Visualizzazione post con etichetta prezzi del petrolio. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta prezzi del petrolio. Mostra tutti i post

domenica 17 gennaio 2016

Picco del petrolio: è quello vero?

Da “Cassandra's Legacy”. Traduzione di MR



Art Berman riporta nel suo blog gli ultimi dati della IEA. Questi dati rivelano una grande quantità di informazioni su quanto è successo nei mercati petroliferi durante gli ultimi due anni circa. Tutta la cosa sembra essere finita fuori controllo, con tutti che pompano il più possibile, preoccupandosi solo di danneggiare i concorrenti e senza troppa preoccupazione circa il disastro generale causato dalla sovrapproduzione. L'eccesso ha stimolato la domanda, ma solo debolmente. Il risultato è stato il collasso del prezzo del petrolio, che osserviamo ancora oggi.

mercoledì 7 gennaio 2015

L'industria petrolifera del Mare del Nord è “vicina al collasso”

Da “BBC News”. Traduzione di MR (h/t Dario Zampieri)

Di Ben King, giornalista economico, BBC News


L'industria petrolifera del Regno Unito è in “crisi” per la diminuzione dei prezzi, ha detto un leader del settore alla BBC.

Le compagnie petrolifere e i fornitori di servizi stanno tagliando il personale e gli investimenti per risparmiare soldi. Robin Allan, presidente dell'associazione di esploratori Brindex, ha detto alla BBC che l'industria era “vicina al collasso”. Quasi nessun progetto nel Mare del Nord è redditizio con il petrolio al di sotto dei 60 dollari al barile, dichiara.

“Si ritirano tutti” 

“Ciò è già successo in precedenza e l'industria si adatta, ma l'adattamento è quello di tagliare le
persone, tagliare i progetti e ridurre i costi ovunque sia possibile e questo è doloroso per il nostro personale, doloroso per le compagnie e doloroso per il paese. Siamo vicini al collasso. In termini di nuovi investimenti – non ce ne saranno, tutti si stanno ritirando, le persone vengono licenziate dalla maggior parte delle società questa settimana e in quelle a venire. I bilanci per il 2015 vengono tagliati da tutti”. Il signor Allan ha detto che molti dei dei tagli ai posti di lavoro in tutta l'industria non sarebbero stati annunciati pubblicamente. I lavoratori del petrolio lavorano spesso come liberi professionisti e sono più facili da licenziare per i datori di lavoro. Le sue osservazioni fanno eco ai commenti fatti dal veterano del petrolio e consigliere governativo Sir Ian Wood, che la settimana scorsa ha previsto un'ondata di perdite di posti di lavoro nel Mare del Nord nei prossimi 18 mesi.




martedì 2 dicembre 2014

Inversione di tendenza: l'OPEC mostra ai produttori degli Stati Uniti chi è il boss

DaResource insight”. Traduzione di MR

Di Kurt Cobb

Parafrasando Mark Twain: le voci della morte dell'OPEC sono state ampiamente esagerate. La copertura mediatica asfissiante dell'ascesa della produzione petrolifera statunitense negli ultimi anni ha portato alcuni a dichiarare che il potere dell'OPEC nel mercato del petrolio ora stia diventando irrilevante in quanto l'America probabilmente si sta avviando verso l'indipendenza energetica. Questa copertura mediatica, tuttavia, ha oscurato il fatto che quasi tutto l'aumento della produzione è venuto da tight oil ad alto costo trovato in profondi depositi di scisto. L'ipotesi piuttosto stupida è stata che i prezzi del petrolio avrebbero continuato ad aggirarsi al di sopra dei 100 dollari al barile a tempo indeterminato, rendendo l'estrazione di quel tight oil redditizia a tempo indeterminato. Chiunque abbia capito l'economia di questo tipo di produzione e le dinamiche del mercato del petrolio ne aveva una migliore percezione. Ed ora, la narrazione super pubblicizzata dell'autosufficienza petrolifera americana sta per ricevere un duro colpo. Dopo settimane di speculazione sui veri motivi che stanno dietro alla decisione dell'OPEC di mantenere la produzione di fronte al declino della domanda mondiale – che ha portato ad un grande calo dei prezzi del petrolio – il cartello petrolifero ha dichiarato, durante il suo recente incontro, che sta cercando di distruggere la produzione di tight oil statunitense rendendolo non redditizio.

Una delle cose che può fare un cartello – se controlla una fetta sufficiente di mercato – è distruggere la competizione attraverso una guerra dei prezzi. In qualche modo il pubblico e  i decisori politici si sono fissati sulla capacità dell'OPEC di ridurre la produzione in modo da aumentare i prezzi ed ha dimenticato la sua capacità di inondare il mercato mondiale di petrolio, non solo di stabilizzare i prezzi, ma di causarne il crollo. L'industria sostiene che gran parte dei giacimenti di tight oil statunitense siano redditizi al di sotto degli 80 dollari. E i trivellatori dicono che stanno abbassando i costi e che possono sostenere prezzi inferiori. La mossa dell'OPEC ora metterà alla prova queste dichiarazioni. L'attuale riferimento americano dei prezzi di circa 65 dollari al barile suggerisce che l'OPEC ha preso in considerazione i punti di pareggio citati nell'articolo linkato sopra. E' in gran parte l'Arabia Saudita che permette all'OPEC di avere una flessibilità di produzione, visto che il suo regno conserva una significativa capacità di riserva, che si dichara sia fra gli 1,5 e i 2 milioni di barili al giorno (Mb/g). L'OPEC dice, ne suo “World Oil Outlook 2014” che tutta l'OPEC ha circa 4 MB7g di capacità di riserva, anche se un analista di recente a fissato la cifra a 3,3 Mb/g. Qualsiasi sia il numero preciso, in termini pratici l'Arabia Saudita è la Walmart del mercato mondiale del petrolio, capace di condizionare un calo del prezzo girando qualche valvola o non chiudendole di fronte al calo della domanda. In questo caso, il paese non ha chiuso nessuna delle proprie produzioni in risposta all'indebolimento della domanda mondiale. Né lo hanno fatto gli altri membri dell'OPEC. Avendo incrociato braccia sufficienti nel recente incontro dell'OPEC, l'Arabia Saudita l'ha avuta vinta con un impegno dei membri dell'OPEC a mantenere la produzione stabile, mettendo così ulteriore pressione sul prezzo del petrolio sull'onda del calo della domanda. Entrambi i principali contratti future sono scesi del 7% dopo l'annuncio.

L'effetto in Nord Dakota è stato di gran lunga maggiore di quanto l'attuale calo dei prezzi dei future del petrolio indichi. Quello stato, che è al centro del boom del tight oil statunitense, è lontano da raffinerie ed oleodotti. I produttori di petrolio usano trasporti ferroviari costosi per portare il loro petrolio sul mercato. Il risultato è che i produttori del Nord Dakota sono di fronte ad una diminuzione significativa alla bocca di pozzo. In ottobre, la diminuzione media è stata di 15,40 dollari a barile al di sotto del riferimento statunitense dei prezzi dei future del greggio leggero. Se prendiamo quella diminuzione e la applichiamo alla chiusura dello scorso venerdì, ciò implicherebbe che i produttori del Nord Dakota ora ricevono 50,59 dollari a barile – un livello che è improbabile che sia redditizio eccetto che per i pozzi più prolifici. Se i prezzi rimangono bassi, l'OPEC raggiungerà quasi sicuramente il proprio obbiettivo di impedire un investimento significativo in nuova produzione nello stato. Un'altra grande produzione di tight oil si trova in Texas, vicino agli oleodotti e quindi non soggetta a diminuzioni di questa grandezza. Tuttavia, con il petrolio intorno ai 65 dollari al barile, è probabile che la produzione aumenterà pochissimo in Texas nei giacimenti di tight oil, sempre che aumenti. I i depositi che non siano “sweet spots” che vengono attualmente trivellati sono quasi sicuramente antieconomici con dei prezzi del genere. Se un prolungato prezzo basso del petrolio porta a perdite dolorose e permanenti per i possessori di azioni ed obbligazioni dei trivellatori del tight oil – e per quelli investiti direttamente in pozzi veri e propri – ci sarà meno appetito fra gli investitori a gettarsi nella mischia anche quando il prezzo del petrolio recupera. E' esattamente ciò su cui conta l'OPEC. Sa che il flusso libero di contanti (il contante guadagnato da operazioni meno le spese di capitale) dei trivellatori indipendenti è stato fortemente negativo dal 2010. Le trivellazioni forsennate degli ultimi anni sono state finanziate in gran parte da emissione di titoli e debito, piuttosto che dai guadagni dei pozzi precedenti.

Con questi nuovi prezzi bassi del petrolio, è improbabile che molti investitori saranno disposti a mettere più soldi per lavorare nei depositi di tight oil americani. Ciò renderò arduo per i trivellatori finanziare nuove trivellazioni, visto che non hanno contante sufficiente generato dalle attuali operazioni. In aggiunta, coi prezzi del petrolio significativamente bassi, molti trivellatori indipendenti potrebbero avere difficoltà a ripagare i loro debiti, a parte pagare i costi di trivellare un gran numero di nuovi pozzi. E coi tassi di declino annuali della produzione nelle aree di tight oil di circa il 40% - che significa semplicemente che non trivellare per un anno avrebbe come conseguenza un declino del 40% - i trivellatori devono trivellare un gran numero di pozzi solo per compensare i declini di produzione dei pozzi esistenti PRIMA che ottengano nuovi pozzi che si aggiungano realmente al tasso generale di produzione. Un calo significativo del tasso di trivellazioni nei giacimenti di tight oil statunitensi potrebbe in effetti risultare in una produzione complessiva generale più bassa. Prezzi del petrolio più bassi tendono ad aumentare la domanda di petrolio, in quanto le persone si possono permettere più energia a scopo industriale e di consumo. Così, l'OPEC  si aspetta in pieno l'aumento della domanda e quindi l'aumento dei prezzi sul medio termine – ma no, spera, sufficientemente presto da salvare i trivellatori di petrolio. Se le cose restano come sono, prezzi del petrolio bassi tendono ad aumentare l'attività economica e potrebbero aiutare l'Europa e l'Asia ad evitare la recessione abbassandone i costi energetici in modo significativo. Ma le cose potrebbero non rimanere come sono, visto che almeno un analista crede che rotta nei mercati petroliferi potrebbe portare a dei default a cascata che cominciano con i titoli spazzatura del debito dei trivellatori e passano attraverso le banche pesantemente coinvolte nel debito delle compagnie petrolifere. Questo, a sua volta, potrebbe causare un collasso generale delle borse. Così, anziché promuovere la crescita economica, i bassi prezzi del petrolio sarebbero la causa del prossimo crollo in borsa e della prossima recessione mondiale. Una tale recessione farebbe ulteriormente sprofondare i prezzi del petrolio, mettendo un'estrema pressione finanziaria sui membri dell'OPEC meno ben forniti dell'Arabia Saudita. E sconvolgerebbe il programma dell'OPEC per il ritorno a prezzi e profitti più alti – ritardandolo forse per anni. Metterebbe anche un altro chiodo sulla bara della storia dell'indipendenza economica americana – di quelli che persino il sempre ottimista Dipartimento per l'Energia degli Stati Uniti non avrebbe mai pensato coi prezzi alti – spostando molti dei giacimenti di petrolio statunitensi precedentemente ritenuti praticabili nella categoria degli antieconomici.

venerdì 11 aprile 2014

Il picco del petrolio non è morto, puzza così di suo

Questo articolo è dell'anno scorso ed è stato generato dall'annuncio della chiusura di "The Oil Drum", uno dei siti più importanti e conosciuti dedicati al picco del petrolio. Ci sembra il caso di proporlo qui in traduzione dato che è ancora validissimo e spiega molte cose di quello che sta succedendo (U.B.)
 

Da “Smartplanet”. Traduzione di MR

L'analista energetico Chris Nelder risponde agli ultimi commenti infondati sul picco del petrolio



The Oil Drum, un sito Web dedicato alla discussione informata sul picco del petrolio e sull'energia, ha annunciato il 3 luglio 2013 che sta chiudendo. (Per una breve introduzione sul picco del petrolio vedi la mia conversazione con Brad Plumer sul Washington Post). Coloro che odiano la storia del picco del petrolio non si sono preoccupati di nascondere la loro gioia alla notizia. Alcuni hanno persino visto l'occasione per dichiarare la vittoria della loro parte nel 'dibattito' sul futuro dei combustibili fossili. “Potremmo dire 'Ve l'avevamo detto', non come epiteto da campetto scolastico, ma semplicemente come un fatto”, ha trionfato Mark Mills, co-autore di un libricino intitolato Il pozzo senza fondo, che Publishers Weekly ha descritto come “Lungo in retorica Nietzscheana ma breve su alcune specifiche cruciali”.

David Blackmon, un consulente con sede a Houston con una carriera di 33 anni nell'industria del petrolio e del gas che è uno dei 1.300 "collaboratori" redazionali di Forbes’ ha chiamato The Oil Drum “un sito dedicato ad una teoria basata sulla mancanza di immaginazione ed una irrilevanza crescente” nel suo articolo da pallonaro.

L'economista Karl Smith, un altro collaboratore di Forbes, si è fatto beffe della distinzione cruciale fra petrolio greggio e “tutti i liquidi” nella sua confusa insalata di parole, asserendo che “liquidi come il butano, il propano e l'etano sono importanti prodotti del petrolio” senza spiegare perché dovrebbero essere conteggiato come petrolio greggio, quando invece non lo sono.

Imbaldanziti dalla recente esuberanza sul fracking negli Stati Uniti, questi esperti ora dichiarano che la sola cosa che ha raggiunto il picco “è stata la capacità di discutere sul fatto che l'era del petrolio, e degli idrocarburi, fosse finita”.

Non uno di loro ha detto una sola parola sul tasso globale di produzione, che è l'essenza della questione del picco del petrolio. Perché inoltrarsi nei dati quando il mero lancio di fango sugli avversari e proclamare la tua fede funziona?

Un pugno di altri scrittori hanno offerto punti di vista meno ideologici. Matt Yglesias ha confessato di aver “sempre trovato il dibattito sul 'picco del petrolio' un po' confuso” ma ha riconosciuto che c'è stata una profonda rivoluzione dei prezzi: “I bei giorni passati dei combustibili liquidi realmente abbondanti sembrano essere alle nostre spalle”, ha scritto. Noah Smith ha scritto il post più informato del lotto, notando che la transizione al petrolio non convenzionale è una grossa parte del perché i prezzi sono saliti e che “non c'è sostituto all'orizzonte” per il buon vecchio greggio. Ma nemmeno loro hanno menzionato il tasso di produzione di petrolio.

Keith Kloor ha preso in prestito un grafico della EIA della produzione statunitense da un articolo della BBC che ripeteva tutti i punti di discussione preferiti dell'industria su come la nuova tecnologia ha prodotto “una nuova corsa al petrolio”. Apparentemente, né Kloor né l'autore della BBC si sono resi conto che il grafico rappresentava la produzione di “tutti i liquidi” negli Stati Uniti, non solo il petrolio greggio, né si sono disturbati ad esaminare i dati dettagliati della EIA da soli, né hanno cercato di spiegare in che modo questo recente boom della produzione statunitense possa respingere lo spettro di un picco globale. Kloor ha concluso che The Oil Drum stava chiudendo perché “i numeri non sono in vostro favore adesso”. Ma come gli altri, non ha realmente menzionato alcun numero.

In breve, tutti questi autori hanno usato la notizia di The Oil Drum per commentare sul dibattito sul picco del petrolio – le previsioni imprecise, l'atteggiamento demagogico e eccessivamente ottimista e gli insulti, che hanno macchiato entrambe le parti della questione, bisogna dire la verità – ma nessuno di loro ha discusso di picco del petrolio. Non pensavo davvero di dover dire dirlo di nuovo, ma il picco del petrolio è questione di dati, specialmente di dati sul tasso di produzione del petrolio. Se si vuol dichiarare che il picco del petrolio è morto (o vivo), bisogna parlare di dati sui tassi di produzione. Non c'è altro modo per discuterne.

Tanto per la cronaca

Che cosa sta realmente succedendo allora?

Primo, ciò che è successo a The Oil Drum è stata una chiusura volontaria, una diminuzione del traffico di visitatori e un flusso insufficiente di lavoro originale di alta qualità e di collaboratori. E' una sfortuna, perché negli ultimi 8 anni The Oil Drum è stato il sito gratuito migliore sul Web per del buon lavoro rigoroso e per la discussione informata sui dati dell'energia. Ho col sito un grosso debito per l'educazione, i contatti e la visibilità che ho acquisito attraverso di esso.

Ho appreso della sua chiusura lo stesso giorno della morte di Randy Udall. E' stata davvero un giorno triste e buio per i picchisti, uno di quei momenti spartiacque che è sembrato un vero e proprio punto di svolta nella discussione sul picco del petrolio. Usare questa occasione per ballare sulla loro tomba, come hanno fatto alcuni oppositori del picco del petrolio, è stato un colpo basso.

Ma la ragione per cui The Oil Drum era carente di contenuti originali non era che aveva perduto la discussione e non c'era altro da dire. Lungi da questo. Il flusso di contenuti si è semplicemente spostato dove i buoni analisti e scrittori sul tema potessero essere pagati per il proprio lavoro. Questo era inevitabile, perché un modello di pubblicazione che si affida ad un flusso costante di articoli gratuiti la cui redazione richiede giorni, settimane o persino mesi di lavoro duro e altamente qualificato, non era semplicemente sostenibile. Gli scrittori freelance come me sono passati a pubblicazioni che pagano come SmartPlanet dove ci si può guadagnare da vivere. Consulenti e fondi speculativi hanno cominciato a restringere il proprio lavoro ai loro clienti privati ed abbonati, forse con un teaser di materiali gratuito postato nei propri blog e newsletter. Gli investitori e le compagnie di petrolio e gas assumono analisti competenti per fare il loro lavoro in forma privata, dopo aver fatto parte per molti anni  dell'intelligenza collettiva su The Oil Drum (e scambiandola in modo molto redditizio, aggiungerei) gratuitamente. I volontari che hanno dato così tanto tempo al sito in tutti questi anni, hanno scoperto che dovevano spendere le proprie energie altrove. E la gente si è abituata a prezzi più alti, quindi i media hanno smesso di parlare di picco del petrolio, il che ha portato ad un crollo del traffico. Oh, questo è lo show biz.

E' anche vero che molti di noi, avendo fatto la nostra prima esperienza sui dati e la discussione su The Oil Drum, sono passati ad altro. Una volta che si è imparato qualcosa, non c'è bisogno di continuare a reimpararla. Parlando per me, io sono passato a cimentarmi con le soluzione al problema del picco del petrolio: aumenti di efficienza, finanziamento, problemi di policy, paradigmi di trasporto e la transizione alle rinnovabili. Rivisitare semplicemente il problema del picco del petrolio non mi sembrava un buon uso del mio tempo, anche se ho continuato a scriverne come contesto. So che altri ex collaboratori del sito hanno cambiato le loro linee di condotta in modo analogo.

Secondo, la mania del fracking è stata piuttosto ben confinata agli Stati Uniti, perché è lì che si sta manifestando. Uscite dagli Stati Uniti per un po', come ho fatto io quest'anno, e scoprirete rapidamente che la gente è ancora preoccupata dal futuro di petrolio e gas. Probabilmente perché i prezzi del loro petrolio e gas non sono scesi e le loro riserve non sono aumentate. Non ci sono assolutamente prove che il fracking produrrà volumi significanti di petrolio al di fuori degli Stati Uniti in tempi brevi.

Terzo – e so che questo farà male a qualche scrittore là fuori, ma va detto – pochissime persone che hanno scritto del picco del petrolio al di fuori di siti come The Oil Drum, non hanno mai compiuto il duro studio richiesto per comprenderlo realmente. Hanno semplicemente preso una parte, di solito su basi di appartenenza o ideologiche, ed hanno cominciato a difenderla. Molti di loro non hanno un'idea, persino ora, di quale differenza ci sia, diciamo, fra riserve provate e risorse, o cosa sia un rapporto riserve/produzione, o cosa rappresenti realmente una stima P50, o i costi di produzione e il contenuto energetico di liquidi non-greggio. Nemmeno un'idea. Sarei disposto a scommettere che il 95% di loro non ha mai fatto un foglio elettronico dei dati di petrolio e gas e cercato di analizzarlo.

Gran parte di quanto avete letto sul picco del petrolio nella stampa generica è stato scritto da giornalisti generici. E' un tema follemente complicato che richiede davvero migliaia di ore di studio per comprenderlo. Ma gran parte di loro non ha compiuto questo studio e gran parte di quello che scrivono è sbagliato. Di solito si limitano a riscrivere il riassunto di un rapporto tecnico e lungo scritto da qualcuno dell'industria. Non leggono la cosa per intero; non hanno tempo, oppure potrebbero non avere gli strumenti per capirlo. Non fanno analisi originali o controllo dei fatti. E troppo spesso sembrano non capire il contesto dei dati, quindi non ve ne danno. Cosa significano 7, 19 o 91 milioni di barili al giorno per la persona media? Niente. Quindi non ne parlano. Ma possono sicuramente scrivere la centesima variazione di una storia sulla incipiente “indipendenza energetica” degli Stati Uniti e come questo sconvolgerà la geopolitica, bla, bla, bla, mentre giocano coi miti dell'eccezionalità americana, senza capire i dati.

Analogamente, è facile speculare sul fatto che la soluzione du jour, etanolo, biocombustibili dalle alghe, “l'economia dell'idrogeno”, l'energia solare nello spazio, le celle a combustibile, gli idrati di metano e così via – ci salveranno, se non si scava realmente fra i dati. I giornalisti generici amano farlo. Quegli articoli generano un sacco di traffico e nessuno li riterrà mai responsabili per aver scritto di una fantasia popolare.

In realtà, sono generoso qui attribuendo la loro inattenzione al fatto di essere generici in tempi stretti. Dopo un decennio di queste innumerevoli sciocchezze, ho cominciato a sospettare o del disinteresse o della pigrizia, o peggio. Specialmente da parte degli scrittori di scienza ed economia che chiaramente hanno gli strumenti per ricercare e capire i dati. Come Robert Bea, un esperto che ha studiato uno dei più grandi disastri ingegneristici civili della storia recente, ha recentemente osservato, il fallimento di solito è il risultato di tracotanza, miopia e indolenza, non dell'ingegneria. Il nostro fallimento nel preparare per il picco del petrolio non è diverso.

La sola cosa che gran parte degli scrittori sembra aver afferrato è la dura realtà del prezzo. Questo è abbastanza semplice, viene pubblicato tutti i giorni da diverse agenzie. Una rapida ricerca su Google lo troverà. Non richiede alcun studio. Tutti se ne interessano. E' la torta. Quando i prezzi sono alti, come lo sono ora, coloro che capiscono solo il prezzo lo vedono come prova del fatto che la spiegazione del picco del petrolio ha qualche merito. Ma il prezzo è mutevole. Quando i prezzi sono crollati a 30 dollari al barile alla fine del 2008, tutti scrivevano di come questo fosse la prova che la teoria del picco del petrolio fosse sbagliata.

Coloro che capiscono gli aspetti tecnici dei dati sono generalmente all'interno dell'industria del petrolio e del gas. La maggior parte non parla di questo perché i dati raccontano una storia che non vogliono che venga raccontata. Quindi cercano di spostare il focus lontano dai dati verso gli atteggiamenti di chi partecipa al dibattito. O parlano solo dei dati che favoriscono il loro punto di vista, come le risorse tecnicamente recuperabili in aumento e il boom della produzione in Nord Dakota e Texas. Il più delle volte lo stratagemma funziona.

Quindi lo sfiancante “dibattito” sul picco del petrolio va avanti, ripetuto come un teatro Kabuki senza fine di Malthusiani contro Cornucopiani, ignorando i dati a favore di altre mille parole sugli atteggiamenti e le credenze.

E in mezzo, cari lettori, ci siete voi. Presi fra innumerevoli giornalisti imprudenti da un lato e da una propaganda accuratamente costruita da coloro che “promuovono i loro libri” dall'altro. Pagare 4 dollari a gallone per la benzina un giorno, quindi 2 il mese successivo, poi ancora 4 dollari quattro anni dopo. Non sapete il perché, perché la stampa non ve lo spiega mai veramente, l'industria cerca deliberatamente di confondervi e i politici vi dicono qualsiasi cosa pur di prendere il vostro voto.

Tutto ciò che posso dire su questo è: mi dispiace. E' triste. Ho cercato di far emergere i fatti per anni. Non sembra che sia di aiuto.

I dati

Ora parliamo di qualche dato.
Il mondo attualmente produce circa 91 milioni di barili al giorno (mb/d) di 'petrolio', nella definizione della IEA che sta per tutti i liquidi. Negli ultimi due anni, la produzione reale di greggio (che comprende il condensato lease nella definizione della EIA) si è aggira sui 75 mb/g su base annuale, appena poco sopra il plateau di 74 mb/g stabilito nel 2005.

Il momento della verità per il picco del petrolio sarà quando il declino dei vecchi giacimenti alla fine sopravanzerà le aggiunte di nuova produzione e l'offerta globale comincia a scendere verso sud. (Un'alternativa di moda è che raggiungeremo prima il “picco della domanda”, in cui il petrolio sostituito da altri combustibili e la domanda crollano a causa di una maggiore efficienza, ma al momento trovo le prove che questo si avvenuto, o che avverrà, non convincenti).

Quel momento della verità non è ancora arrivato. Il fracking, insieme a tutti gli altri metodi che il mondo sta usando per strizzare un po' più di petrolio dalla Terra, ha a malapena spostato la produzione globale di petrolio. Ecco il grafico:


Grafico: Peak Fish. Dati: EIA

Cosa ci vedete? La fine ignominiosa di una storia senza fantasia perpetrata da cani sciolti con interessi personali che cercano di incrementare i loro profili e vendere qualche libro, o un plateau di produzione che è appena aumentato negli ultimi due anni dopo uno sforzo assolutamente eroico che ha richiesto centinaia di miliardi di dollari di investimento ed una quadruplicazione dei prezzi del petrolio?
Ora guardiamo la produzione non OPEC, senza la produzione americana:


Fonte: Peak Fish

Vedete come la produzione è scesa negli ultimi anni? Ciò accade perché il tasso aggregato di declino di tutti i giacimenti è intorno al 5% all'anno. In altre parole, il mondo perde circa da 3,0 a 3,8 mb/g di produzione ogni anno (a seconda dei numeri che si usano). Gran parte della “ondata di marea di petrolio” di 2 mb/g proveniente dal fracking degli Stati Uniti è stata assorbita dal declino nel resto dei paesi non OPEC, come si può vedere dalla produzione aggregata non OPEC in questo grafico:


Fonte: Peak Fish

La domanda non è “Può il fracking salvare il mondo dal picco del petrolio?” ma “Per quanto tempo l'America può mascherare il declino nel resto del mondo?” La risposta probabilmente è non ancora per molto. Il tasso di crescita della produzione del tight oil si è considerevolmente raffreddato negli ultimi anni e la produzione per pozzo sta crollando. 

Ora, guardiamo la produzione degli Stati Uniti da sola. Ecco il grafico di “tutti i liquidi” che Kloor ha ristampato, presumibilmente senza rendersi conto che non era solo per il petrolio:


Eccezionale, vero? Un enorme inversione di tendenza. Siamo tornati ai livelli del 1985! 
Ora guardiamo il grafico della reale produzione statunitense di greggio e condensato, senza tutti i liquidi del gas naturale, i biocombustibili ed i miglioramenti di raffinazione:


Fonte: EIA

Oh, ma che è successo a quell'enorme picco di produzione che ci aveva riportati ai livelli del 1985?

Ora guardate l'articolo dove ho spiegato la differenza fra quei numeri e perché i numeri di “tutti i liquidi” esagerano l'offerta vera di petrolio degli Stati Uniti di circa un terzo. Credete ancora a Karl Smith, che non ha spiegato di tutto questo e che non ha fornito dati ma ha semplicemente asserito che “ 'liquidi' non è un termine subdolo” e che dovremmo contare ugualmente tutti i liquidi “perché iniziano le Primarie Presidenziali in Iowa”?

Alcuni altri dati sul petrolio statunitense, visto che è stata disseminata così tanta confusione su questo negli ultimi mesi: l'America consuma 19,5 mb/g di petrolio e ne produce 7,4. Su base annuale, per tutto il 2012 è stata la più grande importatrice di petrolio del mondo, ma è stata probabilmente superata da allora dalla Cina su base mensile. Esporta più prodotti raffinati come benzina e diesel di quanti ne importi, ma questo è semplicemente perché ha un complesso di raffinazione molto ampio e una domanda interna in diminuzione, non perché è sulla strada dell'indipendenza energetica. Gli Stati Uniti non saranno mai degli esportatori netti di petrolio, né supereranno l'Arabia Saudita nella produzione di petrolio, a prescindere da quanto potreste aver letto sull'America “Saudita”.

Ora parliamo del prezzo. Dal 2003, chi prevede meglio il riprezzamento globale del petrolio, i picchisti che ipotizzavano un picco record dei prezzi o i Cornucopiani che coerentemente prevedevano che i prezzi del petrolio sarebbero tornati ai livelli storici? La risposta è indiscutibile: i picchisti. 

Per il decennio passato, i Cornucopiani ci hanno raccontato che stava arrivando una nuova abbondanza dal petrolio di alto mare, dalle sabbie bituminose, dal miglioramento del recupero di petrolio, dai biocombustibili e da altre fonti non convenzionali. La produzione globale di petrolio sarebbe aumentata fino a 120 mb/g e i prezzo sarebbero tornati ai 20 o 30 dollari a barile. Quelle storie erano completamente sbagliate. I picchisti lo avevano detto.

Ecco cos'è accaduto: il petrolio è stato riprezzato in risposta alla scarsità. I prezzi a tre cifre sono stati responsabili del nuovo afflusso di produzione non convenzionale. Quella produzione, compreso il fracking per il tight oil negli Stati Uniti, aumenta i prezzi, non li diminuisce. Negli ultimi sei anni, abbiamo raggiunto il prezzo tollerabile dai consumatori e siamo tornati indietro ripetutamente. 

Per un'ultima parte di dati, guardate questa previsione dall'ultimo post che l'ingegnere petrolifero Jean Lahèrrere ha scritto per The Oil Drum:


(Ho usato un altro grafico di Laherrère nel mio post di marzo)*

Laherrère conclude: “Coi pochi dati disponibili oggi, sembra che la produzione di petrolio mondiale (tutti i liquidi) raggiungerà il picco prima del 2020, nei paesi non-OPEC molto presto a in quelli OPEC intorno al 2020. l'OPEC smetterà di esportare petrolio greggio prima del 2050”. 

Guardando da vicino i dati di Laherrère, sembra essenzialmente in linea con la mia visione secondo la quale in altri 18 mesi o giù di lì avremo il segnale che il petrolio dev'essere riprezzato ancora di più per mantenere ancora la produzione. Questo sarà molto difficile da digerire per i consumatori di Stati Uniti ed Europa. Se il riprezzamento porterà più petrolio nel mercato, o ucciderà semplicemente la domanda, rimane da vedere. 

Questo è ciò che i dati – non le credenze o la retorica – mi dicono. 

Qual è la vostra scommessa?

Quindi ecco ciò che sappiamo.
Il petrolio greggio di valore alto – la roba buona con 5,8 BTU per barile che possiamo trasformare in diesel, benzina ed un milione di altre cose – è stato generalmente mantenuto in un plateau produttivo dal 2004. La produzione globale diminuirà quando il declino dei giacimenti vecchi subisserà le nuove aggiunte. Quando, precisamente, questo accadrà, nessuno può dirlo per certo. Ma è quasi sicuramente prima del 2020. 

Gran parte dei liquidi non-greggio non equivalgono al greggio. A parte le sabbie bituminose e il petrolio pesante, questi contengono meno energia e sono di gran lunga meno utili. Alcuni non possono essere trasformati in benzina e diesel. Ma con la produzione regolare di greggio intrappolata a 75 mb/g, questi altri liquidi devono soddisfare tutti i futuri aumenti della domanda di petrolio. Mentre occupano una quota in aumento del mercato dei combustibili liquidi, aumentano gradualmente il prezzo del “petrolio”. Niente di visibile all'orizzonte cambierà questo. 

Alla fine, il prezzo diventerà troppo alto e avremo il “picco della domanda”, bene, ma sarà principalmente a causa del prezzo, non dei guadagni in efficienza e porterà ala contrazione economica, non alla crescita. Quel prezzo lo dovremo alle prospettive sempre più marginali e difficili – quindi care. In quel senso, è un problema dal lato dell'offerta, un concetto che è al centro del picco del petrolio. E' chiaro perché l'argomentazione “picco della domanda” contro “picco dell'offerta” non sia poi così interessante?

Se i consumatori statunitensi sono in grado di tollerare, diciamo, 5-7 dollari a gallone per la benzina nel 2020, allora è possibile che il plateau produttivo si possa estendere un po' di più e mia ipotesi che l'offerta globale comincerà a slittare verso il 2015 potrebbe essere sbagliata. Non sarà sbagliata di molto e nel grande schema di cosa significhi questo per l'economia globale, un anno o tre in più o in meno sono di fatto irrilevanti. Ma anche se mi sbagliassi di sei mesi, potete stare sicuri che i miei detrattori usciranno allo scoperto per dire che ho detto una cavolata e che la produzione sta andando alle stelle.  

Ma la mia scommessa è che i consumatori di Stati Uniti ed Europa non possano tollerare prezzi significativamente più alti. La tolleranza di prezzo è qualcosa di cui i Cornucopiani non parlano mai, quindi non sentirete queste argomentazioni da loro. Se ho ragione su questo punto, allora la produzione avrà un declino quando i prezzi diventano intollerabili. In virtù della sua pressione verso l'alto sul prezzo, la produzione di petrolio non convenzionale contribuisce al picco del petrolio, non lo cura. 

Mi aspetto che la produzione mondiale di petrolio aumenti, debolmente, per altri due anni, più o meno, mentre l'America cade in un sonno più profondo credendo che il fracking abbia curato tutto. I media rinforzeranno quella credenza. E quando arriverà, il campanello d'allarme sarà severo. Nel frattempo aspetteremo la battuta finale.

Quindi, per coloro che possono comprendere i dati, ecco il mio pensiero finale: come prepararsi per La Grande Contrazione? Probabilmente rimangono due anni buoni di business as usual e forse altri tre o quattro ancora prima che le cose diventino davvero difficili. Vi esorto ad usarli bene e fate quello che potete per rendervi resilienti ed autosufficienti. Cosa farete fra 10 anni se il prezzo della benzina è di 10 dollari a gallone?

Sì, dobbiamo parlare seriamente dei nostri valori, speranza, credenze, mitologie e ambizioni; del paradigma atavico della crescita, dell'abisso del debito e della teoria economica in un'era di ritorni marginali decrescenti. Quelle sono tutte discussioni importanti. Ma facciamole dopo aver capito lo stato di fatto dell'energia. Non prima.  

Qualsiasi cosa facciate, non pensate che il picco del petrolio sia morto solo perché qualche tipo che non sa di cosa parla lo ha detto in un post senza dati. Sta arrivando. Più tardi di quanto qualcuno aveva pensato, ma prima di quanto pensiate. 

Foto: Mark Rain (AZRainman/Flickr)

*Correzione del 25 luglio 2013: nella versione originale di questo post, ho detto che il grafico di Laherrère “lascia fuori i volumi del petrolio super pesante che potrebbe materializzarsi o meno dal Venezuela e dal Canada”. Laherrère ha risposto che questo grafico di fatto include i volumi di petrolio pesante. Il testo è stato corretto di conseguenza.