lunedì 30 gennaio 2017

La fallacia di Tiffany: la torta dei minerali si sta rimpicciolendo e gran parte di quello che ne rimane non ce lo possiamo permettere

Da “Cassandra's Legacy”. Traduzione di MR


Audrey Hepburn nel film del 1961 “Colazione da Tiffany”. Dal titolo del film, prendo il concetto di “Fallacia di Tiffany”: non è sufficiente vedere i gioielli dall'altra parte della vetrina per averli. Devi pagarli. La stessa cosa vale per le risorse minerarie. Potrebbero esserci un sacco di di riserve petrolifere sulla carta, ma se le vuoi devi pagare per la loro estrazione. Quello che segue è un estratto leggermente modificato dal libro “L'effetto Seneca”.


Nei dibattiti che hanno a che fare con l'energia ed i combustibili fossili, è piuttosto comune leggere o sentire affermazioni come “il petrolio durerà 50 anni all'attuale tasso di produzione”. Si può sentire anche che “abbiamo ancora mille anni di carbone” (Donald Trump ha affermato esattamente questo durante la campagna presidenziale statunitense del 2016). Quando queste affermazioni vengono fatte ad una conferenza, a volte si può percepire il sospiro di sollievo del pubblico; più vengono pronunciate, più l'oratore sembra essere sicuro di sé. Questa reazione è comprensibile se la valutazione di una lunga durata dei combustibili fossili corrispondesse a quello che ci possiamo aspettare per il futuro. Ma possiamo davvero aspettarcelo?


L'essenza della propaganda, come è risaputo, non è tanto dire bugie, ma presentare un solo aspetto della verità. Questo vale anche per il dibattito sull'esaurimento. Dire che una certa risorsa durerà per decenni, secoli o di più non è una bugia, ma non è neanche la verità. Questi numeri sono basati su un solo aspetto del problema e su ipotesi fortemente semplificate. E' il concetto di “rapporto riserve/produzione” (R/P), un numero che dà una durata in anni della risorsa, supponendo che la quantità di riserve sia conosciuta e che l'estrazione continuerà ai tassi attuali. Normalmente, i risultati di queste stime hanno un'area di comfort intorno. Secondo il rapporto BP del 2016, il rapporto globale R/P del petrolio greggio calcolato sulle “riserve provate” era intorno ai 50 anni, quello per il gas naturale circa lo stesso, mentre per il carbone si è trovato un rapporto R/P nell'ordine del migliaio di anni o forse di più.

La maggior parte delle persone da questi dati comprendono che non c'è niente di cui preoccuparsi per il petrolio per almeno 50 anni e, per quel momento, sarà il problema di qualcun altro. E, se abbiamo davvero 1000 anni di carbone, allora di cosa stiamo parlando? Aggiungete a ciò il fatto che il rapporto R/P è aumentato negli anni e capirete le ragioni per una affermazione famosa di Peter Odell, che ha detto nel 2001 che stiamo “nuotando nel petrolio” piuttosto che “finirlo”. In questa visione, estrarre una risorsa minerale è un po' come mangiare una torta. Finché rimane un po' di torta, non c'è niente di cui preoccuparsi. In realtà, il particolare tipo di torta rappresentata dal petrolio ha la caratteristica che diventa più grande man mano che la si mangia.

Se vi suona troppo bello, avete ragione. Questa visione ottimistica che vede le risorse minerali come una torta è anche la mette anche fermamente in una posizione irraggiungibile. Tanto per sollevare una domanda fastidiosa, lasciate che citi un rapporto apparso nel 2016 su Bloomberg (non proprio un covo di Cassandre), intitolato “Scoperte petrolifere al minimo in 70 anni”.


I dati mostrano che la quantità di petrolio scoperto durante gli ultimi decenni è ben al di sotto della quantità che è stata prodotta, una valutazione che non è stata cambiata da alcune scoperte recenti molto pubblicizzate ed eccessivamente enfatizzate. Lo stesso problema si sta manifestando per le risorse minerarie in generale. I rapporti R/P continuano a produrre dei valori rassicuranti: decenni di disponibilità, quantomeno. Ma il numero di scoperte continua a diminuire, ben al di sotto del tasso di sostituzione che sarebbe necessario per mantenere la produzione in corso. (Grafico sotto: cortesia di André Diederen).



Quindi, cosa sta succedendo alle risorse minerali? Come può essere che ci dovrebbero essere 50 anni di petrolio e non riusciamo a trovarlo? E' un complotto delle società petrolifere per mantenere i prezzi del petrolio alti? Una bufala dei Verdi diffusa per far votare la gente per loro? Un tentativo di una cricca di scienziati malvagi che puntano ad ottenere fondi di ricerca per i loro studi sull'esaurimento? Se è vera una di queste ipotesi, la coalizione di questi grandi poteri sembra essere stata particolarmente inetta, perché negli ultimi anni abbiamo visto il collasso dei prezzi del petrolio. Ma il mondo del petrolio greggio è particolarmente adatto alle teorie del complotto, compresa quella che vede il petrolio come “abiotico” e che si forma in continuazione in quantità enormi nelle profondità della Terra – un “fatto” che tutti conoscerebbero se non fosse per il complotto delle società petrolifere, dei Verdi, degli scienziati, ecc. Si tratta solo di una delle tante leggende che infestano internet. L'ennesima espressione del nostro approccio teleologico ai problemi che consiste nel trovare agenti umani maligni per spiegarli.

Ma non c'è alcuna cricca, nessuna bufala, nessun complotto nelle stime di petrolio e di altre risorse minerali. Il problema è che usare i dati del rapporto R/P per valutare il futuro delle risorse minerali è fortemente fuorviante, a dir poco, e che potrebbe portare facilmente le persone a percezioni infondate di abbondanza. E' una cosa che definisco “La fallacia di Tiffany”. Probabilmente ricordate il film del 1961 “Colazione da Tiffany”, col personaggio interpretato da Audrey Hepburn che fa colazione mentre guarda i gioielli in mostra nelle vetrine di Tiffany. Non c'è dubbio che ci sia tanto d'oro dall'altra parte del vetro, ma sarebbe un errore ipotizzare di essere ricchi solo per questo. Per ottenere quell'oro si deve pagare (o usare metodi pericolosi e rischiosi). E' questo il problema delle stime delle “riserve” delle industrie. Queste riserve ci sono, probabilmente, ma ci vogliono soldi (e tanti) per trovarle, estrarle e lavorarle. E non è solo questione di soldi, ci vogliono risorse materiali per estrarre minerali: trivelle, camion, piattaforme e ogni sorta di equipaggiamento, compreso il trasporto e, naturalmente, persone in grado di usare tutto questo. Non si tratta di cose che possono essere semplicemente stampate o ottenute con trucchi magici finanziari come il “quantitative easing” (alleggerimento quantitativo).

Queste considerazioni sono valide per tutte le risorse minerali, non solo per il petrolio greggio. Non sono per niente come una torta, si può mangiare finché ce n'è un po'. Sono più simili ai gioielli di Tiffany che si possono ottenere se si hanno i soldi per pagarli. E il prezzo di ogni bene è direttamente collegato al suo costo. Servono soldi per produrre qualsiasi cosa e niente viene prodotto se questo non dà indietro un profitto quando viene venduto nel mercato. Potreste decidere che non vi servono i gioielli d'oro che vedete al di là del vetro della vetrina di Tiffany, quindi non li dovete comprare. Ma il sistema industriale mondiale non può sopravvivere senza l'afflusso costante di beni minerali che lo fanno funzionare. Deve pagare quei beni, ed è questo il problema.

I costi di estrazione continuano ad aumentare perché, naturalmente, estraiamo prima le risorse più economiche. Ad un certo punto, potremmo scoprire che non possiamo più permetterci di pagare quei costi. E quando una cosa costa più di quanto vi potete permettere, potreste tranquillamente dire che “è finita”, a prescindere da quello che leggete in termini di riserve che potrebbero esserci da qualche parte sottoterra. La torta dei minerali si sta rimpicciolendo e gran parte di quello che ne rimane non ce lo possiamo permettere.