mercoledì 18 gennaio 2012

Scienza e resilienza







Tutte le mattine do un'occhiata sul web a quello che c'è di nuovo, e quasi tutte le mattine mi arriva addosso una nuova rivoluzione scientifica da capire e da valutare. Troppo per una testa sola, ma anche affascinante. Tutto quello che leggevo di fantascienza negli anni '60 e '70 si sta avverando, e anche cose che la fantascienza non si immaginava nemmeno.

L'ultima fiammata di innovazione che mi ha steso stamattina, la trovate qui:

http://www.sciencedaily.com/releases/2012/01/120108143559.htm

Leggetelo se avete cinque minuti. Questi sono capaci di usare una "macchina del tempo molecolare" per ricostruire i meccanismi molecolari delle proteine ancestrali e valutare come funzionano. E' veramente una cosa da fantascienza che è rilevante non solo per la biologia molecolare, ma per tantissime altre cose. Conclude il "senior author" Joe Thornton con un'osservazione che mi sembra fondamentale per quelli di noi che si dilettano a studiare i sistemi complessi:

"Non è quello che uno si aspetterebbe, ma è semplice: la complessità è aumentata perché si sono perse - e non guadagnate - delle funzionalità delle proteine. Proprio come nella società la complessità aumenta quando i singoli individui e le istituzioni si dimenticano di come essere dei generalisti e finiscono per dipendere da degli specialisti che hanno delle competenze sempre più ristrette"

Bene, questo non vi fa ricordare una cosa che ha detto Luca Mercalli a "Che tempo che fa"? "Resilienza!" Questa è la cosa che stiamo perdendo con l'aumento della complessità della nostra società. Resilienza è la cosa più importante che dobbiamo ritrovare.




(ringrazio Jules Burn di "The Oil Drum" per la segnalazione)

venerdì 13 gennaio 2012

Il ritorno de "I limiti dello sviluppo"

Di Ugo Bardi


I principali risultati dello scenario "caso base" dello studio "I limiti dello sviluppo", da un recente articolo del New Scientist di Debora McKenzie (disponibile dopo la registrazione)

Il ritorno di interesse per "I limiti dello sviluppo" continua. Dopo decenni di scherno ed insulti, il valore dello studio del 1972 e delle sue rivisitazioni successive viene sempre più riconosciuto. L'ultimo pezzo nella sequenza è l'articolo pubblicato da Debora McKenzie sul New Scientist del 10 gennaio 2012 ed intitolato "Boom and Doom, revisiting prophecies of collapse", ovvero "su e giù: rivendendo le profezie di collasso" (si può leggere sul sito New Scientist dopo la registrazione).

Nel complesso, l'articolo di McKenzie è molto ben fatto e riassume tutti i punti principali della storia: come i Limiti non abbia mai compiuto gli errori di cui è stato accusato di aver commesso, in che modo lo studio sia stato demonizzato, e come i suoi scenari siano ancora pertinenti alla nostra situazione attuale. L'articolo è assai ben documentato e cita il parere della maggior parte dei ricercatori che hanno lavorato alla rivalutazione dello studio e dei suoi metodi, tra cui il mio libro, "The Limits to Growth Revisited".

Un punto che è meno soddisfacente nell’articolo del New Scientist riguarda il rapporto degli scenari dei Limiti con le attuali scoperte della scienza del clima. Si dice che Limiti "sia stato troppo ottimista circa il futuro impatto dell'inquinamento", ma penso che non sia così. Lo studio infatti conteneva almeno uno scenario in cui il collasso economico avveniva a causa del rapido aumento dell'inquinamento. Ma il punto principale è che i Limiti  sia stato forse il primo studio in grado di identificare l’interazione tra l’inquinamento ed il sistema industriale che lo produce. Ciò che, nel 1972, gli autori dei Limiti hanno chiamato "inquinamento persistente" potrebbe oggi essere identificato con l'effetto forzante dei gas serra. Non è possibile, oggi, dire se l'economia crollerà a causa dell’esaurimento delle risorse o a causa del riscaldamento globale, ma che i termini del dilemma siano già stati chiariti nel 1972 va considerata un’intuizione notevole!

L'altro punto che connette "I limiti dello sviluppo" alla climatologia è il trattamento di demonizzazione che lo studio ha ricevuto dopo la sua pubblicazione. Questo punto è ben trattato nell'articolo di McKenzie. La campagna diffamatoria eretta contro Limiti ed i suoi autori è sorprendentemente simile a quella scatenata attualmente contro la scienza del clima e contro gli scienziati del clima. L'unica differenza è che i metodi usati contro la scienza al giorno d'oggi sono molto più aggressivi. Gli autori de "I limiti dello sviluppo” sono stati spesso messi in ridicolo ed insultati; a volte hanno anche ricevuto minacce di morte, ma il livello di abusi che gli scienziati del clima hanno ricevuto negli ultimi tempi è assai più elevato. Ciò avviene, forse, perché le conseguenze del riscaldamento globale sulla nostra società potrebbero essere molto più radicali e temibili di qualsiasi altra cosa che Limiti avesse previsto decenni fa.

Detto questo, è chiaro che possiamo imparare molto dalla storia de I Limiti dello Sviluppo e dalla sua demonizzazione. Purtroppo, una delle cose che impariamo dalla storia è che non impariamo quasi mai dalla storia.


Traduzione dall'originale in inglese di Pandemi-camente.

sabato 7 gennaio 2012

Regolare i conti con la Natura

Guest post di Antonio Turiel (in spagnolo Saldando Cuentas con la Naturaleza).
Traduzione di Massimiliano Rupalti




Immagine dal The Daily Mail: dailymail.co.uk


*A proposito della diffusa leggenda che dice che "il ghiaccio antartico sta aumentando" vedi la nota in fondo a questo articolo.


"Regolando i Conti con la Natura" Di Antonio Turiel



Cari lettori,


un mio collega di laboratorio di tanto in tanto realizza campagne oceanografiche in Antartide. Un paio di anni fa, ebbe l'occasione di trovarsi coi sui vecchi amici in un ambiente che aveva visitato più di venti anni prima. Al ritorno mi ha raccontato molte storie sul suo viaggio, del fatto che avesse rivisto il suo vecchio vascello di ricerca oceanografica, i colleghi che ancora sono imbarcati lì...Poi è diventato pensieroso e mi ha detto: “Sai, la cosa peggiore non è che ogni volta ci sia più mare libero. Vent'anni fa gli iceberg erano bianchi, ora sono azzurri”. Risposi: “Già”, e siamo entrambi rimasti in silenzio. 


Il colore del ghiaccio indica la quantità di aria che si trova intrappolata al suo interno; nella misura in cui il ghiaccio resta intrappolato a maggior profondità ed è sottoposto a maggior pressione, l'aria tende a fuoriuscire ed il ghiaccio diventa sempre più azzurro. Quegli iceberg che aveva visto il mio collega erano di ghiaccio vecchio, probabilmente molto vecchio, ghiaccio che non aveva visto la luce del Sole da molto tempo, probabilmente da secoli. Lavorando in ciò in cui lavoro trovo molto scioccante sentire le urla ostinate del negazionismo climatico, poiché giorno dopo giorno i miei colleghi mi raccontano delle loro campagne di lavoro, o quelle dei loro colleghi, con una copertura pressoché globale. 


Raccontano che i clatrati dei fondali marini in alcune zone stanno evaporando, che le specie di pesci ed insetti tropicali si stanno spostando a latitudini più alte, che nelle specie di pesci presso le quali il sesso viene determinato dalla temperatura si osserva una sproporzione di femmine, che le temperature del Polo Nord e della Groenlandia superano di 8° la media del xx secolo in modo costante, che la maggior parte dei ghiacciai della Groenlandia stanno accelerando la perdita di ghiaccio e il fronte degli stessi retrocede, che la calotta di ghiaccio dell'Artico è sempre più sottile, che si cominciano a vedere terre libere da ghiaccio in Antartide durante l'estate australe... E questo senza tener conto di effetti più sottili come l'aumento dell'evaporazione e del suo possibile collegamento con l'aumento di eventi estremi (precipitazioni più intense in certi luoghi e, paradossalmente, siccità più pronunciate in altri, a seconda dei capricci della circolazione atmosferica generale). Se c'è qualcosa di evidente, questo è che si sta verificando un cambiamento del clima veloce e su larga scala, di una ampiezza maggiore di quello che ci mostrano i registri dell'ultimo milione di anni (escludendo le glaciazioni che sono di segno contrario) e, per quanto insensatamente possano insistere i negazionisti, scollegato dai cicli dell'attività solare.

mercoledì 4 gennaio 2012

Stiamo perdendo la guerra contro il pianeta


Sapevamo che ci eravamo messi in una guerra che non potevamo vincere quando abbiamo affrontato un intero pianeta, ma forse non ci saremmo aspettati che il pianeta avrebbe reagito così violentemente ed in modo tanto efficace. Il 2011 è stato un anno di disastri ambientali in numero ed intensità mai viste prima. E non abbiamo ancora visto niente!

Date uno sguardo alle foto della disfatta del genere umano su thinkprogress ed anche su Desdemona Despair.

(per il link di Desdemona – ringraziamenti a Cristiano Bottone. Traduzione dall'originale in inglese di Alessandro Corradini)

domenica 1 gennaio 2012

Chimica di un Impero: l'ultima Imperatrice Romana

Traduzione a cura di Massimiliano Rupalti dal post su “Cassandra's Legacy” del 22 Dicembre 2011



Galla Placidia  (388-450) è stata l'ultima (e la sola) imperatrice romana d'Occidente. Contemporanea di figure come Sant'Agostino, San Patrizio, Attila l'Unno e, forse, Re Artù, ha avuto la rara opportunità di poter fare qualcosa che i precedenti imperatori romani non hanno mai saputo fare: portarel'Impero alla sua fase finale, che doveva essere, inevitabilmente, la sua scomparsa. Questo medaglione è l'unica immagine ragionevolmente realistica che ci è rimasta di lei. L'iscrizione dice: Domina Nostra, Galla Placidia, Pia, Felix, Augusta.


Mentre stavo preparando questo saggio sull'Imperatrice Galla Placidia, mi sono ritrovato a fare una lezione improvvisata sul tema ai miei studenti di chimica durante l'ultima lezione prima di Natale. In seguito, ho pensato che avrei potuto scrivere il mio saggio nella forma di quella lezione. Quindi, eccolo qua. Questo testo è più esteso in confronto a quello che ho fatto ai miei studenti in quella occasione, ma mantiene ancora la sua essenza. Ho aggiunto solo dei sottotitoli e qualche figura.



Introduzione: chimica di un impero

Non penso che ci sarà una lezione di chimica, oggi. Siamo vicini a Natale, siete troppo pochi e quindi credo sia meglio saltare una lunga e noiosa lezione, la faremo dopo la pausa delle vacanze. Così, potremmo uscire a prendere un caffè ma, forse, potremmo anche usare questo tempo che abbiamo in un altro modo. Sapete, c'è un tema sul quale sto lavorando quando ho del tempo libero: la storia romana. Così, pensavo che, al posto di farvi una lezione di chimica, avrei potuto parlarvi di questo argomento. Vi piacerebbe sentire la storia di una principessa Romana che sposò un re barbaro e divenne l'Imperatrice di Roma?

Ora, vedo dalle vostre facce che – sì, vi piacerebbe proprio sentire questa storia. Ma notate che, probabilmente, questo è un tema che non è tanto lontano dalla chimica come potreste pensare. Sapete, le civiltà possono essere viste come enormi reazioni chimiche e voi sapete che le reazioni chimiche tendono a divampare e poi a scomparire; è ciò che chiamiamo “cinetica chimica”, l'avete già studiata. La stessa cosa avviene per gli imperi; tendono a divampare per poi sparire. Questo è ciò che è accaduto all'Impero Romano, come sapete bene. Quindi, le civiltà e le reazioni chimiche possono essere studiate con metodi simili; è un campo della scienza che va sotto il nome di “dinamica dei sistemi”. In un certo senso, ci sono forze che spingono la gente a fare le cose proprio come ci sono forze che spingono le molecole a reagire. In chimica chiamiamo queste forze “potenziali chimici”, per le persone potremmo usare il termine “destino,” oppure "karma," o qualcosa di simile. Ma probabilmente la differenza non è così grande.

Ma non vi preoccupate delle equazioni. Ho detto che oggi vi avrei raccontato una storia ed è quello che sto per fare. E' la storia di Galla Placidia, nata principessa romana, poi regina dei Goti e infine  imperatrice. E' una grande storia d'amore, sesso e guerra. Quindi, cominciamo!

La caduta di Roma.

Ora, vi chiedo di chiudere gli occhi e di dimenticare per un momento dove vi trovate. Dimenticate che siete in un'aula, dimenticate che siete studenti di chimica, dimenticate di vivere nel ventunesimo secolo. Provate ad immaginare qualcosa che è esistito nel lontano passato: l'antica Roma nei primi anni del quinto secolo della nostra era, 1500 anni fa.