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giovedì 31 ottobre 2019

Il Vero Responsabile


Guest post di Bruno Sebastiani.  

La gran parte degli ambientalisti accusa la rivoluzione industriale e il capitalismo di essere i responsabili del dissesto che sta conducendo verso il baratro la biosfera di questo pianeta.
Questi due sistemi, uno tecnologico e l’altro economico, sarebbero i “super colpevoli” impersonali che, di generazione in generazione, si tramandano la responsabilità della crescente distruzione planetaria.
Calandoci poi nei singoli periodi storici degli ultimi duecento anni, nel corso dei quali è maggiormente esplosa l’aggressività dell’uomo contro la natura, constatiamo che industrialismo e capitalismo si sono impersonificati in singoli personaggi del mondo produttivo, politico e finanziario, via via accusati di essere i responsabili “fisici” della catastrofe.
Da Napoleone Bonaparte a Edison, dai Rothschild ai Krupp, da Benz a Ford, dagli Agnelli a Berlusconi, solo per citare una serie di nomi estratti a casaccio da un elenco di centinaia, migliaia di personaggi che, per un verso o per un altro, avrebbero contribuito allo stravolgimento dell’equilibrio che regolava la vita di tutti gli esseri viventi.
Ora è la volta di Trump e di Bolsonaro.
Il primo è accusato di essere il numero uno di tutti gli imperialisti che negano i danni del cambiamento climatico e dello sfruttamento eccessivo delle risorse.
Il secondo viene ritenuto colpevole di un danno circoscritto ma di estrema gravità: la dissoluzione dell’ultimo polmone verde del pianeta, la foresta amazzonica.
Ma davvero sono costoro i veri responsabili dei guai che stiamo passando noi e tutte le altre specie di piante ed animali?
Relativamente al sistema produttivo – economico che sta divorando le cellule sane del pianeta sarà appena il caso di accennare a alcuni differenti contesti storico-politici che ci inducono quantomeno a dubitare sulla unilateralità delle colpe.
Il comunismo, ad esempio, cercò in tutti i modi di accelerare l’industrializzazione dell’URSS con i famosi piani quinquennali di staliniana memoria e, relativamente ai Paesi aderenti all’ex Patto di Varsavia, sono ben note le tragiche condizioni ecologiche in cui furono lasciati dopo il dissolvimento dell’Impero sovietico (il disastro di Chernobyl ne fu la testimonianza più eclatante);
Inoltre i maggiori inquinatori attuali del pianeta sono i Paesi asiatici, con la Cina in prima fila. Dei dieci fiumi che riversano negli oceani il maggior quantitativo in assoluto di materie plastiche ben otto sono asiatici (e due africani). Anche riguardo al dramma della deforestazione dell’Amazzonia la Cina ha gravi responsabilità: gran parte della soia colà prodotta è infatti destinata ad ingrassare i maiali che si trasformano in cibo sulle tavole dei cinesi.
Quest’ultima annotazione ci introduce all’approfondimento di ciò che sta accadendo nel cuore del Brasile.
Da semplici ricerche in rete apprendiamo che l’opera di deforestazione dell’Amazzonia è iniziata a partire dagli anni Quaranta del Novecento, con il fine dichiarato di avere più terra a disposizione per l’agricoltura, di guadagnare con la vendita del legname e di sfruttare i giacimenti minerari esistenti.
Anche la costruzione di numerose vie di comunicazione per collegare le grandi città ha contribuito all’opera di disboscamento ed ha incoraggiato la costruzione di nuovi villaggi, peggiorando la situazione.
All'inizio del XXI secolo l’opera di deforestazione ha subìto una consistente riduzione, salvo ripartire negli ultimi mesi mediante l’incendio di vaste aree.
Complessivamente in poco meno di un secolo più di un quinto della foresta è stato distrutto.
Tutto ciò, ovviamente, non assolve Bolsonaro per le sue azioni nefaste, ma sta a significare che il problema era preesistente e continuerà ad esistere dopo la dipartita del signor Bolsonaro, ammesso che la biosfera del pianeta sopravviva a tale data.
Sul tema della deforestazione sarà utile fare anche un’altra riflessione.
L’Europa, il continente in cui viviamo, era completamente ricoperto da foreste fin quando “homo sapiens” introdusse l’agricoltura 10-12 mila anni fa, costruì villaggi, città e vie di comunicazione, nonché fece spazio ad ampi pascoli per gli animali destinati a nutrirlo.
Ho già trattato questo tema nell’articolo “La distruzione della natura nell’antichità”, pubblicato su Effetto Cassandra il 13 luglio 2019.
Il “delitto” di Jair Bolsonaro, dunque, è stato già commesso dai nostri padri migliaia di anni fa e, nel nostro piccolo, anche noi continuiamo a commetterlo ogni volta che abbattiamo un albero perché le sue radici sollevano l’asfalto di una strada o perché intralcia il passaggio delle onde della rete 5G.
Chiedere ai brasiliani di non deforestare o ai cinesi di non mangiar carne è come dire: noi abbiamo sfruttato tutte le nostre risorse, ci siamo abbuffati fino ad ora e continuiamo a farlo, ma voi, per cortesia, non fatelo, sennò il clima cambia e la biosfera, noi compresi, muore.
Noi abbiamo sfruttato le vostre risorse anche a casa vostra, con il colonialismo e l’imperialismo ed oggi vorremmo continuare a farlo con il “land grabbing”, ma voi per cortesia rispettate l’ambiente e mangiate poco, altrimenti andiamo incontro al collasso.
Non avvertite l’ipocrisia di un tale ragionamento?
Ma quindi la colpa di tutti i disastri che ci circondano è di Trump, di Bolsonaro e dei loro simili o non siamo piuttosto noi, tutti noi, specie “homo sapiens”, ad essere i veri responsabili di ciò che accade?
E più in particolare. Lo siamo sempre stati o vi fu un momento nella nostra preistoria in cui deviammo dalla strada maestra per imboccare il vicolo cieco e senza ritorno in cui ci troviamo?
Il secondo capitolo del mio libro Il Cancro del Pianeta è titolato: “Il cervello: l’origine di tutti i mali”. In esso ho cercato di argomentare come il nostro encefalo a un certo punto della preistoria abbia iniziato gradualmente ad accrescersi, fino a consentirci di contravvenire alle leggi di natura (alias, a deviare dalla strada maestra).
È lui il vero responsabile, e con esso tutti noi che lo ospitiamo.
Prendersela con Trump e Bolsonaro o contro il capitalismo e l’industrialismo significa individuare falsi bersagli per cercare di sfuggire alle nostre responsabilità di specie.
Io combatto questi cattivi capi di stato, quindi sto dalla parte dei buoni. Purtroppo non è così!
Solo una teoria che dimostri all’essere umano la sua vera natura di cellula maligna di Gaia può renderci consapevoli della nocività di “homo sapiens” in quanto “homo sapiens”.
A tale teoria ho dato il nome di cancrismo. Spero che possa contribuire a risvegliare le coscienze e quantomeno a rallentare la nostra folle corsa verso il baratro.

sabato 3 agosto 2019

È MEGLIO ESSERE NATI O SAREBBE STATO MEGLIO NON ESSERE MAI NATI? Un Post di Bruno Sebastiani



La mia seconda nipotina, Beatrice, compie in questi giorni il suo primo mese di vita. L'altra, Aurora, è nata un mese prima. Nonostante tutto il nostro catastrofismo, la vita continua ed è bene che sia così. Ma, certo, viene da pensare a che razza di mondo questi bambini vedranno da adulti. Nel seguito, Bruno Sebastiani ci ragiona sopra in termini molto filosofici. Ma viene anche da pensare in termini molto concreti a quelli che per puro egoismo e imbecillità stanno facendo di tutto per rendere la vita ancora più difficile ai nostri discendenti. E mi vengono in mente cose che è meglio che non dica qui. (UB)




di Bruno Sebastiani

Alcuni autori, non molti, sostengono che nascere sia un triste evento.
Tra i più espliciti Emil Cioran e David Benatar.
Il primo nel 1973 ha scritto “De l’inconveniént d’être né” (“L’inconveniente di essere nati”).
Il secondo nel 2006 ha scritto “Better Never to Have Been: the Harm of Coming into Existence” (“Meglio non essere mai nati – Il dolore di venire al mondo”).
Emil Cioran ha un suo caratteristico stile aforistico. Non elabora complessi ragionamenti, ma punge l’interesse del lettore con aguzze stilettate. “Noi non corriamo verso la morta, fuggiamo la catastrofe della nascita …” “Mi piacerebbe essere libero, perdutamente libero. Libero come un nato morto.” ecc. ecc.
David Benatar è un filosofo e argomenta ampiamente le sue idee che, in estrema sintesi, ruotano intorno al concetto di bene e male: se non fossimo nati non avremmo sperimentato il male, né rimpiangeremmo di non aver sperimentato il bene, in quanto il non essere non esiste e quindi non possiede né pensiero né autocoscienza.
Pochi altri pensatori, fortemente misantropi e pessimisti, hanno sostenuto tesi analoghe.
Perché occuparsi di loro se, come detto in premessa, rappresentano una sparuta minoranza nel panorama storico – letterario – filosofico mondiale?
Per due motivi.
Innanzitutto perché non è detto che la maggioranza abbia ragione e la minoranza torto. La Verità non è democratica, e neppure la Natura: non chiedono ad alcuno cosa desideri e procedono entrambe per vie estranee alla logica umana.
In secondo luogo, e questa è la motivazione più importante, perché Cioran, Benatar e consimili portano alle estreme conseguenze un tipo di ragionamento che, con una necessaria correzione, potrebbe essere condiviso da una grande platea, assai più ampia di quella che attualmente segue questi “antinatalisti estremi”. E la corretta diffusione di questo messaggio “revisionato” potrebbe essere assai utile al pianeta Terra.
In questo mio articolo cercherò di individuare il lato debole delle idee descritte e la correzione che potrebbe renderle ben più condivisibili.
Il punto è l’autocoscienza.
Solo la meditazione del cervello umano su se medesimo, alias l’autoriflessione, consente a Cioran, Benatar ecc. di pensare al male passato, a quello presente e a quello futuro, inducendoli ad argomentare che, se non fossimo mai nati, non lo avremmo sperimentato in passato e non lo potremmo sperimentare in futuro.
Proviamo ora a considerare come vivremmo la medesima realtà che stiamo vivendo in assenza del pensiero “auto – riflettente”, ovvero come la vivono gli animali, anche i più evoluti, che dalla memorizzazione degli eventi passati non estrapolano pensieri astratti, ma solo esperienze concrete.
Gli animali, ma anche le piante, hanno la vita e la sperimentano senza interrogarsi né sulla sua origine, né sul suo significato, né, soprattutto, sul suo futuro (il dolore e la morte). Non lo fanno perché non possono, non ne hanno le capacità cerebrali.
Vivono e basta, così come Madre Natura vuole. Essi si sono evoluti dalle cellule primordiali ed hanno assunto forme diverse. Hanno conseguito la loro individualità di esseri e di specie relazionando la propria vita con quella degli altri viventi circonvicini. E nel caos della foresta, o della prateria o del deserto, hanno stabilito quell’equilibrio che la selezione naturale e la lotta per la vita hanno consentito loro di raggiungere.
Avrebbero preferito non essere mai nati? Tentano di limitare le nascite con adeguati accorgimenti? Procurano l’aborto per evitare che i loro piccoli vengano al mondo?
Non lo pensano e non lo fanno in quanto ogni loro attività fisica e mentale è guidata solo dall’istinto, ovvero da quel codice di comportamento che milioni e milioni di anni di selezione naturale hanno elaborato ed impresso nell'intimo dei loro organi di comando quali il cervello e il sistema nervoso.
E così è stato per tutti gli esseri viventi sino all’avvento di Homo sapiens e del suo encefalo abnormemente evoluto che ha consentito a questa nuova specie dominante di contravvenire a istinti e leggi di natura, permettendole di pensare se stessa, di avere autocoscienza di sé.
Se Benatar e consimili riflettessero su questa realtà (Cioran è morto nel 1995) comprenderebbero come il male per l’essere umano non è l’essere nato (evento che sfugge al volere di ogni nascituro), ma l’averne coscienza, l’avere un organo di comando che si rifiuta di eseguire gli ordini di Madre Natura e che intende trasformare tutta la biosfera in una realtà artificiale a “misura d’uomo”.
E, a seguire, comprenderebbero come l’evoluzione della mente di Homo sapiens sia stata straordinaria rispetto a quella di ogni altro animale, ma sia ben poca cosa in termini assoluti, ovvero relativamente alla possibilità di rendere permanenti le modifiche introdotte nella biosfera.
Un ulteriore passo avanti e comprenderebbero come quel processo evolutivo di tipo straordinario possa assimilarsi alla mutazione che le cellule sane subiscono quando si trasformano in cellule maligne aggressive e distruttrici dell’organismo che le ospita.
Cioran in realtà questo passo lo fece, nel suo famoso aforisma: “Alberi massacrati. Sorgono case. Facce, facce dappertutto. L’uomo si estende. L’uomo è il cancro della terra”. Ma non andò al di là dell’intuizione. Non reinterpretò tutta la realtà alla luce di questa sua folgorante illuminazione (cosa che molto immodestamente sto cercando di fare io con i miei scritti).
Proviamo allora a pensare come le opere di Cioran e di Benatar avrebbero potuto essere assai più incisive se fossero state titolate “L’inconveniente di essere intelligenti” e “Meglio non essere autocoscienti”, e anziché recriminare l’essere vivi avessero recriminato l’essere dotati di autocoscienza.
Anche tutto l’importante dibattito su natalismo e antinatalismo andrebbe reimpostato in questa ottica, perché è ovvio che il problema della sovrappopolazione nasce dal nostro essere “intelligenti”, o, meglio, dall’aver superato quella soglia di capacità cerebrali oltre la quale abbiamo potuto svincolarci dai limiti imposti dall’istinto.
Potranno queste accresciute capacità cerebrali consentirci ora di invertire la rotta? E come? A quale prezzo?
Temi fondamentali, che richiedono adeguati approfondimenti. Ma ogni analisi più dettagliata dovrà prendere avvio dalla consapevolezza che tutti i problemi attuali discendono da quell’abnorme sviluppo subìto dal nostro cervello, evento parafrasato in tanti miti dell’antichità, dal peccato di Eva ed Adamo ai furti di Prometeo, solo per citarne due tra i più famosi.

mercoledì 11 maggio 2016

Sovrapopolazione? Quale problema di sovrapopopolazione?




Se avete 4 minuti e riuscite a sopportare l'orribile musica di sottofondo, vale la pena di guardarlo fino in fondo. Se è profetico, come io credo che sia, dimostra come il "problema della sovrappopolazione" cesserà di porsi a breve scadenza. (link all'articolo originale)



h/t Luis de Souza