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giovedì 18 giugno 2020

La torre lego: una metafora per l'economia globale


Post di Federico Tabellini

Il grosso mattoncino lego che costituisce la base della torre presenta un dato numero e una data disposizione dei fori (non li abbiamo scelti noi, erano già così nella scatola, e al momento nel negozio di giocattoli non sono disponibili altre confezioni). Ne consegue che i mattoncini più piccoli che vi si andranno ad incastrare sopra, e che costituiranno l’edificio vero e proprio, combaceranno con la base nella misura in cui presentano un numero e una disposizione delle sporgenze compatibili con i fori di quest’ultima.
La stabilità dell’edificio, si dice, è funzione del grado di compatibilità dei mattoncini fra loro. Il mattoncino più importante è ovviamente quello posto più in basso. Qualora si forzasse l’inserimento di un mattoncino che non vi si adatti totalmente, tale forzatura potrebbe danneggiare, col tempo, i fori della base, fino al punto in cui anche i mattoncini che in precedenza vi avrebbero combaciato alla perfezione darebbero alla torre risultati sub-ottimali in termini di stabilità.
Dentro alla scatola un piccolo manualetto (di quelli che nessuno legge mai) riporta alcune definizioni utili al processo di costruzione e manutenzione della torre:
Economia neoclassica: l’idea che i mattoncini nella scatola siano scarsi ma le possibilità infinite.
Green economy: l’idea che fra le possibilità infinite dell’economia neoclassica vi sia quella di rendere infinitamente utilizzabili i mattoncini scarsi.
Consumismo: l’idea che i mattoncini siano infiniti e possano quindi essere sprecati. Paradossalmente, alla sua base vi è la convinzione che i mattoncini nella scatola siano scarsi ma le possibilità infinite.
Modernità: l’epoca storica in cui la torre raggiunse la sua altezza massima e si diffuse l’idea che in futuro potesse essere ancora più alta, e che l’altezza della torre fosse un bene a prescindere da qualsiasi altra considerazione.
Post-modernità: l’epoca storica in cui si iniziò a dedicare gran parte del tempo e dell’energia alla decorazione della torre, poiché la sua stabilità venne data erroneamente per scontata. Molti iniziarono a costruirsi una piccola torre personale, altri rimpiansero un’epoca senza torri. Le certezze si sgretolarono e tutti i mattoncini sembrarono divenire indistinguibili. Perciò iniziò la personalizzazione dei mattoncini e ognuno volle avere il suo pezzo unico.
Decrescita: l’idea che la torre non sia stabile perché troppo alta. La proposta di una nuova equazione: stabilità come funzione della compatibilità fra i mattoncini e del contenimento dell’altezza della torre.

Buen vivir: l'idea che una torre più bassa non sia necessariamente una torre peggiore.
Resilienza: la capacità dei fori della base di ritornare alla condizione originale a seguito dell’inserimento forzato di un mattoncino poco compatibile. Pare che questa capacità non sia inesauribile.
Politica contemporanea: l’idea che la torre debba crescere in altezza perché tutti possano godere di un bel panorama contrapposta all’idea che la torre debba crescere in altezza perché alcuni possano godere di un panorama meraviglioso.
Terzo mondo: il luogo dove sono stati prodotti molti dei mattoncini della torre.
Primo mondo: il luogo dove la torre ha raggiunto la sua altezza massima.
Società, definizione 1: la torre.
Società, definizione 2: l’insieme delle idee e delle pratiche, individuali e collettive, attraverso le quali sono svolte (tra le altre) le seguenti funzioni: costruire la torre; conservare la torre; vivere nella torre; coordinare i vari piani della torre.
Ecosistema: la base della torre.
Nell’ultima pagina del manuale una nota di avvertimento:
“Attenzione a non danneggiare eccessivamente la base: la sua riparazione richiede numerose tonnellate di polvere stellare, qualche miliardo di anni e una discreta dose di fortuna."

sabato 16 giugno 2018

La Seconda Legge della Termodinamica – la voragine in mezzo all’economia circolare


Di Paul Mobbs, pubblicato originariamente sul sito Free Range Activisim
 Da “Resilience”. Traduzione di MR


Perché l’ultimo tormentone della sostenibilità consumistica non solo non affronta il cuore del problema, ma è destinato a fallire.


Nota di Ugo Bardi - L'autore di questo testo, Paul Mobbs, fa alcune considerazioni corrette ma, nel complesso, non ha capito gran che proprio dell'argomento principale di cui parla. Purtroppo, vale una legge generale in questo campo "quelli che non capiscono la termodinamica sono condannati a produrre entropia inutilmente." Tuttavia, vale la pena di leggerlo perché è vero che molti di quelli che parlano a sproposito di economia circolare hanno capito ancora meno di lui. 
 

Questa mattina, ascoltando Radio 4, ho ascoltato le due parole chiave giustapposte che ho imparato a temere negli ultimi due anni; “economia circolare”. E’ un’idea fantastica e non posso criticare la vera convinzione di chi la promuove. Il mio problema è che il modo in cui descrivono ha poco a che fare con la realtà fisica del mondo, pertanto si tratta semplicemente di un jolly per “uscire gratuitamente dall’inferno” per consumatori ricchi – che sono, a quanto sembra, coloro che sostengono più a gran voce questa idea.

Come succede spesso nelle eco-storie atte a farti sentire bene, l’intervistatore del programma di oggi [1] era tutto leggero ed arioso; e ovviamente in imbarazzo perché non aveva la sicurezza di sé per porre una qualsiasi domanda fondamentale e scomoda all’intervistato.

Il segmento stava esaminando la nuova ricerca [2] dell’Università di Portsmouth. Hanno scoperto un enzima mutante da batteri che hanno scoperto vivere fra la plastica nei centri di riciclaggio. Come tutti gli enzimi [3] – come le cose che vengono aggiunte al detersivo di modo che possiate pulie i vestiti senza bollirli – queste molecole complesse accelerano le reazioni chimiche agendo sui legami chimici che tengono insieme le cose. In questo caso, l’enzima spezza i legami della molecole di polietilene teraftalato [4] (PET).

Idea splendida. E, se si dimostra essere ecologicamente sicura, eccellente chimica. Non è questo il problema qui.


Entriamo nella “economia circolare”
Lo scienziato quindi descrive il valore di questo enzima come parte dell‘economia circolare’ [5] – un concetto proposto negli anni 80, e reso popolare in anni recenti da organizzazioni come la Ellen MacArthur Foundation [6], per passare da un processo economico lineare ad uno circolare:

  • Economia ‘lineare’‘ – significa che i materiali vengono creati, usati e smaltiti come rifiuti, richiedendo che vengano impiegate nuove risorse per sostituirli, che è il modo in cui funziona il cuore dell’economia oggi; 
  • Economia ‘circolare‘ – significa che tutti i materiali ed i prodotti vengono fatti e venduti di modo che il loro contenuto possa essere completamente riciclato ed usato in nuovi prodotti di nuovo, ovviando alla necessità di produrre nuove risorse per sostituirli.

E’ una buona idea. Un’idea che sosterrei con tutto il cuore, se non fosse per un piccolo intoppo tecnico che percepisco in questo concetto; le Leggi della termodinamica [7] – e in particolare la mia preferita, la Seconda Legge della Termodinamica [8].

Le Leggi della Termodinamica sono nate in parallelo con l’industrializzazione, essendo state inizialmente usate per descrivere il funzionamento dei motori a vapore. Col tempo, la scienza ha perfezionato i principi di queste ‘leggi’ ed ora le ritiene universali.

La Seconda Legge ha a che fare con le reazioni irreversibili – cioè, operazioni che una volta intraprese non possono essere annullate.

Ciò che l’idea di ‘economia circolare’ proporrebbe in relazione alle bottiglia di plastica in PET è: prendi un po’ di gas naturale (sì, al contrario dell’idea che la plastica provenga dal petrolio, gran parte delle plastiche provengono da sottoprodotti leggeri della raffinazione del petrolio, ma più che altro gas naturale e condensato) e trasformalo in plastica PET; poi facci una bottiglia di plastica con una macchina modellatrice; usa la bottiglia; poi ricicla la bottiglia e continua a riciclarla dopo ogni uso – ovviando alla necessità di usare altro gas naturale per creare plastica. Di conseguenza, l’uso della bottiglia diviene ‘circolare’.

Perfetto, non è così?


Le restrizioni termodinamiche alla speranza umana

Naturalmente, c’è sempre un enorme “ma” in situazioni come questa.

In questo caso, l’uso della plastica rappresenta una reazione ‘reversibile’ – puoi fare plastica e poi riciclarla per fare altra plastica. Risolto!

L’energia spesa per farlo, tuttavia, non è un processo irreversibile [9]. Non può essere recuperata. La Seconda Legge impone che l’energia può essere usata, ma nel processo la ‘qualità’ (leggi ‘utilità’, o ‘densità’, o ‘valore’) di quell’energia viene degradata e, una volta degradata, quella ‘qualità’ non può essere recuperata senza usare anche più energia di quella che è stata spesa quando è stata usata l’energia per la prima volta.

Per esempio, l’acqua che scorre a valle può far girare una turbina e produrre elettricità; ma ci vuole più elettricità di quella che è stata generata per riportare di nuovo lo stesso volume di acqua indietro verso la cima della collina.

Ora, a questo punto i fautori dell’economia circolare parleranno di energia rinnovabile, evitando quindi il problema delle risorse finite che vengono usate per alimentare il processo. E’ vero, fino a un certo punto. E quel punto è, i sistemi di energia rinnovabile di cosa sono fatti? Risorse finite.


I limiti dell’energia rinnovabile

Solo perché l’energia rinnovabile è ‘rinnovabile’ non significa che le macchine che ci servono per raccoglierla siano esenti dai limiti finiti delle risorse terrestri [10].

Ci sono grandi progetti per alimentare il mondo usando energia rinnovabile. La difficoltà è che nessuno si è scomodato a verificare per vedere se le risorse per produrre quell’energia siano disponibili. Una ricerca recente suggerisce che le risorse necessarie per produrre quel livello di capacità attualmente non possono essere fornite [11].

Il punto di crisi è che mentre potrebbero esserci indio, gallio, neodimio ed altri metalli rari a sufficienza per costruire turbine eoliche o pannelli FV per il mezzo miliardo (più o meno) di consumatori ricchi ( che sono le persone che con più probabilità staranno leggendo questo articolo), non ce ne sono a sufficienza per dare a tutti lo stesso livello di consumo energetico – le avremmo finite molto prima.

Per esempio, il primo metallo che gli esseri umani hanno fuso [12] circa 9.000 anni fa, è stato il rame. Da allora il rame è stato un eccellente indicatore dello sviluppo umano, col consumo che aumenta in linea con lo sviluppo umano. Un motivo di questo è che man mano che l’uso industriale è crollato (per esempio sostituendo tubi di rame con la plastica) abbiamo usato più rame per nuove tecnologie (per esempio l’elettronica – circa il 14% [13] del peso di un telefono cellulare è rame).

Il rame ha anche uno dei migliori e più collaudati sistemi di riciclaggio, ma nonostante questo è stato stimato che solo metà di tutto il rame viene riusato [14].

Il problema è che, a causa del suo lungo ed intensivo uso globale, ci stiamo avvicinando al ‘picco del rame’ [15] – il punto in cui la quantità di rame rimasta nel sottosuolo e, cosa più importante, il crollo della qualità del suo minerale, riduce la quantità che può essere prodotta annualmente. E, cosa ancora più significativa, l’impatto ecologico [16] del crollo della qualità del minerale di rame è che l’energia consumata e i gas serra emessi dalla sua produzione aumentano esponenzialmente.

Ora naturalmente usiamo il rame in modo più efficiente. E dovessimo esserne a corto, l’aumento dei prezzi aumenteranno i tassi di riciclo – anche se questo aumenterà anche i furti [17] di rame nella società. La difficoltà è che, appena la settimana scorsa [18], l’industria del rame ha annunciato di essere preoccupata per la produzione dopo il 2020.

La strategia è importante, ma il cambiamento ‘reale’ è cruciale


OK, torniamo all’economia ‘circolare’.

Ciò che realmente importa qui non è tanto il materiale usato nella produzione, ma la densità energetica della produzione. La densità energetica non è solo una questione di quanta energia serve per produrre un articolo, ma quanto dura quell’articolo. Questo a sua volta condiziona il ‘ritorno’ dell’energia investita nella sua produzione – o EROEI [19].

Diciamo che una bottiglia di plastica impiega se settimane per essere fatta, riempita, comprata, consumata, raccolta e riprocessata fino ad essere rifatta. E’ buono, perché riciclare la plastica può rappresentare un risparmio di più del 50% [20] sull’energia usata per produrla in confronto ai materiali vergini.

Ciò che determina la sostenibilità a lungo termine di questo però non è solo il risparmio una tantum, ma la percentuale che può essere fattibilmente risanata e riusata.

Ipotizziamo che, nel migliore dei casi, possiamo recuperare il 60% del contenuto della bottiglia sul ciclo di sei settimane. Dopo un ciclo, sei settimane, ci rimane il 60% del materiale. Dopo due cicli, 12 settimane, ci rimane il 60% x 60% = 36%. Dopo tre cicli c’è il 60% x 36% = 22%. Dopo quattro cicli il 13%, eccetera.

Alla fine di un anno (o 8 o 9 cicli), ci rimarrebbe solo l1% della plastica.

La reazione ovvia è, “be’, ricicliamo di più”. Il problema è che raggiungere un tasso di recupero alto richiede in realtà la spesa di più energia, riducendo l’energia risparmiata – e man mano che ci si avvicina al 100%, la quantità richiesta è probabile che superi l’energia necessaria per produrre nuova plastica da materie prime.

Per esempio, riciclare in aree urbane densamente popolate è facile, perché la gestione dei rifiuti è una parte essenziale della capacità di gestire un’area urbana. Ma nelle aree rurali e nei paesi meno densamente popolati? A che punto l’energia spesa per far andare un veicolo di raccolta supera l’energia risparmiata col recupero dei materiali? (risposta – dipende completamente dalle circostanze locali, quindi deve essere valutata come parte del processo di pianificazione, piuttosto che generalizzata in anticipo).

“E’ il consumo, stupido!”

E’ la stessa cosa per il problema del crollo del minerale di rame. Più la tua fonte è diffusa, più energia devi spendere per recuperarla. Ottenere la plastica facile, diciamo la prima metà, sarà facile. Ottenere il successivo 20% potrebbe costare lo stesso sforzo. Il 10% successivo il doppio. A l’ultimo 20%. Potrebbe non produrre alcun risparmio.

Alternativamente, potremmo estendere la vita della bottiglia – riempiendola anziché riciclandola. Ciò avrebbe un effetto significativo, ma anche così, ad ogni ciclo di riempimento, un certo numero di bottiglie verrebbero scartate.

Però non ignorate questa opzione. Si può dire che, al posto di aumentare i tassi di riciclo, estendere la vita di servizio delle risorse probabilmente ha il profilo energetico migliore – visto che riduce non solo la necessità di rifabbricare le risorse, ma anche la necessità di riciclarle/sostituirle. Il problema è che spesso il riuso richiede un cambiamento di gran lunga più grande e la cooperazione dei consumatori – esattamente la cosa che una economia ‘liberale’ odia fare perché comporta l’imposizione di azioni al consumatore.


Dimenticate la linea di Bill Clinton sulla ‘economia’; "E’ il consumo, stupido!"
Cosa ancora più importante, in tutto questo processo, viene spesa energia [21]; e l’energia è la cosa che non possiamo recuperare. Pertanto, dobbiamo evitare di rifabbricare o recuperare, per prima cosa. La difficoltà è che nessuno vuole sostenere questo – combinando riuso multiplo, riciclo intensivo E tempo di servizio più lungo – in quanto questo significa l’eliminazione effettiva di consumismo, moda, ‘innovazione’ e molte delle altre caratteristiche totemiche [22] della moderna economia consumistica materialista.

Quindi, ancora una volta, dato che una grande quantità della ricchezza mondiale deriva dallo sfruttamento delle risorse, qualsiasi cambiamento di questo schema è probabile che abbia implicazioni enormi per l’economia quotidiana [23] sulla quale si basano la maggior parte dei ricchi consumatori per consumare.


La ‘economia circolare’ deve accettare la realtà termodinamica

Arthur Eddington [24] era uno scienziato (e quacchero) che ha fatto progredire la fisica e l’astrofisica nei primi decenni del XX secolo, ed ha reso popolari le teorie di Albert Einstein – contro il pregiudizio anti tedesco ed anti ebraico dell’establishment scientifico.

In relazione alla Seconda Legge della Termodinamica, Eddington ha prodotto una famosa affermazione:

Se qualcuno ti fa notare che la tua teoria preferita dell’universo è in disaccordo con le equazioni di Maxwell – allora tanto peggio per le equazioni di Maxwell. Se si scopre che sono contraddette dalle osservazioni – be’, questi sperimentatori pasticciano un po’ con le cose a volte. Ma se si scopre che la tua teoria è contro la seconda Legge della Termodinamica, non posso darti alcuna speranza; per lei non rimane altro che crollare nella più profonda umiliazione.

La ‘economia circolare’ è, secondo me, uno stratagemma per far percepire ai consumatori ricchi che possono continuare a consumare senza la necessità di cambiare le loro abitudini. Non c’è niente di più lontano [25] dalla realtà e la ragione principale di questo è la necessità di energia per alimentare l’attività economica [26].

Mentre il concetto di ‘economia circolare’ ha certamente le idee giuste, essa si sottrae agli aspetti più importanti della nostra crisi ecologica di oggi [27] – è il consumo il problema, non il semplice uso di risorse. Anche se il principio potrebbe essere fatto funzionare per una percentuale relativamente piccola [28] della popolazione umana, non potrebbe mai essere una soluzione mainstream per tutto il mondo a causa della sua dipendenza da tecnologie di energia rinnovabile per farla funzionare – e delle schiaccianti limitazioni nel raccogliere energia rinnovabile.

Per riconciliare l’economia circolare con la Seconda legge dobbiamo applicare non solo cambiamenti al modo in cui usiamo i materiali, ma al modo in cui li consumiamo. Inoltre, ciò implica una tale riduzione dell’uso di risorse [29] da parte dei consumatori più ricchi e sviluppati, che l’immagine dell’economia circolare proposta dai suoi fautori, non corrisponde alla realtà [30] di farla funzionare per la maggioranza della popolazione mondiale.

In assenza di una proposta che soddisfi le limitazioni globali all’energia ed alle risorse [30] sul sistema umano, compresi i limiti alla produzione di energia rinnovabile, l’attuale rappresentazione della ‘economia circolare’ non è un’opzione praticabile. Praticamente quindi, non è altro che un balsamo per la coscienza dei consumatori ricchi che, nel profondo, sono abbastanza consapevoli da rendersi conto che la loro vita di lussi presto sarà finita, man mano che le crisi collegate ecologica ed economica [31] morderanno sempre più in alto nella scala del reddito.


Riferimenti:
  1. BBC Radio 4: ‘Today’, 17 april 2018 – https://www.bbc.co.uk/programmes/b006qj9z
  2. Guardian Online: ‘Scientists accidentally creat https://www.bbc.co.uk/programmes/b006qj9z e mutant enzyme that eats plastic bottles’, 16th April 2018 – https://www.theguardian.com/environment/2018/apr/16/scientists-accidentally-create-mutant-enzyme-that-eats-plastic-bottles
  3. Wikipedia: ‘Enzima’ - https://it.wikipedia.org/wiki/Enzima
  4. Wikipedia: ‘Polietilene teraftalato – https://it.wikipedia.org/wiki/Polietilene_tereftalato
  5. Wikipedia: ‘Circular economy’ – https://it.wikipedia.org/wiki/Economia_circolare
  6. Wikipedia: ‘Ellen MacArthur Foundation’ – https://it.wikipedia.org/wiki/Ellen_MacArthur_Foundation
  7. Wikipedia: ‘Laws of thermodynamics’ – https://en.wikipedia.org/wiki/Laws_of_thermodynamics
  8. Wikipedia: ‘Second law of thermodynamics’ – https://it.wikipedia.org/wiki/Secondo_principio_della_termodinamica
  9. Wikipedia: ‘Processo irreversibile’ – https://en.wikipedia.org/wiki/Irreversible_process
  10. BioScience: ‘Limiti energetici alla crescita economica’, vol.61 no.1, gennaio 2011 – http://www.fraw.org.uk/library/pages/brown2011.shtml
  11. EU Joint Research Committee: ‘Metalli cruciali nelle tecnologie energetiche strategiche – valutare i metalli rari man mano che la filiera di fornitura si restringe nelle tecnologie energetiche a basso tenore di carbonio’, 2011– http://www.oakdenehollins.com/pdf/CriticalMetalsinSET.pdf
  12. Wikipedia: ‘Età del rame’ – https://it.wikipedia.org/wiki/Et%C3%A0_del_rame
  13. U.S. Geological Survey: ‘Cellulari riciclati – uno scrigno di metalli preziosi, luglio 2006 – https://pubs.usgs.gov/fs/2006/3097/fs2006-3097.pdf
  14. Environmental Science and Technology: ‘Analisi dinamica dei flussi globali di rame, Glöser et al., vol.47 no.12 pp.6564-6572, maggio 2013 – https://pubs.acs.org/doi/full/10.1021/es400069b
  15. Wikipedia: ‘Picco del rame’ – https://en.wikipedia.org/wiki/Peak_copper
  16. Resource Policy: ‘La sostenibilità ambientale delle miniere in Australia: macrotendenza chiave e limiti incombenti’, Gavin M. Mudd, vol.35 no.2 pp.98-115, giugno 2010 – http://www.fraw.org.uk/library/pages/mudd2010.shtml
  17. Wikipedia: ‘Furti di metalli’ – https://en.wikipedia.org/wiki/Metal_theft
  18. Mining: ‘Crisi della fornitura di rame prima del previsto – esperti’ 10 aprile 2018 – http://www.mining.com/copper-supply-crunch-earlier-predicted-experts/
  19. Wikipedia: ‘Energy returned on energy invested’ – https://it.wikipedia.org/wiki/Ritorno_energetico_sull%27investimento_energetico
  20. Ecological Modelling: ‘Analisi delle impronte energetiche associate al riciclo di vetro e plastica – casi studio per l’ecologia industriale’, vol.174 no.1-2 pp.175-189, maggio 2004 – https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0304380004000067
  21. Sustainability: ‘Energia, crescita economica e sostenibilità ambientale: cinque proposte’, vol.2 pp.1784-1809, 18 giugno 2010 – http://www.mdpi.com/2071-1050/2/6/1784/pdf
  22. Nature: ‘Tempo di lasciarsi indietro il PIL’, vol.505 pp.283-285, 16 gennaio 2014 – http://www.nature.com/polopoly_fs/1.14499!/menu/main/topColumns/topLeftColumn/pdf/505283a.pdf
  23. International Journal of Transdisciplinary Research: ‘La necessità di nuovo paradigma basato sulla biofisica in economia per la seconda metà dell’era del petrolio’, vol.1 no.1 pp.4-22, 2006 – http://www.fraw.org.uk/library/pages/hallklitgaard2006.shtml
  24. Wikipedia: ‘Arthur Eddington’ – https://it.wikipedia.org/wiki/Arthur_Eddington
  25. Journal of Cleaner Production: ‘Perché siamo drogati di crescita? La strada difficle verso la decrescita nel percorso involutivo dello sviluppo occidentale’, vol.18 no.6 pp.590-595, aprile 2010 – https://degrowth.org/wp-content/uploads/2011/05/Van-Griethuysen-why-are-we-growth-addicted.pdf
  26. The Australian National University : ‘Il ruolo dell’energia nella crescita economica’, Centre for Climate Economics & Policy, ottobre 2010 – http://www.fraw.org.uk/library/pages/stern2010.shtml
  27. PNAS: ‘Tracciare il superamento ecologico dell’economia umana’, vol.99 no.14 pp.9266-9271, 9 luglio 2002 – http://www.fraw.org.uk/library/pages/wackernagel2002.shtml
  28. The Corner House: ‘Sicurezza energetica: per chi? Per cosa?’, febbraio 2012 – http://www.fraw.org.uk/library/pages/cornerhouse2012.shtml
  29. Paul Mobbs/MEI: ‘L’energia al di là del petrolio – potreste tagliare il vostro uso di energia del 60%?’, giugno 2005 – http://www.fraw.org.uk/mei/energy_beyond_oil_book.shtml
  30. Ecological Economics: ‘Decrescita e fornitura di denaro in un mondo con scarsità di energia’, vol.84 pp.187-193, 28 marzo 2011 – http://www.fraw.org.uk/library/pages/douthwaite2011.shtml
  31. Proceedings of the Royal Society B: ‘Un collasso della civiltà globale può essere evitato?’, vol.280 no.1754, 7 marzo 2013 – http://www.fraw.org.uk/library/pages/ehrlich2013.shtml
  32. Melbourne Sustainable Society Institute: ‘Il collasso globale è imminente?: Un confronto aggiornato dei Limiti della Crescita coi dati storici’, Research Paper No.4, agosto 2014 – http://www.fraw.org.uk/library/pages/turner2014.shtml

martedì 1 luglio 2014

Un petro-capital-tecno-consumista impenitente



Di Silvano Molfese


In un incontro pubblico ho affermato di ritrovarmi con quattro macchine fotografiche, di cui due sono a pellicola. Non dissi però che desidererei una digitale compatta con tele-zoom ottico più potente: aspetto nuovi sviluppi tecnologici ed economici (prezzo più basso). Sono consapevole che l’utilità ricavata da un’altra fotocamera non sarebbe poi granché, eppure la fissazione per questo nuovo acquisto rimane.

Come spiegare il comportamento degli individui nell’odierna società? Serge Latouche usa il termine di megamacchina tecno-economica; Luigi Sertorio parla di era tecnologica per definire l’interazione tra tecnologia ed economia .
Semplicità e sintesi sono i pregi di queste definizioni; tuttavia, secondo me, i predetti termini non mettono bene in evidenza gli elementi basilari che, fino a qualche anno fa, hanno reso vincente la complessa organizzazione della società petro-capital-tecno-consumista globale.

Nella definizione di società ho inserito il petrolio (l’ energia), il capitalismo (l’organizzazione produttiva), la tecnologia ed il consumismo. Uso la definizione petro-capital-tecno-consumista mettendo al primo posto il petrolio, dato che l’energia è la risorsa base per eccellenza. Gli altri termini della definizione si possono spostare a piacimento. Questo parolone è anche cacofonico: a mio avviso riflette le disarmonie della nostra società. 

Il petrolio è un concentrato di energia che si trasporta in modo abbastanza sicuro ed agevole rispetto al metano, per esempio; anche più semplice da usare nei motori, rispetto ai combustibili solidi. Un kg di petrolio ha un contenuto energetico corrispondente a ben più di quattro kg di legna da ardere, stagionata per un anno! E’ grazie al petrolio che possiamo sfrecciare per ore sulle autostrade, abbattere grossi alberi in pochi minuti con poca fatica ecc. .




Il petrolio, in questa definizione, và inteso anche come energia facile; negli USA, agli inizi del secolo scorso, la resa energetica (EROI acronimo di: Energy Return on Energy Invested) variava da cinquanta a cento: considerando un valore intermedio, significa che con un barile di petrolio se ne estraevano settantacinque e quindi, al netto, rimaneva l’energia di ben settantaquattro barili. (Bardi, 2011)

A livello mondiale le rese energetiche stanno scendendo verso valori sempre più vicini a dieci e, di questo passo, non potranno che continuare a scendere. Se poi consideriamo il petrolio di scisto l’EROI medio è inferiore a tre; in pratica l’energia netta ricavabile dallo scisto è a malapena di 1,8 barili contro i settantaquattro dell’ iniziale avventura petrolifera americana! (Zencey, 2013)
Con l’energia facile è stato possibile estrarre i più disparati minerali in maggiori quantità e più rapidamente. Rimangono i giacimenti minerari meno ricchi: l’estrazione mineraria sarà sempre più costosa anche per oggettive scarsità, come argomenta in questa nota Bardi: http://ugobardi.blogspot.it/2014/02/la-questione-minerale-come-energia-e.html.

Il Capitalismo è l’organizzazione economico-produttiva che si è andata perfezionando nel tempo, ricevendo un forte impulso dall’energia facile: il petrolio. Il capitalismo è molto apprezzato nel mondo intero perché capace di riprodurre velocemente uno stesso oggetto in milioni di esemplari identici. Nonostante ciò questo sistema produttivo è intrinsecamente debole: la caduta del saggio medio di profitto, individuata da Marx e da Engels, è sotto i nostri occhi. Gli effetti per la società sono disastrosi anche sotto il profilo sociale.

Questa organizzazione produttiva immagina ancora il mondo come illimitato: ai tempi di Adam Smith la Terra, in rapporto alla potenza fisica disponibile ed alla popolazione vivente, era vista come sconfinata. Oggi con oltre sette miliardi di persone e circa un miliardo di veicoli circolanti le ineludibili leggi della Natura e la finitezza della Terra, volenti o nolenti, frenano sempre più questo meccanismo di produzione.

La tecnologia è quella splendida cosa che ci consente di aprire il cancello del cortile con il telecomando rimanendo in auto; di volare intorno al mondo (petrolio permettendo) a velocità elevatissima; di parlare e vedersi con persone che si trovano all’altro capo del globo; di disporre delle tante e tanto sofisticate armi di distruzione di massa.Sono guai seri quando la strumentazione tecnica, per qualche motivo, smette di funzionare: se succede all’improvviso le reazioni possono essere le più disparate: panico, rabbia, disperazione, ecc. .

Il consumismo. E’ necessario comprare tanti oggetti: dalle bottiglie di plastica ai veicoli che, dopo un uso più o meno prolungato, devono essere tutti buttati via per essere sostituiti da altri pubblicizzati come migliori. Con la televisione il condizionamento pubblicitario inizia fin dalla più tenera età. Il consumismo ha profonde radici culturali che vengono alimentate da un martellante bombardamento pubblicitario: in tal modo si accrescono i bisogni superflui in modo massiccio e capillare tanto da arrivare alla soddisfazione spirituale e individuale nel consumo. (Assadourian, 2010. Se ai potenti condizionamenti culturali aggiungiamo anche l’evoluzione del nostro cervello, legata alla manualità, si capisce che siamo rimasti intrappolati nella gabbia di ferro del consumismo. (Jakson, 2008). Sicchè, appagati da tanti oggetti e narcotizzati dal consenso normativo (*), divoriamo il mondo come un barattolo di marmellata.


Ovviamente tutta questa goduria ha il rovescio della medaglia: stiamo distruggendo milioni di ettari di foreste vergini, ricopriamo gli oceani di plastica, i suoli di catrame e cemento, scarichiamo milioni di tonnellate di CO2 in atmosfera accelerando il cambiamento climatico e completiamo l’opera appestando acqua, aria e terreno con tante altre sostanze tossiche: in pratica la biosfera di tutto il pianeta Terra!

E’ necessario prendere atto dei limiti del nostro pianeta e della grave situazione ambientale e climatica in particolare. Solo se le persone prenderanno coscienza di tutto ciò, a cominciare dai paesi sovrasviluppati, sarà possibile cambiare il sistema economico e ridurre drasticamente i consumi superflui.

(*) Il consenso normativo.

“Il contadino sa che l'inquinamento uccide il proprio sostentamento. Il consumatore non sa cosa succede inquinando perché è inconsapevole, getta via cose che non conosce. Allora compare la necessità di un consenso normativo. Una certa cosa inquina non perché lo si sa, ma perché la normativa accettata lo dice. E come si accetta la normativa? Si interpella lo scienziato.
Lo scienziato A dice che il fumo, i mangimi, le radiazioni elettromagnetiche ecc. fanno male. Immediatamente compare lo scienziato B, il quale dice che la correlazione non è rigorosamente dimostrata. Il duetto avviene sempre, dovunque, ogni volta che si discute una norma. Cioè la conoscenza è sottratta all'uomo e ridotta a normativa accettabile.” (Sertorio, 2002)
Bibliografia


Assadourian E., 2010 – Ascesa e declino delle culture del consumo. State of the World 2010. Edizioni Ambiente, 47-74
Bardi U., 2011 – La Terra svuotata. Editori Riuniti, 195
Jackson T., 2008 – La sfida del vivere sostenibile. State of the World 2008. Edizioni Ambiente , 127-156
Sertorio L. , 2002 – Storia dell’abbondanza. Bollati Boringhieri, 154-155
Zencey E., 2013 – L’energia, la risorsa sovrana. State of the World 2013. Edizioni Ambiente 109-119

Valori energetici del grafico:
Per la legna ho considerato il valore dei tondelli interi aventi il 35% di acqua:  Correale Santacroce F. , 1998 – La produzione della legna da ardere per uso famigliare in certi casi conviene - Vita in Campagna,  2, 60-62. 
Manuale dell’agronomo, REDA, V edizione, 1980, pag. 2338  (per il carbone ho utilizzato il dato relativo all’ antracite)