
Sara Falsini
Alessandro Galli 
Giovanni Pratesi 
Luca Toschi 

venerdì 16 dicembre 2016

Ma Grillo ha veramente capito tutto sull'energia?




A qualche giorno di distanza dalla pubblicazione del mio post "Grillo ha capito tutto" sull'energia, posso provare a fare il punto sulle reazioni che ho ricevuto. E, devo dire, sono piacevolmente sopreso.

Senza pretendere di avere dati statistici, ci sono stati tantissimi commenti favorevoli e anche quelli contrari sono stati quasi sempre educati (anche su "ComeDonChisciotte", il che è tutto dire!). C'è stato, è vero il solito gruppetto dei complottisti, sciachimisti, fusofreddisti, ecc. che sono intervenuti ma, devo dire, con una certa moderazione nel tono delle loro esternazioni. Un bel risultato in un epoca in cui sembra molto difficile discutere con qualcuno con cui non sei d'accordo senza insultare i suoi parenti stretti.

A parte quelli che sono d'accordo con me, credo che le critiche che ho ricevuto meritino un commento, che vi passo qui di seguito.

1. In primo luogo c'è stata una critica politica. Ho ricevuto diversi commenti del tenore, "siccome Grillo è un fascista/dittatore/nemico del popolo/eccetera, ne consegue che non si può essere d'accordo con lui su nessun argomento." Su questo mi limito a notare che mi sembra di aver colpito nel segno quando ho ricevuto qualche commento un po' stizzito da parte di persone legate in vari modi al PD. Evidentemente, si sono resi conto del disastro che è stato il governo Renzi con le sue politiche energetiche che hanno fatto scomparire decine di migliaia di posti di lavoro e un intero settore industriale italiano.

2. Critiche specifiche al post di Grillo. Qui, a mio modesto parere, chi critica non ha capito quello che Grillo voleva dire nel suo post. Non era un programma politico, non era un programma energetico. Era un post giornalistico che serviva a stabilire delle priorità. Allora, non ha senso criticarlo nel senso che non dice tutto quello che c'è da dire sull'energia, perché mancano certe cose, perché certe cose sono troppo enfatizzate. Il punto è che Grillo è intervenuto con forza per stabilire la priorità dell'energia e questa è la cosa buona. Va detto, in ogni caso, che Grillo non è un tecnico e tende a entusiasmarsi su cose che non meritano entusiasmo. Per questa ragione, nel passato ha anche nettamente sbarrocciato su questioni energetiche, come quando si è messo a sostenere l'olio di colza come combustibile per i motori diesel (e questo glie l'ho fatto notare esplicitamente). Diciamo, comunque, che sta migliorando, ma farà bene a rimanere su argomenti generali.

3. Molte critiche sono state basate sul fatto che bisogna privilegiare l'efficienza e il risparmio piuttosto che la produzione di energia. Questo punto avrebbe bisogno di un'estesa trattazione. Mi limito a dire che era una posizione legittima una decina di anni fa; per intendersi, al tempo in cui Maurizio Pallante cominciava a proporre il concetto del "Secchio Bucato," nel senso che bisognava tappare il buco prima di ingegnarsi a riempire il secchio. Ma oggi le rinnovabili sono molto meno costose di allora e, allo stesso tempo, l'urgenza di liberarsi dei combustibili fossili è diventata pressante. Quindi, è sensato oggi dare la priorità alla produzione di energia rinnovabile dando un taglio netto all'uso dei fossili.

4. Una critica comune è che il governo fa male per principio a dare dei sussidi alla produzione di energia rinnovabile; cosa vista come una perversione del libero mercato. Una posizione che mi trova in completo disaccordo: il governo ha fatto quello che un governo deve fare: correggere il meccanismo del libero mercato per distribuire le risorse a favore della comunità. Nessuno si lamenta (di solito) se le proprie tasse sono pagate per ospedali, o per la pubblica istruzione, o per tante altre infrastrutture che non rendono soldi ma che sono necessarie alla comunità. E allora perché prendersela in particolare con il fotovoltaico?

5. Sono state ripetute molte leggende comuni sul fotovoltaico; tipo che occupa troppo spazio, che non rende l'energia spesa per costruirlo, che è inquinante, che usa elementi rari, eccetera. Tutte cose che indicano come manchi un minimo di informazione pubblica su come stanno le cose. Lo stesso vale per qualche tentativo di ritirar fuori i famosi "errori del Club di Roma" che peraltro è stato spesso rintuzzato da commentatori più informati.

6. C'è stato, infine, il discorso che i fattori politici, tipo uscire dall'euro, sono la cosa importante e che l'energia è una cosa secondaria. Mi aspettavo molti più commenti di questo tenore di quelli che ho visto; in ogni caso è un punto di vista lecito anche se, a mio parere, sbagliato. Non si può avere democrazia senza energia.

Insomma, io credo che questi siano gli argomenti che un dibattito sul futuro del paese dovrebbe prendere in considerazione. Forse questo mio post è stato un modesto contributo ad andare nella giusta direzione. Quindi, rilevo con grande piacere che molta gente ha capito quanto sia importante l'energia rinnovabile per il nostro paese. Adesso andiamo avanti.


martedì 13 dicembre 2016

Energia o collasso: Grillo ha capito tutto


Nel 1972, lo studio noto in Italia come "I Limiti dello Sviluppo" aveva generato lo scenario detto "di base", nel quale il collasso del sistema economico mondiale cominciava all'incirca dal 2020. Ci sono molti sintomi che indicano che questo scenario potrebbe corrispondere alla realtà, anche se non possiamo ancora esserne sicuri. Sembrerebbe, tuttavia, che l'Italia, paese economicamente più debole di altri, potrebbe aver anticipato il "picco" già alcuni anni fa. E non è colpa dell'Euro o della Merkel o dell'Euro; è colpa del graduale esaurimento delle risorse, in particolare quelle energetiche. L'unico politico che sembra aver capito qualcosa su questo argomento - sia pure entro certi limiti - è Beppe Grillo che ha parlato di energia come una priorità nel suo blog. 



Dopo la vittoria del "No" al referendum, sembrava fosse successo un cataclisma. Invece, non succede gran che, come ci si poteva aspettare. Siamo sempre ai soliti discorsi: grandi chiacchere sulle solite cose: come far ripartire la crescita, le grandi opere, le riforme, gli immigrati, la destra, la sinistra, eccetera

Ma nessuno si occupa del problema centrale: le risorse. C'è una ragione per la quale questo blog si chiama "Effetto Risorse". La ragione è che un'economia non può esistere senza risorse, e in particolare senza energia. E sappiamo già da quasi 50 anni qualìè l'importanza delle risorse sull'economia. Ce lo hanno spiegato gli autori dei "Limiti dello Sviluppo" del 1972. Nessuna economia può sopravvivere a lungo se si basa su risorse non rinnovabili e se si trova a dover combattere contro i costi dell'inquinamento che essa stessa genera.

In Italia, avevamo abbondanti risorse minerali al tempo degli Etruschi, ma quell'epoca è ormai un po' lontana. Per quanto riguarda petrolio e gas, siamo ridotti a strizzare per quanto possibile il limone già ampiamente strizzato dei giacimenti della Basilicata. Per il momento ne tiriamo fuori ancora un po', ma non possiamo pensare di continuare molto a lungo. E, comunque, già ora importiamo circa il 90% di quello che consumiamo. Per non parlare poi del problema climatico che ci sta arrivando addosso in molteplici forme e per il quale non bastano più le chiacchere.

Allora, non sarebbe il caso di cominciare a ragionare sul renderci energeticamente un po' meno dipendenti dalle importazioni, come pure da risorse ormai in via di esaurimento? E a ragionare su come fare qualcosa di serio per ridurre le emissioni di gas serra? Non è che possiamo invertire completamente certe tendenze, ma perlomeno possiamo ridurre il danno. E abbiamo buone possibilità di fare qualcosa: se viviamo nel paese del sole, dobbiamo sfruttare il sole che, a differenza del petrolio, ci arriva gratis.

Sembrerebbe logico, ma il governo Renzi si è impegnato a fare esattamente il contrario, ovvero a demolire l'industria italiana delle rinnovabili, facendo ogni possibile regalo ai petrolieri. Uno scherzetto che ci è costato forse 60 mila posti di lavoro nel solare e 4 mila nell'eolico, come pure la perdità di una competitività tecnologica che avevamo acquisito e che abbiamo buttato al vento. Un vero disastro sotto tutti i punti di vista.

Nel generale sbandamento della politica, non c'è nessuno che si occupi dei problemi fondamentali. Tutti tranne uno, in effetti: Beppe Grillo che ha citato l'energia come un problema fondamentale nel suo blog. Ha detto chiaramente che "Allora noi abbiamo nel nostro programma, lo avete sempre visto, come punti di riferimento le rinnovabili. Gradualmente passiamo alle rinnovabili, le produciamo noi, il Paese del Sole."

Il post di Grillo è criticabile per diverse buone ragioni. E, ovviamente, c'è chi lo ha criticato, in certi casi in un modo che posso definire soltanto come patetico. Purtroppo, oggi non si riesce a parlare più di niente se non inserendolo nella partigianeria politica imperante. Ma se vi liberate di questo atteggiamento e guardate il post di Grillo nel contesto generale della politica italiana di oggi, è un miracolo di sapienza e di preveggenza. Incredibile, ma vero, c'è in Italia una forza politica che pensa che il problema energetico sia prioritario! Non è solo Grillo ma anche alcuni parlamentari del M5S che sono esperti di energia e cercano di fare del lavoro serio in proposito (fra loro, Dario Tamburrano e Gianni Girotto).

Ora, non prendete questo post come uno spot di propaganda per il Movimento 5 Stelle. Sono il primo a dire che ci sono molti gravi problemi con il M5S; fra le altre cose, la loro tendenza a supportare il complottismo e la pseudo-scienza, tipo scie chimiche e cose del genere (*). Notate anche che se Matteo Salvini avesse detto le cose che ha detto Grillo sull'energia, io sarei qui a dir bene di Salvini. Ma Salvini non ha detto niente del genere e se volete leggere un po' di scemenze dette da un rappresentante della lega nord sull'energia, le potete trovare qui (incluso la necessità di sostenere la ricerca sui "motori ad acqua" ohimé, come si fa a ridursi a questo livello per una manciata di voti?).

Insomma, la situazione, la fuori, è talmente seria che non è più questione di politica, di maggioranze, di voti, e tutto il resto. E' una questione di sopravvivenza economica e forse anche fisica per un intero paese se non si fanno certe cose per il futuro nostro e dei nostri figli. E chiunque si impegna a farle, o perlomeno ci prova, fa una cosa utile. Quindi, proviamo a liberarci dalla partigianeria deteriore che ci affligge e andiamo avanti. Viviamo nel paese del sole, sfruttiamo la fortuna che abbiamo.


(*) Nota: dopo la pubblicazione di questo post ho ricevuto una telefonata dalla segreteria di Beppe Grillo con la quale mi hanno fatto notare che né Grillo né il movimento 5 stelle sono coinvolti o supportano la teoria delle scie chimiche. Prendo atto con piacere di questa precisazione e mi scuso per questa imprecisione nel mio testo. 





giovedì 8 dicembre 2016

Trump: verso lo “Scenario 3”

Da “Cassandra's Legacy”. Traduzione di MR

Margarita Mediavilla ed i suoi collaboratori hanno svolto delle simulazioni del futuro usando i modelli della dinamica dei sistemi (vedete qui). Uno dei loro scenari, denominato “Scenario 3”, è basato sull'ipotesi di un ritorno della competizione fra nazioni, del protezionismo, della deglobalizzazione e cose simili. Lo Scenario 3 è il meno costoso in termini di energia richiesta, ma anche il più dannoso a livello ambientale. E, con l'elezione di Trump, sembra che ci stiamo dirigendo esattamente in quella direzione. Che altro vi sareste aspettati? (UB)

 
Di Margarita Mediavilla

La vittoria di Donald Trump, così come molte altre cose che sono avvenute in anni recenti (l'ascesa dell'estrema destra in Europa, il crollo del mercato asiatico, la Brexit, la guerra in Siria e in Yemen), mostra che stiamo seguendo il sentiero dello Scenario 3. Non avrebbe potuto essere diversamente, visto che i nostri “scenari” erano narrazioni che abbiamo usato per intravedere il futuro e l'energia ci ha detto che lo Scenario 3 era quello più realistico.

lunedì 5 dicembre 2016

I 10 migliori modi per distruggere tutta l'acqua sulla Terra

Mentre siamo tutti a discutere del si e del no  al referendum, Gianni Tiziano ci ricorda che ci sono cose ben più importanti (UB)



Top 10 Ways to Destroy All the Water on Earth 

by Derrick Jensen • 24 Ago 2016

Derrick Jensen (nato il 19 Dicembre 1960) è un autore e ambientalista radicale americano (e critico di primo piano dell' ambientalismo tradizionale), vive a Crescent City, California. Secondo Democracy Now!, Jensen "è stato chiamato il poeta-filosofo del movimento ecologico." (fonte Wikipedia)


tradotto da Gianni Tiziano

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L'intervento umano è stato responsabile per l'inquinamento e lo svuotamento delle risorse idriche ad un tasso criminale.

Mi piace guardare gli elenchi dei più grandi successi della nostra cultura. Sono sempre stupito, ad esempio, quando leggo dello sforzo stupendo che è stato fatto nella costruzione delle Piramidi di Giza: almeno 10.000 persone hanno lavorato 30 anni per erigere tombe giganti per i loro capi.

E non vedo come qualcuno potrebbe contenere l'eccitazione quando legge, per fornire un altro esempio, che la diga di Hoover è "uno dei più grandi successi dell'uomo" perché ha portato "ordine nella furia del Fiume Colorado, creatore del Grand Canyon e linea-vita del Sud-Ovest Americano."

E chi potrebbe essere in disaccordo con sentimenti come "Ogni volta che vedo un edificio salire verso il cielo, la vista delle condutture idrauliche - arterie finali di un meraviglioso sistema che sostiene la vita - evoca una particolare sensazione di stupore e di orgoglio."

Ma una cosa mi preoccupa di questi elenchi : si trattengono dal mostrare le realizzazioni più incredibili e importanti, quelle che realmente mettono in risalto il potere di questa cultura, che arrivano al nocciolo di ciò che questa cultura è, quelle che fanno sembrare banali le condutture idrauliche.

Così ho iniziato a fare gli elenchi da me stesso. Ecco un elenco di alcuni dei più grandi successi di questa cultura che hanno a che fare con l'acqua.

10. LAGO D'ARAL


Il lago d'Aral, il cui nome significa "mare di isole", perché ce n'erano più di 1.100, una volta era il quarto lago più grande nel mondo, e copriva più di 26.000 miglia quadrate. Ma alcune anime coraggiose, una intera cultura di loro, sono state in grado di vedere oltre, al di là della bellezza e del cibo e della fornitura d'acqua per i locali, e di vedere il valore reale sottostante. Essi hanno riconosciuto che questo lago era, come dicono loro, un "errore della natura" e un "evaporatore inutile". Hanno avuto l'audacia della visione per costruire dighe e scavare 200.000 miglia (321.000 chilometri, ndt) di canali per deviare l'acqua dai fiumi che erano abituati a fluire nel lago d'Aral invece che nel deserto per coltivare riso, meloni e cotone. Il progetto è stato un successo completo, nel senso che nel 1988 l'Uzbekistan era diventato il più grande esportatore mondiale di cotone.

Tutti sanno che qualunque acqua che raggiunge il mare è sprecata. Questo viene detto spesso dagli agricoltori di tutto il mondo. Lo dicono spesso politici e tecnocrati. E 'stato detto proprio quest'anno da un candidato alla presidenza degli Stati Uniti in un discorso di campagna elettorale. L'acqua potrebbe e dovrebbe essere utilizzata per alimentare l'economia.

Così la 10° più grande realizzazione di questa cultura è stata di assicurare che quasi niente dell'acqua che avrebbe dovuto raggiungere il lago d'Aral fosse "sprecata." Negli ultimi 50 anni, il lago d'Aral è decremetato a circa il 10% delle sue dimensioni iniziali.

Gran parte del lago originario costituisce ormai il deserto Aralkum, con terreno intossicato dal deflusso dei rifiuti agricoli. Ma questo non dovrebbe essere un problema a lungo termine perché il terreno viene soffiato via dal vento, portando i pesticidi lontani, come in Antartide, per essere preso dai pinguini, tra gli altri. Problema risolto.

Questo risultato, essenzialmente il prosciugamento del quarto lago più grande del mondo, così imponente, non è unico. Siamo anche stati in grado di diminuire il lago Ciad in Africa di circa il 90% e di prosciugare laghi dappertutto nel mondo, dal lago Tulare, una volta il più grande lago negli Stati Uniti a ovest del Mississippi, fino al Lago Poopó in Bolivia, e a ciò che era il terzo più grande lago d'Italia, il lago Fucino.

9. DISIDRATARE I FIUMI

Molti trattati stipulati tra il governo degli Stati Uniti e le Nazioni Indiane Americane hanno affermato che i trattati sarebbero rimasti in vigore fino a quando il vento soffiava e i fiumi scorrevano -- in altre parole, in perpetuo.

La nona più grande realizzazione è disidratare i grandi fiumi. Non si può più pensare che il flusso dei fiumi sia per sempre. Ad esempio, era abituale che il fiume Colorado scorresse quasi 1.500 miglia dalla montagna al mare. Ora l'acqua non è più sprecata, solamente come "linea-vita del Sud-Ovest Americano", ma invece è utilizzata per l'agricoltura e l'industria. Il fiume Colorado non raggiunge più il mare.

Allo stesso modo, l'Indo, una volta il 21 ° più grande fiume del mondo, con un flusso di 50 miglia cubiche all'anno, è stato ridotto a "sgocciolare a una magra foce," una volta ancora non è sprecato, ma usato per l'agricoltura e l'industria. Il flusso del Rio Grande è stato ridotto dell' 80% circa, quindi c'è ancora spazio per migliorare.

Il fiore all'occhiello è probabilmente il Fiume Giallo in Cina. E' il sesto fiume più lungo del mondo, con circa 3.400 miglia. Un po' più corto adesso, perché la sua acqua viene utilizzata invece che essere sprecata, in un anno non raggiunge il mare fino a 230 giorni.

Il venticinque per cento dei fiumi non raggiungono non più gli oceani. Ne abbiamo lasciati solo tre su quattro da sistemare affinché non venga sprecata l'acqua dei fiumi.

8. DISIDRATARE LE FALDE ACQUIFERE

E' un grande risultato, quello di disidratare laghi e fiumi, ma ci vuole ancora più potenza per disidratare le falde acquifere (strati sotterranei di roccia o fango che contengono acqua). Le falde acquifere possono essere immense. La Ogallala Aquifer negli Stati Uniti, per esempio, sottostante a 174.000 miglia quadrate, una volta aveva un volume di circa 1.000 miglia cubiche di acqua. La domanda diventa: come si può scaricare qualcosa di così vasto e sotterraneo, come quello? Non si può tirare fuori un rubinetto gigantesco. E dal momento che è ricaricata ampiamente dalla pioggia, non è sufficiente semplicemente mettere delle dighe sugli affluenti.

La soluzione è semplice ed elegante: si pompa fuori l'acqua. Per fare in modo che non sia sprecata sottoterra, ma usata per coltivare il cotone e altre colture. La trasformi in denaro. Naturalmente non si può fermare la pioggia, ma così a lungo tu pompi fuori l'acqua più velocemente di quanta entra (e pompano fuori circa 6 miglia cubiche all'anno solo da quella falda acquifera), e così tanto a lungo tu perseveri con questo, puoi eventualmente raggiungere il tuo obiettivo.

C'è ancora molto lavoro da fare per prosciugare la falda acquifera Ogallala, ma, finora, siamo stati in grado di pompare fuori abbastanza acqua, di modo che in alcuni luoghi i pozzi devono essere 300 piedi (91 metri, ndt) più profondi che prima, agli inizi del prelievo.

E come con il lago d'Aral, stiamo realizzando i nostri obiettivi in tutto il mondo : 21 delle 37 più grandi falde acquifere del mondo sono in calo significativo, e 13 di queste tendenti al collasso.

7. INTOSSICAZIONE DELLE ACQUE SOTTERRANEE

Il tecnocrate miliardario Elon Musk e altri hanno scritto che un modo per cercare intelligenze extraterrestri è cercare pianeti inquinati, dal momento che i processi industriali intrinsecamente inquinano, e l' intelligenza, nella loro prospettiva, intrinsecamente porta a processi industriali. Pertanto, un segno di intelligenza è l'inquinamento del proprio pianeta.

In questo spirito, il nostro settimo più grande successo sull'acqua è l'intossicazione delle acque sotterranee in tutto il mondo.

Questo risultato ha messo alla prova le nostre capacità, in parte perché questa acqua è sotterranea, e quindi è più difficile in certo modo fornirla di veleno, e anche perché queste falde acquifere sono così grandi.

Ma ogni cultura che potrebbe avere 10.000 persone a lavorare 30 anni per erigere tombe giganti ha mostrato una certa inesorabilità nel raggiungimento dello scopo, una inesorabilità che continua fino ad oggi.

Abbiamo tutti visto i video di persone la cui acqua di pozzo è stata così inquinata dal fracking, che possono aprire il rubinetto e accendere l'acqua col fuoco. Ma il fracking non è l'unico modo per inquinare le acque sotterranee, anche se l'idea di iniettare sostanze chimiche tossiche lontano sottoterra, ad alta pressione sufficiente a rompere formazioni rocciose stabili e infondere queste rocce con sostanze chimiche, è geniale. Anche lo stoccaggio di sostanze chimiche tossiche direttamente sopra falde acquifere funziona, poiché le sostanze chimiche affondano nel terreno. L'uso di insetticidi ed erbicidi funziona praticamente allo stesso modo.

Ed è un successo. Extraterrestri alla ricerca di segni di vita intelligente sicuramente riconoscerebbero questo come un segno della nostra intelligenza.

6. ACQUE SUPERFICIALI


Gli alieni riconoscerebbero la nostra intelligenza anche nel nostro trattamento delle acque di superficie. Quasi tutta l'acqua del mondo, dalle profondità dei più grandi oceani ai più piccoli ruscelli, è contaminata con tossine create dall'uomo. Si tratta di circa 330.000 miglia cubiche di acqua ormai contaminata.

Anche la sola contaminazione dell'acqua dolce del pianeta sarebbe un risultato straordinario, soprattutto se si considera che, fino a poco tempo fa, tutti gli esseri umani sulla Terra bevevano da fiumi e laghi.

In Cina, alcuni dei fiumi sono stati inquinati con così tanto successo che sono tossici al tatto. Siamo stati anche in grado di mettere le tossine in ogni "acqua biologica", cioè l'acqua contenuta in ogni essere vivente. Si tratta di un risultato assolutamente incredibile.

5. DIGHE IN INDIA

Il governo indiano sta facendo progetti per essere sicuro che nessuna acqua in India venga sprecata dal mondo naturale. Il piano è quello di costruire 3.000 nuove dighe e scavare 9.000 miglia di nuovi canali al fine di "ridisegnare il flusso naturale" di 37 grandi fiumi in modo che il governo possa "spostare" più di 40 miglia cubiche di acqua ogni anno.

4. PESCA ECCESSIVA

Ciò che è vero per l'acqua è vero per tutto e per tutti sul pianeta: se non è convertito in denaro (il combustibile che alimenta l'economia) è sprecato.

L' ambientalista Farley Mowat ha scritto in “Sea of Slaughter” (Mare del Massacro) : " E' probabilmente impossibile per chiunque viva in questo tempo, comprendere quanto fosse grande la vita dei pesci nelle acque del Nuovo Mondo quando l'invasione europea ha avuto inizio." Un esploratore ha dichiarato che le acque dei Grand Banks (Nord-Atlantico, ndt) erano "così brulicanti di pesci [che] potrebbero essere presi non solo con una rete, ma con cesti immersi [e appesantiti] con una pietra." Un altro esploratore ha osservato che c'erano così tanti pesci enormi -in questo caso merluzzi-" che a volte arrestavano il passaggio" delle navi. E un altro esploratore: "I merluzzi sono così spessi da riva che noi con difficoltà possiamo remare con una barca attraverso di loro."

Questo era un sacco di pesce che andava sprecato. Ancora di più, potremmo fare commenti simili su tanti altri pesci che erano altrettanto comuni. Aringhe. Haddock (Asinello, Eglefino). Halibut. Salmone. Platessa. Anguilla. Un sacco di pesce andava sprecato.

Il cielo era anche pieno di uccelli che mangiavano questi pesci, e il mare era pieno di balene e foche che mangiavano questi pesci. Così tanti pesci, così tanti uccelli, così tante balene, così tante foche, tutti erano sprecati.

Così, la realizzazione numero quattro è la cattura di tutto questo combustibile per l'economia. I grandi banchi di merluzzo sono finiti, i grandi stormi di uccelli marini, i grandi branchi di balene e foche. Finiti finiti finiti. Non sono più sprecati. Finiti!

3. PLASTICA

L'invenzione della plastica è una straordinaria realizzazione in sé : la creazione di qualcosa che a tutti gli effetti non decade. Sviluppata tra la fine del 19° secolo e l' inizio del 20°, è entrata in produzione di massa nel 1930. La sua produzione si è impennata da allora e, con l'economia industriale, ora la produzione è di quasi 300 milioni di tonnellate all'anno.

Molta di questa plastica finisce in mare – se fosse tutta sulla riva, ogni anno sarebbe sufficiente per riempire cinque sacchetti della spesa per ogni piede (30 centimetri, ndt) di costa in tutto il mondo. C'è abbastanza plastica in mare da causare isole galleggianti delle dimensioni di grandi stati. Abbastanza plastica nell' oceano da essere più numerosa che il fitoplancton (base della vita negli oceani, e in effetti della vita sulla Terra, in quanto produce l'ossigeno per un respiro su due degli animali su questo pianeta) di 10 a uno. Abbastanza plastica sufficiente per causare che uno ogni tre pulcini di uccelli marini in alcune colonie nel Pacifico muoiano di fame, con le pance piene di plastica.

Abbastanza plastica per soffocare la vita degli oceani. E non decade. Che incredibile realizzazione.

2. CATTURE ACCIDENTALI

Se in qualche modo, nel 1870, tu avessi pesato tutti i pesci negli oceani, e facessi la stessa pesata oggi, il peso totale di tutti i pesci di adesso sarebbe di circa il 10% di quello che era allora. E, naturalmente, nel 1870 eravamo già sulla buona strada per fare in modo che nessun pesce andasse sprecato, cosicchè si può sicuramente dire che questa riduzione del 90% è seguita a riduzioni precedenti da quando questa cultura si è fatta strada in tutto il mondo.

Non contenti di queste riduzioni, continuiamo a uccidere i pesci per convertire i pesci in denaro, e anche a ucciderli e semplicemente gettarli di nuovo in mare senza alcuna ragione al mondo. Si tratta delle catture accidentali. La cattura accidentale succede quando recuperi la tua rete e trovi pesci morti (o uccelli o balene o foche o tartarughe o qualunque altro) di una specie diversa da quella per la quale sarai pagato. Circa il 40% di tutti i pesci catturati commercialmente vengono uccisi e gettati in mare. In alcuni settori, il rapporto fra le catture accessorie e le catture commerciali è di 20 a 1.

Il risultato è che gli scienziati stanno dicendo che, entro 35 anni, gli oceani potrebbero essere privi di pesce. Sarà stato necessario uno sforzo lungo e intenso, ma ne sarà valsa la pena per fare in modo che nessun pesce vada mai più sprecato, e anche affinchè i pesci - che sono stati in giro per 450 milioni di anni e sono sopravvissuti a multiple estinzioni di massa - capiscano che la loro capacità di sopravvivere è nulla in confronto alla nostra capacità di distruggere.

1. UCCISIONE DEGLI OCEANI



Questo ci porta alla nostra migliore realizzazione con l'acqua, sfortunatamente ancora “work in progress”, che è l' uccisione degli oceani su questo pianeta di acqua mediante intossicazione, riempiendoli di plastiche, con la pesca eccessiva, assordando gli oceani con il rumore artificiale fino a 260 db (in prima fila a un concerto rock è di 130 db, dolore e danni inevitabili per gli esseri umani a 140 dB; gli esseri umani muoiono a 160 dB; 260 db è 10.000 volte più intenso di una esplosione nucleare a 500 yards -457 metri, ndt-), con l'acidificazione degli oceani, con il dragaggio, causando l'aumento del livello del mare (uccidendo biomi in acque basse e sulla riva), e avanti e avanti e avanti.

Fai finta di essere tornato indietro 10.000 anni e di aver chiesto alla gente che hai incontrato quale sarebbe la realizzazione più difficile e ardua tra, da una parte, erigere enormi tombe (o, se è per questo, mettere una persona sulla luna) e, dall' altra parte, disidratare laghi, fiumi e falde acquifere e tossificare l' acqua in tutto il mondo, eliminando così tanta vita dagli oceani una volta incredibilmente fecondi (e fiumi e laghi e zone umide) in tal modo che effettivamente sono stati uccisi anche gli oceani stessi.

Le persone di 10.000 anni fa riderebbero di te e direbbero : "Che domanda stupida. Naturalmente sarebbe più difficile uccidere gli oceani. Nessuno potrebbe causare così tanta distruzione. Nessuno potrebbe trasformare tutto il mondo nella più grande tomba per tutti. E perché dovrebbe essere così stupido da volerlo ?"

giovedì 1 dicembre 2016

La banca, la crisi, e le pentole





Sono andato più di una volta a sentire le presentazioni pubbliche dove la banca dove ho messo i miei risparmi fa parlare degli esperti di finanza. Pur nei limiti di questo tipo di cose, spesso ho trovato che questi esperti mi hanno dato delle utili dritte, raccontando cose che poi si sono verificate sul serio.

Così, l'altra sera sono andato a sentire un'altra di queste presentazioni. Vi dirò francamente, è stata un disastro totale. Non che non ce l'avessero messa tutta. C'era il loro mega-presidente, un professore universitario, due giornalisti finanziari, tutti belli incravattati e microfonati. E sono riusciti a dare l'impressione di essere dei venditori di pentole a una sagra di paese.

Il problema è che le banche sono sempre vissute su questa idea che ti regalano qualcosa, un po' come Babbo Natale. Tu gli dai 1000 lire, dopo un po' di tempo te ne rendono 2000. Vi ricordate quando c'erano i buoni postali "fruttiferi"? Ma ora, tutto è cambiato: siamo ai tassi negativi. Ed è difficile per la banca spiegare ai clienti come mai se tu gli dai 1000 euro, dopo un po' loro te ne rendono 500. E' come accorgersi che Babbo Natale non solo non ti ha portato regali, ma ti ha anche svaligiato il frigorifero.

E così, in questa presentazione il mega-presidente e gli altri non han trovato di meglio che rifugiarsi nei discorsi che fanno i nostri presidenti del consiglio negli ultimi 15 anni che, ogni anno, si trovano a dire "si, quest'anno è andata malissimo, ma l'anno prossimo la crescita ritornerà". Quindi, si sono lanciati a spiegare che, se in Italia le cose vanno male, nel resto del mondo c'è crescita, quindi le cose vanno bene. E hanno fatto vedere una mappa del mondo dove tutti i paesi in crescita erano in verde, con solo l'Italia e pochi altri in rosso. Veniva voglia di chiedergli se non fosse allora il caso di investire in Iraq (bello verde) oppure nella banca di Aleppo, in Siria (anche quella, bella verde).

Poi, tutta la storia è stata che l'attuale crisi è soltanto un'oscillazione momentanea, che l'economia è sempre cresciuta e quindi per forza tutto riprenderà a crescere. Dunque ci vuole fiducia e "far lavorare i propri soldi". Questo veniva dimostrato con dei grafici dove si faceva vedere la crescita a lungo termine di vari fondi, senza mai preoccuparsi di specificare se i dati erano corretti per l'inflazione oppure no. E poi, hanno detto, da qui al 2050 la popolazione aumenterà a 11 miliardi e ci saranno 3 miliardi e mezzo di persone in più che consumeranno e produrranno benessere. Il tutto condito con dei filmati in cui si vedeva una famigliola benestante, padre, madre e figlioletto, talmente lisci e azzimati che sembravano l'ultimo modello di androide dal film "Io Robot".

La cosa peggiore è stata quando il Mega-Presidente si è messo a raccontare che non ci sono limiti alla crescita e che già negli anni '70 avevano previsto la fine del petrolio in trent'anni, ma che abbiamo trovato dei nuovi pozzi. Non solo, ma ora possiamo estrarre più petrolio dagli stessi pozzi di prima. E poi scaveremo altri buchi per terra e avremo tanta energia che non sapremo cosa farne, come dimostrato dai bassi prezzi del petrolio. E con questa energia desalinizzeremo l'acqua e irrigheremo zone che ora non sono coltivate e daremo da mangiare a quei tre miliardi e mezzo di persone in più. Non solo questo, ma avremo bistecche sintetiche che non producono gas serra (lo giuro, l'ha detto!). A questo punto, qualcuno sul palco ha detto che lui non le vorrebbe mangiare, al che hanno detto che la gente nei paesi in via di sviluppo sarà ben contenta di mangiarle (giuro che hanno detto anche questo!!!)

Bene, non vi so dire come è andata a finire, a un certo punto non ne ho potuto più e sono andato via. Magari alla fine hanno veramente tirato fuori una batteria di pentole in vendita. Ho visto molta altra gente che lasciava la sala, un poco (tanto?) perplessa. In effetti, l'atmosfera che aleggiava sul pubblico mi è parsa un tantino cupa, nonostante l'ottimismo sul palco.

Poi, non è che voglio dir male di queste persone che stavano sul palco e non credo volessero imbrogliare nessuno. Se chiedete a me, ho l'impressione che credessero veramente a quello che dicevano. Ma la faccenda dei tassi negativi è stata dirompente un po' per tutti, incluso per i dirigenti delle banche. E quindi, ci troviamo tutti a navigare senza bussola in un mondo che cambia continuamente e in cui quelli che dovrebbero essere al timone ne sanno meno dei passeggeri che vorrebbero essere traghettati verso qualche porto sicuro. Che ci volete fare? Da qualche parte finiremo per arrivare, magari con una batteria di pentole nuove in cucina.










mercoledì 30 novembre 2016

Malthus, il profeta di sventura: perché scomodarsi a leggere l'originale quando si può semplicemente fare copia-incolla da Internet?

Da “Cassandra's Legacy”. Traduzione di MR


Un estratto dal libro che sto scrivendo, “L'Effetto Seneca”, che contiene un capitolo dedicato alle carestie irlandesi. Sopra, il reverendo Thomas Malthus (1766 - 1834)

La demolizione del lavoro di Thomas Malthus ai giorni nostri è spesso basata sul fatto di accusarlo di avere previsto che si sarebbe verificata una qualche orribile catastrofe nel prossimo futuro, a volte con una data specifica. Poi, siccome la catastrofe non è avvenuta, ne consegue che Malthus aveva completamente sbagliato e niente del suo lavoro può essere salvato. E' un metodo ben rodato che è stato usato con grande successo contro “I Limiti dello Sviluppo”, il rapporto al Club di Roma apparso nel 1972.

sabato 26 novembre 2016

Migrazioni, Malthus, mortalità, e tutto il resto

di Jacopo Simonetta


Articolo già pubblicato su: "Matlhus non aveva poi tutti i torti" il 5/11/2016

Nell'odierna, immensa massa umana esiste una pattuglia di persone convinte che il sistema economico attuale stia entrando in un collasso globale e che ciò provocherà conseguenze terribili.   Alcune di queste sono anzi già cominciate, ma la grande maggioranza di noi si rifiuta di riconoscerle per quel che sono: avvisaglie.

C’è una buona ragione per questo: l’illusione più o meno cosciente che, ignorando o negando i fatti, ci si possa proteggere dalle conseguenze dei medesimi.   O, perlomeno, che questo sia un modo per scaricare ad altri la propria quota di responsabilità per qualcosa che, comunque vada, costerà molto caro a molta gente.

Tra i fatti che possiamo negare, ma non evitare, c’è che la Terra è pesantemente sovrappopolata in ogni suo più remoto anfratto.   Ma ammetterlo significherebbe dover poi parlare di politiche demografiche.   Cioè di nascite, morti e migrazioni.   Tutti argomenti che hanno implicazioni psicologiche e spirituali tanto importanti da risultare intrattabili.

Non è un caso se il controllo della natalità è l’unico fattore demografico di cui si parla, sia pure con crescenti difficoltà.   Qui si tratta infatti di decidere se, eventualmente, impedire a qualcuno che ancora non esiste di venire al mondo.   Non c’è niente di terribile in ciò.

Viceversa, parlare oggi di mortalità significherebbe chiedere a gente che esiste di andarsene cortesemente a all'altro mondo per aiutare i suoi compatrioti terrestri a restare in questo.   Non sorprende che nessuno ne voglia parlare, non foss’altro che per scaramanzia.
Delle migrazioni si parla invece tantissimo, perfino troppo, ma senza mai porsi domande imbarazzanti tipo: Quanta gente c’è?   Quale è la capacità di carico del territorio?   Quali sono gli effetti sulle zone di partenza e su quelle di arrivo?   Come stanno evolvendo le condizioni al contorno?

Pillole di storia


Le migrazioni sono un fenomeno antico quanto la nostra specie (anzi molto di più).   Quando in una zona si raggiungono limiti di sovrappopolazione, un certo numero di giovani parte per cercare fortuna altrove.   Se lungo la strada incontrano popoli più agguerriti di loro, vengono uccisi.    Se viceversa incontrano territori poco popolati o genti meno agguerrite, si fanno largo ammazzando o sottomettendo gli autoctoni.

E’ esattamente in questo modo che, per oltre 50.000 anni, ondate successive di uomini hanno popolato il mondo, accavallandosi e sostituendosi fra loro, costruendo e distruggendo civiltà.   La penultima crisi storica di questo genere è stata lo straripare della popolazione europea nel mondo intero.   L’ultima è appena cominciata, ma con un’inversione dei flussi.   Invece che dall’Europa, avviene verso l’Europa (compresa la Russia occidentale) ed il Nord America.

Per fare il caso italiano, durante tutti gli anni ’80, la popolazione italiana si era stabilizzata attorno ai cinquantasei milioni e mezzo.   Poi, dall’89 (collasso degli stati comunisti) ha ricominciato a crescere grazie ad un’immigrazione dapprima modesta, poi sempre più intensa.   Una brusca accelerazione avvenne nel 2002, anno di approvazione della leggendaria “legge Bossi-Fini” che, evidentemente, favorì il fenomeno.   Ad oggi siamo circa sessantadue milioni, con un tasso di incremento di circa 300.000 persone all’anno.

Per circa un quarto di secolo, le autorità pubbliche e le forze politiche dei vari paesi coinvolti non hanno trovato di meglio che altalenare fra posizioni opposte ed un pertinace far finta di niente, sperando che la faccenda si risolvesse da sola.   Ma negli ultimi due anni l’arrivo di milioni di persone ha fatto precipitare la situazione.

Potremmo, credo, distinguere fondamentalmente tre tipi di approccio al problema.   Due paesi, Italia e Grecia, hanno deciso di mantenere aperte le proprie frontiere; anzi l’Italia ha mobilitato mezzi imponenti per recuperare migranti in mare.   Altri paesi dell’UE coadiuvano questo sforzo, pur mancando un accordo sul destino successivo dei naufraghi.

Altri, come diversi paesi balcanici e l’Austria, hanno alzato barriere più o meno efficaci per ostacolare i flussi.   I paesi principali, Germania in testa, si sono accollati finora il grosso del flusso, ma questo ne sta oramai mettendo a repentaglio la stabilità politica.

Nel frattempo, il numero dei morti durante la traversata è diminuito in percentuale, ma aumentato in cifra assoluta poiché la certezza del soccorso porta molta più gente a tentare l’avventura in sempre più precarie condizioni.

Premesse

L’accoglienza è un bene od un male?   Esiste un limite sotto il quale va bene ed oltre il quale no?   A mio avviso, una simile discussione potrebbe essere utile solo partendo dai pochi, ma importanti capisaldi:

1 – Non sempre chi lascia il suo paese lo fa perché costretto dalla miseria, o peggio, ma spesso si.   Perciò non bisogna nascondersi dietro un dito ed essere ben coscienti del fatto che negare l’ingresso a qualcuno significa danneggiarlo, spesso in modo grave.

2 – Esiste una differenza fondamentale tra “migranti” e“rifugiati”.   I primi sono tutti coloro che vanno ad abitare in un paese diverso da quello dove sono nati.   Talvolta fuggono da situazioni terribili, altre cercano semplicemente un lavoro migliore.   I rifugiati sono invece persone che in patria sono attivamente perseguitate per ragioni politiche, religiose, razziali od altro.  Lo status di "rifugiato" viene concesso dai governi in base ad una serie di convenzioni internazionali, perlopiù risalenti agli anni '50 (Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali).

Anche i numeri sono diversi.   Per capirsi, solo nel 2014 gli immigrati in Europa sono stati quasi 2 milioni (dati EUROSTAT ) portando il totale degli stranieri a quasi 35 milioni, circa il 7% della popolazione europea.  Nel 2015 e nel 2016 i numeri sono stati sensibilmente maggiori, ma mancano dati ufficiali.  Coloro che ottengono asilo politico normalmente sono invece poche decine di migliaia l’anno, ma c’è stato un brusco incremento negli ultimi due anni: circa 300.000 nel 2014 e circa 600.000 nel 2015 (dati ERUOSTAT).    Un incremento che dipende in parte dall’aggravarsi della crisi siriana, in parte da scelte politiche dei singoli governi nazionali.   Tuttavia, continuano ad essere una netta minoranza del flusso complessivo di gente.

3 – Le migrazioni di massa sono appena cominciate, nei prossimi anni e decenni non potranno che aumentare.   Non bisogna illudersi che il fenomeno si esaurisca da solo; ben al contrario si aggraverà.   Ogni anno ci sono circa 80 milioni di persone in più sul pianeta ed i focolai di instabilità ambientale, economica e/o politica non potranno che moltiplicarsi.   A livello europeo, i flussi sono passati da un ordine di grandezza di migliaia ad uno di milioni di persone all'anno.   La tendenza è verso un ulteriore, consistente incremento.

3 – L’Italia, come tutta l’Europa, gode tuttora di un alto tenore di vita grazie ad una serie di vicende storiche e meccanismi di mercato che finora ci hanno permesso di appropriarci di risorse estere e ridistribuire globalmente parte dei nostri rifiuti.    Ma il sistema economico sta rapidamente cambiando ed almeno in parte implodendo.   La crisi economica peggiorerà ed il ridimensionamento del nostro tenore di vita è appena cominciato.   Disoccupazione e povertà aumenteranno certamente,
anche se non possiamo sapere quanto e come.   E lo faranno comunque, con o senza immigrazione.

4 – Una grande quantità di immigrati non arriva fortunosamente in barca, bensì tranquillamente in aereo.   L’enfasi sugli sbarchi è quindi in parte una strategia di marketing politico, sia da parte di coloro che sono favorevoli, sia di coloro che sono contrari all'accoglienza.

A mio avviso, chiunque ignori e/o neghi uno o più di questi semplici fatti, o è male informato, o è male intenzionato.

Conseguenze.

C’è molto dibattito sulle conseguenze economiche delle migrazioni, con esperti che delineano un quadro idilliaco o disastroso a seconda dei casi.   Personalmente, trovo più interessanti le conseguenze ecologiche e politiche.

Le conseguenze ecologiche sono inevitabili e facilissime da capire.   A livello locale, un aumento della popolazione significa un aumento dei consumi e degli impatti: più alloggi, più acqua, più rifiuti ecc.   Proprio i fattori che secondo alcuni sono favorevoli all'economia, sono certamente deleteri per quello che resta degli ecosistemi.   Anche a livello globale l’emigrazione fa lievitare consumi ed emissioni.   Infatti, benché la maggioranza degli immigrati vada a far parte della fascia più povera dei paesi di accoglienza, i consumi di un una persona che vive in Europa occidentale sono almeno di un ordine di grandezza superiore di quelli di chi abita in molti paesi africani ed asiatici.   Vi sono poi buone ragioni per ritenere che l’emigrazione contribuisca a mantenere elevato il tasso di natalità nei paesi di partenza, ma si tratta di dinamiche molto complesse che possono differire anche parecchio da caso a caso.

Le conseguenze politiche sono più complesse perché non dipendono tanto da ciò che effettivamente accade, quanto da come questo viene percepito.   Man mano che la densità di popolazione cresce e la percentuale di stranieri aumenta, la gente si inquieta.   Può avere torto o ragione, il punto importante qui è che ha paura.   E quando la gente a paura guarda ai suoi leader per essere rassicurata.

Per decenni, la classe politica dominante ha scelto di ripetere che il problema non esisteva, che la crescita economica avrebbe risolto tutto, che la pace avrebbe trionfato, i flussi si sarebbero esauriti grazie ad interventi nei paesi di partenza, eccetera.   Soprattutto, ha evitato molto accuratamente di nominare la causa principale di questa tragedia, la sovrappopolazione sia nei paesi di arrivo che in quelli di partenza.   Ma ha anche cercato di nascondere le conseguenze, cioè la competizione per il lavoro, il degrado dell’ambiente naturale ed urbano, le difficoltà di integrazione ecc.

Beninteso, gli stranieri in Europa sono meno del 10%, quindi ha ragione chi dice che non solo loro IL problema.   IL problema è infatti il collasso della nostra civiltà e dei nostri ecosistemi.   Le migrazioni sono solo un pezzo di questo complesso mosaico, ma un pezzo importante perché, in condizioni precari,e anche spostamenti lievi di fattori chiave possono avere conseguenze importanti.

L’Islam in EU. Si noti come la percezione comune è di una presenza
almeno 4-5 volte superiore al reale.
Comunque, il dato politico è che la vasellina ufficiale tranquillizza sempre meno gente.   Ecco allora che sorge una nuova classe di politicanti professionisti che adottano una strategia altrettanto menzognera, ma opposta.   Anziché negare il problema, lo gonfiano e lo stravolgono facendo immaginare alla gente fenomeni del tutto inesistenti come l’invasione islamica (i due terzi circa degli immigrati sono cristiani), la guerra delle culle (la natalità degli immigrati si livella a quella degli autoctoni in una generazione) ed il complotto sostituzionista (questa poi non merita nemmeno commento).   Bufale che diventano però credibili quando dall’altra parte si insiste a ripetere che tutto si aggiusterà da solo.   Meglio ancora se se una frangia minoritaria, ma consistente, di immigrati si adopera per apparire regolarmente in cronaca nera.

C’è una via d’uscita?

In estrema sintesi, siamo prigionieri di una doppia menzogna.   E’ falso che l’Europa possa continuare ad importare gente dall'estero per la semplice ragione che ci sono già troppi europei. E‘ falso anche che se buttassimo fuori tutti gli stranieri i nostri problemi svanirebbero, perché comunque continueremo ad essere troppi, la qualità delle risorse energetiche continuerebbe a tracollare, il clima a peggiorare, ecc.

In mezzo a tanta disinformazione cresce l'estrema destra, ma non credo che ciò dipenda tanto da un aumento dei neo-fascisti, quanto da un crescente numero di persone che hanno paura.   Se qualcuno volesse evitare che queste formazioni prendano il potere, avrà interesse a pensare ad una gestione delle migrazioni efficace e credibile.

A mio avviso ciò significa principalmente due cose:

1- Una politica demografica unitaria che cerchi di ridurre la popolazione europea nel modo più indolore e tranquillo possibile.   Fra l’altro, stabilendo quanta gente può entrare ed a quali condizioni.   (Fra “tutti” e “nessuno” ci è parecchio spazio).

2 – Un effettivo controllo sulle frontiere esterne e sul rispetto delle regole da parte degli ospiti.   Due cose più facili a dirsi che a farsi, viste le frontiere che abbiamo.    Per questo, ritengo che solo un’organizzazione europea potrebbe svolgere il compito.    Nessuno stato nazionale ha più la forza per controllare da solo la situazione.

Su quest’ultimo punto c’è un barlume di speranza.   La catastrofe delle politiche messe in atto dagli stati negli ultimi due anni ha finalmente permesso la nascita di un corpo di polizia di frontiera comunitario.   Il primo reparto ha preso servizio pochi giorni fa in Bulgaria.   Vedremo come va e quali stati saranno disposti a collaborare.