venerdì 29 novembre 2013

I Limiti della Natura

Da “Cassandra's Legacy”. Traduzione di MR

Guest Post di Graeme Maxton

Non possiamo gestire i limiti della natura perché sono limiti.

Vogliamo vivere in un mondo senza limiti. Come corridori su lunga distanza o piloti di automobili, la razza umana cerca sempre di superare i limiti, di ottenere di più. Nel momento in cui otteniamo delle conquiste, è facile pensare che viviamo già in un mondo simile.

Anche così, c'è una velocità massima alla quale possiamo correre, persino se dopati. C'è una velocità massima alla quale le automobili possono andare, prima di iniziare a volare. Noi non capiamo dove si trovano questi limiti, semplicemente perché non li abbiamo ancora raggiunti. Un giorno li raggiungeremo, comunque, e allora capiremo che non possiamo superarli.

Quando parliamo di oceani sconfinati, orizzonti senza fine e di infinite possibilità, è una cosa meramente poetica. Gli oceani e l'orizzonte non sono affatto senza limiti. Il loro confine è il pianeta. Mentre le possibilità possono essere tante, non sono mai infinite. Persino il nostro universo ha dei limiti. Ciò che sta nella nostra testa ha a sua volta dei limiti. La nostra immaginazione è limitata da qualsiasi cosa comprendiamo attualmente. E' impossibile concepire qualsiasi cosa in più.

Quando raggiungiamo i limiti naturali, anche le migliori tecnologie non possono superarli. Pensiamo che possano essere superati solo perché ne abbiamo incontrati tanti finora e perché i limiti che abbiamo infranto finora erano creati dall'uomo o non erano affatto dei limiti.

Alcuni dei limiti della natura sono conosciuti. La luce non può viaggiare a più di 300.000 km/s nello spazio. Niente può essere più freddo di -273°C. Il ghiaccio non può essere riscaldato oltre gli 0°C nel caso di una pressione normale. Questo è il limite della sua propria esistenza in forma di ghiaccio.

Se ci pensate, tutto è definito dai limiti propri – persino gli elementi creati dall'uomo. Una casa è delimitata dalle mura e da un tetto, i limiti della sua presenza fisica. Bottiglie, serbatoi di combustibile e scafi delle navi sono progettati per limitare l'influenza di qualsiasi cosa si trovi all'esterno. La dimensione della nostra società, dai tempi preistorici ad oggi, è limitata dalle regole che imponiamo.

Queste, tuttavia, non sono limiti naturali, ma artificiali.

La differenza fra i limiti creati dall'uomo e quelli naturali è che essi si possono cambiare. Possono essere superati. Possiamo abbattere muri e rompere le bottiglie che abbiamo costruito. Possiamo cambiare le leggi.

I nostri avanzamenti tecnologici supportano l'idea che possiamo dominare ciò che si trova intorno a noi, che possiamo spingere in avanti anche i limiti della natura. Possiamo prendere energia dal vento, modificare i contenuti delle cellule e dividere gli atomi. Ma questa comprensione del mondo e la nostra capacità di manipolarlo ci ha anche resi sciocchi.

Sciocchi, perché le nostre scoperte sono davvero piuttosto modeste. Quando prendiamo energia dal vento, catturiamo semplicemente ciò che è già lì. Quando cambiamo i contenuti delle cellule, stiamo solo copiando la natura. E quando dividiamo l'atomo, stiamo in realtà solo guardando dentro.

Quando si tratta di mondo naturale, c'è davvero tanto che non comprendiamo. Non conosciamo i limiti della consapevolezza, o persino che cosa sia. Non abbiamo esplorato gran parte degli oceani, la parte più ampia del pianeta. Non sappiamo nemmeno di quale sostanza o forza è costituito l'80% dell'universo e lo abbiamo scoperto solo di recente.

Continuiamo anche a cambiare le nostre idee. Le nostre teorie sull'origine della vita e la nascita dell'universo sono cambiate completamente negli ultimi 150 anni. Nonostante questo, ora pensiamo di avere tutte le risposte, o almeno quelle più importanti.

Questo potrebbe essere naturale, ovviamente. Siamo ambiziosi e capiamo già i limiti di gran parte delle strutture che usiamo ogni giorno, perché le abbiamo fatte noi. Sappiamo quando è probabile che le cose vadano male.

In natura, tuttavia, i segnali di avvertimento appaiono spesso solo quando il cambiamento è inevitabile. Quando si forma un tifone, non c'è nulla che chiunque possa fare per fermare il processo, o cambiare il suo percorso. Possiamo solo aspettare e vedere quale danno scatena. Analogamente, le calotte glaciali dell'Artico che si fondono, i ghiacciai che si ritirano e l'aumento dei livelli del mare non sono segnali di avvertimento, segni del fatto che dobbiamo cambiare. Sono l'inizio di una trasformazione di cui saremo testimoni.

I Cambiamenti che abbiamo scatenato sono già inarrestabili, sicuramente in qualsiasi quadro temporale che siamo in grado di capire. Gli effetti del nostro pompaggio di grandi quantità di carbonio nell'atmosfera sono diventati visibili nel giro di un secolo, un lampo di tempo terrestre. Ci vorranno molte centinaia di anni prima che i suoi effetti siano passati.

La natura è facilmente il sistema più complicato che conosciamo. Non possiamo sopravvivere senza di essa. Non ci sono altri posti, a quello che sappiamo finora, dove l'acidità degli oceani e i gas nell'atmosfera sono esattamente creature come noi richiedono. Sappiamo anche che l'aumento della temperatura media di anche solo pochi gradi cambierà tutto questo.

Abbiamo messo in moto un processo. Ora dobbiamo fare qualsiasi cosa possiamo per fermare quel processo e in fretta.


Graeme Maxton è un Membro del Club di Roma

domenica 24 novembre 2013

Esaurimento dei minerali. A che punto siamo?

Da “Cassandra's Legacy”. Traduzione di MR

Questa è una versione scritta della conferenza che ho tenuto a Stoccarda il 12 novembre al “Congresso per l'Efficienza delle Risorse e l'Economia Circolare”. Non è una trascrizione del mio discorso, ma una versione scritta a memoria che conserva il succo di ciò che ho detto. 


Signore e signori, prima di tutto vorrei ringraziare gli organizzatori di questo incontro perché è un piacere e un onore essere qui oggi. E' un piacere soprattutto vedere che il governo locale di Baden-Wurttemberg sta prendendo sul serio il problema dell'esaurimento dei minerali e delle sue conseguenze ambientali e che si faccia un lavoro di così alta qualità su questo tema. 

Detto questo, ho 20 minuti per raccontarvi a che punto siamo in termini di tendenze minerarie mondiali. Come potete immaginare, non è un compito facile. L'industria mineraria mondiale è una macchina gigantesca che estrae ogni tipo di minerale e lavora miliardi di tonnellate di materiali. Se guardiamo i dati del Servizio Geologico degli Stati Uniti (USGS) troviamo un elenco di circa 90 beni minerali, ma ogni bene comprende diversi tipi degli stessi composti o collegati. Così, è una storia davvero complicata da raccontare. 

Ciononostante, io e 16 altre persone ci siamo organizzati per cercare per analizzare la situazione con un libro che abbiamo intitolato “Il pianeta saccheggiato”. E' uno studio sponsorizzato dal Club di Roma. Di fatto è il 33° rapporto al Club. Ecco la copertina del libro che abbiamo pubblicato su questo tema:


Naturalmente, questo studio non potrebbe essere un'indagine completa di ciò che è stato fatto e si fa nell'industria mineraria mondiale, altrimenti avremmo dovuto mettere insieme un'enciclopedia di 24 volumi o più. Ma penso che almeno siamo stati capaci di cogliere le tendenze principali e qui posso riassumerne per voi i principali risultati.

Quindi, a che punto siamo in termini minerari? O, ponendoci la domanda in modo esplicito, stiamo per finire qualcosa? E  se sì, quando?

A questo punto, la risposta tipica che potete trovare sul Web o in gran parte degli studi sul tema è un elenco delle riserve disponibili di questo o quel minerale. Permettetemi di raccontarvi che una volta che entrate in questo tipo di valutazione, entrate in un vero e proprio campo minato. Il concetto di “riserva” è una bestia curiosa, una specie di camaleonte che cambia colore a seconda di dove si trova. Le riserve sono, per definizione, depositi minerari che possono essere estratte, ma ciò che sarà realmente estratto dipende da ciò di cui hai bisogno e da ciò che ti puoi permettere. Come potete immaginare, questi concetti variano molto coi capricci dell'economia. Quindi, se volete valutare per quanto tempo verranno estratte certe risorse minerali ad un costo ragionevole – cioè la cosa che ci interessa – be', è un'altra storia. Prevedere la produzione sulla base delle riserve disponibili è un'attività incline agli errori, anche grandi.

Lasciate quindi che assuma un punto di vista diverso della situazione. Non vi elencherò riserve, qui, ma vi mostrerò principalmente i dati storici della produzione e le tendenze dei prezzi. Da questo, vedremo se possiamo dire qualcosa sul futuro.

Prima di tutto, a che punto siamo in termini di produzione mineraria complessiva? Lasciate che vi mostri i più recenti dati disponibili, del USGS.

(Rogich, D.G. e Matos, G.R., 2008, The global flows of metals and minerals: U.S. Geological Survey Open-File Report 2008–1355, 11 p., disponibile solo online http://pubs.usgs.gov/of/2008/1355/.

Questa immagine proviene da un saggio del 2008 aggiornato al 2005. Da allora, le tendenze non sono cambiate molto. Come vedete, stiamo ancora crescendo in termini di quantità totale prodotta. Abbiamo spostato miliardi di tonnellate di materiali durante l'ultimo secolo e continuiamo a farlo. In particolare i materiali da costruzione, per esempio il cemento, continuano a crescere: è una tendenza quasi esponenziale che non mostra segni di diminuzione. Ma non possiamo vivere di cemento soaltanto e penso che voi siate più interessati alle tendenze relative ai combustibili fossili – di sicuro cruciali non solo per l'economia, ma per la nostra sopravvivenza fisica. Lasciate quindi che vi mostri qualche dato.

E' chiaro che non sembra che stiamo per finire i combustibili fossili, almeno finché misuriamo la produzione in termini di tonnellaggio (Mtoe sta per “milioni di tonnellate di petrolio equivalente). Ma notate alcune tendenze: il gas naturale e, specialmente, il carbone, stanno crescendo rapidamente – questo non è una cosa buona, specialmente per il carbone, perché le emissioni di gas serra del carbone sono le più alte fra i tre relativamente alla stessa quantità di energia prodotta. Anche il gas naturale, che a volte viene propagandato come combustibile “pulito” (o persino “verde”), emette a sua volta gas serra e il problema delle perdite di metano durante l'estrazione potrebbe renderlo inquinante quanto il carbone.

Notate anche che la produzione di petrolio greggio è rimasta sostanzialmente stabile negli ultimi 7-8 anni. Ciò è importante perché il petrolio greggio è un bene cruciale per il nostro sistema di trasporti e il fatto che esso non sia cresciuto ci dice qualcosa. Avrete sicuramente sentito parlare della storia del “nuovo petrolio” e di come le tecnologie abbiano rivoluzionato la produzione di petrolio portandoci ad una nuova era di abbondanza. Be', da questi dati sembra che, al massimo, queste nuove tecnologie siano state capaci di evitare il declino, non di più. Una ragione è perché queste tecnologie sono state usate solo negli Stati Uniti. Forse si diffonderanno. Ma ma è anche vero che dopo il grande boom del “fracking” degli anni passati, ci sono già segni di un declino imminente negli Stati Uniti. E' un fatto, in ogni caso, che più rapidamente lo estraiamo, più rapidamente lo finiamo.

Ci sono ulteriori problemi che queste cifre aggregate nascondono. Uno è che dovremmo considerare non solo il petrolio totale prodotto, ma il petrolio prodotto per persona. Eccolo in un grafico, per gentile concessione di Jean Laherrere.



Qui vedete che se consideriamo l'aumento di popolazione, la reale disponibilità di petrolio greggio per persona è stato in declino dopo un picco raggiunto nei primi anni 70. Era il tempo della grande crisi petrolifera che, apparentemente, non è mai realmente finita.

E dovreste anche considerare che in Europa siamo tutti consumatori di petrolio non produttori, quindi quello che ci interessa non è tanto quanto petrolio viene prodotto in totale, ma quanto petrolio possiamo importare dai paesi produttori. Ciò dipende, naturalmente dal loro consumo interno. Ecco, potrei mostrarvi alcuni dati che indicano che diversi produttori hanno grandi problemi col proprio consumo interno e questo rende difficile per loro non solo aumentare le proprie esportazioni di petrolio, ma persino di esportare petrolio. Ma lasciate che non entri nei dettagli.

Questi dati vi mostrano che non stiamo finendo i combustibili fossili, per niente, ma anche che le cose non sono così semplici. Quello che sta accadendo è che l'industria ha bisogno di usare tecnologie sempre più costose per produrre petrolio solo per evitare un declino della produzione E se stiamo spendendo di più per produrre più petrolio, questo significa che i prezzi devono aumentare. Naturalmente, nessuno venderebbe mai petrolio in perdita. Quindi, ecco i dati del “Brent”, uno degli standard industriali del petrolio.

Immagine di Ugo Bardi da dati EIA

Potete vedere chiaramente una tendenza al rialzo. Non si tratta di speculazione. E' diffile pensare che qualcuno possa speculare su un mercato di diversi trilioni di dollari all'anno ma, anche se fosse, la speculazione di solito ha vita breve. Qui c'è una tendenza all'aumento del prezzo che è iniziata col passaggio del secolo ed è ancora in corso.

Possiamo giustificare questi prezzi considerando i dati reali su quanto costi estrarre petrolio. Questa è una valutazione difficile, naturalmente, ma sembra che il petrolio più costoso sul mercato, il cosiddetto “barile marginale”, non costi meno di circa 80 dollari. E' così costoso perché proviene da giacimenti remoti, richiede perforazioni profonde, è un petrolio ad alta viscosità, contaminato e tutta una serie di fattori che contribuiscono ai suoi alti costi. Questi costi possono essere misurati in termini di energia necessaria a estrarre, purificare, raffinare, ecc. Potete stampare quanti soldi volete, ma questo non vi aiuterà a tirar su il petrolio da sotto terra. Per farlo, avete bisogno di energia.

E per cortesia notate un altro punto importante. I prezzi del petrolio (ed i suoi costi), al momento non comprendo i costi dell'inquinamento. Quando comprate benzina per la vostra auto, non pagate per i costi del riscaldamento globale. E non devo dirvi che, come stiamo scoprendo in questo momento, dopo la tragedia delle Filippine, che questi costi sono molto alti e che qualcuno deve pagarli – prima o poi. Per risistemare il casino che noi stessi abbiamo fatto, ci serve energia.

Ora, c'è una conclusione interessante qui. Ed è che se vogliamo mantenere l produzione a questi livelli, dobbiamo accettare questi prezzi. I prezzi sono un indicatore che dice che l'energia e le risorse materiali devono essere canalizzate all'industria del petrolio per metterla in grado di mantenere la produzione ai livelli attuali. Se vogliamo ridurre i prezzi, allora dobbiamo accettare una riduzione di produzione. E se vedremo una riduzione di produzione in un prossimo futuro (che sembra essere la tendenza recente) vedremo scendere anche la produzione. E' questa la situazione: di sicuro non una di abbondanza anche se, come ho detto, non stiamo finendo il petrolio.

Ci sarebbe molto altro da dire sui combustibili fossili, ovviamente, ma lasciate che mi fermi qui. Come ho detto, la mia idea era quella di darvi qualche idea generale di quale sia la prestazione dell'industria mineraria mondiale, quindi lasciate che vi faccia un altro esempio: il rame. Ecco le tendenze produttive.

Ora, il rame è un altro bene cruciale per l'industria mondiale e penso che questa immagine fornisca un po' di cibo per la mente per noi tutti. Vedete che la produzione sta crescendo – anche qui possiamo dire che non stiamo finendo niente. Ma la crescita sta rallentando. La produzione di rame non sta seguendo la crescita esponenziale che ha seguito nei primi tempi. Cosa sta succedendo? Diamo un'occhiata alla tendenza dei prezzi.


Come vedete, i prezzi del rame hanno seguito lo stesso schema che abbiamo visto per il petrolio greggio. E questo non sorprende: per estrarre rame, serve petrolio. E' una regola generale secondo la quale per estrarre qualsiasi cosa – persino il petrolio – serve energia in una forma o nell'altra. E noto che l'industria estrattiva è una vorace consumatrice di petrolio. Le stime del quantitativo sono variabili, ma possiamo dire che forse circa il 10% dell'energia primaria totale prodotta nel mondo viene usata per l'estrazione di minerali. Di questa energia, una grande percentuale (circa il 35% secondo alcune stime) è sotto forma di carburante diesel per i macchinari di estrazione, per bolldozer e cose simili. Non stupisce quindi che un aumento dei prezzi del petrolio abbia causato un aumento dei prezzi di gran parte dei minerali. 

C'è anche un altro problema ed è che non solo l'energia necessaria per estrarre il rame è più cara, è anche sta diventando sempre più caro estrarre il rame perché sta aumentando la quantità di energia che serve per farlo. E' un vero problema: per ogni minerale, vengono estratti i materiali con la densità più alta. Ma, quando finiscono quelli ad alta densità bisogna passare a quelli a bassa densità e lavorare i materiali con minore densità è più costoso. Questo è l'effetto principale dell'esaurimento. Come ho detto, non stiamo finendo i minerali, ma possiamo dire che stiamo finendo i minerali a basso costo. 

Ora, potrei raccontarvi molto di più, ma lasciatemi dire che ci sono ancora dei minerali che mostra una salutare tendenza alla crescita. Uno è l'alluminio, per esempio. Ciò è dovuto al fatto che i bacini di materiali ad alta densità di alluminio sono ancora abbondanti e che anche che l'estrazione di alluminio richiede molta energia elettrica e che l'energia elettrica viene spesso generata con rinnovabili, idroelettrico per esempio. L'alluminio quindi non è soggetto allo stesso problema del rame e di altri metalli.

Quindi la produzione di alcuni beni sta ancora aumentando; ciò che possiamo dire in termini di regola generale è che abbiamo un problema generalizzato di aumento dei prezzi. Evidentemente, i costi di estrazione stanno aumentando ovunque e per tutti i beni minerali. Ecco alcuni dati per una media di alcuni di essi (che casualmente vi mostrano la differenza che fa l'inflazione: c'è, ma non cambia il fatto che c'è stato un enorme aumento dei prezzi di recente): 

Indice medio dei prezzi di alluminio, rame, ferro, piombo, nichel, argento, stagno e zinco (adattati da un grafico riportato da Bertram et al., Resource Policy, 36(2011)315)

Lasciate che vi mostri solo un ultimo esempio. La situazione sembra essere particolarmente difficile per beni rari e costosi ed avrete sicuramente sentito parlare del problema delle terre rare; minerali importanti per le applicazioni in elettronica. Ecco le tendenze produttive.

La produzione non è aumentata per almeno cinque anni ed è chiaro che c'è un problema, qui, anche se le tendenze non sono così chiare in altri casi. Sulla tendenza dei prezzi, le terre rare sono un mercato relativamente piccolo, quindi ciò che è accaduto è un enorme fenomeno di speculazione che ha portato i prezzi alle stelle. Ma, poi la bolla è scoppiata e i prezzi sono scesi ancora in anni recenti. Ma non al valore iniziale, quello precedente alla speculazione. I prezzi delle terre rare rimangono oggi più alti di un fattore 5 rispetto a come erano 5-10 anni fa. 

Sappiamo che il produttore principale di terre rare del mondo è la Cina e negli ultimi anni la produzione cinese è scesa. Alcuni hanno detto che la Cina vuole usare le terre rare come arma commerciale, ma io penso che non sia così. Il fatto è che estrarre terre rare è costoso ed inquinante e il governo cinese ha cercato di ripulire l'operazione. Ed è costoso. Come ho già detto prima, i costi dell'inquinamento sono parte integrante del costo di estrazione, anche se di solito non viene conteggiato. 
Quindi, riassumiamo la situazione in poche righe:

1. La produzione minerali generale è ancora in aumento

2. La produzione pro capite è statica o in diminuzione

3. I costi di produzione aumentano ovunque

4. Anche i costi dell'inquinamento sono in aumento

Tutto ciò non sorprende, anzi, era atteso. Ho detto che “Il Pianeta Saccheggiato” è un rapporto al Club di Roma e probabilmente conoscete il Club per via del suo primo rapporto, quello pubblicato nel 1972 sotto il titolo de “I Limiti dello Sviluppo”. Era una serie di scenari per il futuro che tenevano conto della scarsità di minerali come uno dei parametri principali. I calcoli sono stati rifatti ed aggiornati. Ecco la versione più recente dei principali risultati dalla versione del 2004: 

Da "The Limits to Growth, the 30-year update" di D. Meadows et al.

Senza entrare nei dettagli di come la traiettoria dell'economia mondiale è stata modellata nello studio, lasciatemi solo dire che è basato su fattori fisici – quello principale è il costo sempre più alto dell'estrazione delle risorse minerali. Questi costi in aumento dovevano crescere proporzionalmente alla quantità estratta. E vedete, nel grafico, che la curva delle “risorse” va giù col tempo, ma anche che i problemi iniziano molto prima di finire qualsiasi cosa. E' perché gli alti costi dell'estrazione (ed anche i costi dell'inquinamento) appesantiscono l'economia, così tanto che diventa impossibile mantenere in crescita la produzione industriale ed agricola.  

Ora, quanto detto sopra non deve essere preso come una profezia, niente affatto. Era solo una delle tante possibili traiettorie che avrebbe potuto prendere l'economia mondiale. Ma, sfortunatamente, sembra che abbiamo seguito la traiettoria vicina a questo modello. Per esempio, sembra chiaro che, mentre ci avviciniamo al picco della produzione industriale che il modello prevede, stiamo avendo problemi a mantenere la crescita della produzione industriale come vorremmo. Ecco alcuni dati della produzione industriale dell'Europa:


Ecco, vedete che dopo la crisi del 2008 c'è stato un certo ritorno nella produzione industriale. La Germania è quasi riuscita a tornare ai livelli pre 2008, ma gran parte dei paesi europei non ci sono riusciti. Quindi penso che questa immagine ci dica che la crisi del 2008 non è stata solo una crisi finanziaria. E' stato qualcosa di più profondo e più strutturale. Non possiamo dire con certezza che sia l'inizio di un declino generale della produzione industriale mondiale, come nello scenario I che vi ho mostrato è previsto per il 2020, ma potrebbe esserlo. 

In ogni caso, abbiamo chiaramente grossi problemi collegati agli alti prezzi dei beni minerali che stanno condizionando molto le economie del mondo. Lasciate che vi mostri alcuni dati per Italia e Germania.

Come vedete, abbiamo a che fare con grosse somme spese per importare beni minerali – diverse decine di miliardi di Euro. Circa i dati riportati sopra, notate che abbiamo i soli dati per l'importazione di combustibili fossili, ma che dovremmo aggiungerci i costi dell'importazione di tutti gli altri beni minerali. Per l'Italia, posso dirvi che quasi raddoppiano il totale: nel 2012, il bilancio netto ammontava a circa 113 miliardi di Euro, che l'Italia ha speso e che rappresentano circa il 7,5% del PIL italiano. Penso che dovreste considerare una percentuale analoga anche per la Germania. Somme enormi, come ho detto. 

Ora, considerate che tutti questi beni hanno mostrato un aumento del prezzo di un fattore che va da 3 a 5. Vedete che negli ultimi anni, il fardello aggiunto alle economie di paesi che importano beni minerali ammonta ad almeno alcuni punti percentuali del loro PIL. Ora, questo è un fardello pesante: stiamo parlando di qualcosa nell'ordine dei 70 miliardi di Euro da pagare per la sola Italia – cosa che non può non avere effetti. E, come sicuramente saprete, non sono stati effetti positivi. L'economia italiana è in profonda difficoltà e penso che questi costi aggiuntivi siano un grande fattore nel problema. 

La Germania è sopravvissuta all'aumento dei prezzi dei beni meglio dell'Italia perché il fardello è inferiore in termini relativi. Questo perché la Germania produce un po' della propria energia con risorse interne: carbone e nucleare (cose che l'Italia non ha) ed ha anche fatto uno sforzo notevole per le energie rinnovabili, che sono a loro volta una risorsa interna. La differenza è chiara: ecco alcuni dati (fonte: Banca Mondiale, elaborati da google):

Vedete la differenza nel grafico e, se vi capita di vivere e lavorare in Italia, percepirete voi stessi la differenza. La Germania ha più o meno recuperato dalla crisi del 2008, l'Italia no. E penso che la quasi completa dipendenza dell'Italia da beni minerali importati sia il fattore cruciale che fa la differenza. 

Quindi, è il momento di ricapitolare e concludere: abbiamo chiaramente un problema; ed è un grosso problema. Ma non impossibile da risolvere se lo riconosciamo prima che sia troppo tardi. La soluzione sta, principalmente, nel concetto di “economia circolare” che stiamo esaminando in questo congresso. E sappiamo che cosa significa: riciclare, riusare ed essere più efficienti. Ma lasciate che vi dica una cosa che ho imparato vivendo in Italia: per muoversi verso un'economia circolare, ci servono risorse ed energia. Riciclare ha un costo energetico, riusare anche – perché in pratica si deve riprogettare tutto. E persino essere più efficienti ha un costo: lo vedo nel mio lavoro, che comporta il supporto alle aziende per fare prodotti migliori. Proprio adesso, le aziende italiane non possono permettersi di essere efficienti. Sembra una contraddizione in termini, ma pensateci: stanno lottando per sopravvivere, come possono investire in maggiore efficienza se il premio per questo arriverà solo fra diversi anni?

In breve, se non abbiamo energia non possiamo fare niente. Se abbiamo energia, possiamo riciclare, possiamo riusare, possiamo essere efficienti e possiamo continuare ad estrarre le risorse che sono ancora lì, mentre ci spostiamo gradualmente verso un'economia circolare (o “chiusa”). 

Questo è il punto fondamentale, ma bisogna anche essere detto nel modo giusto, perché può essere frainteso ed è stato frainteso. Ci serve energia, ma del tipo giusto: non inquinante e non soggetta ad esaurimento. Dovrebbe essere chiaro che i combustibili fossili non sono una soluzione: non possono risolvere il problema dell'esaurimento, lo possono soltanto peggiorare. Più velocemente li estraiamo, più velocemente li finiamo. E non mi stancherò mai di dire che il problema che affrontiamo non è solo quello dell'esaurimento, è l'inquinamento in termini di cambiamento climatico. Il problema climatico potrebbe essere molto più difficile e irrisolvibile dell'esaurimento. 

Quindi, la parola giusta sull'energia è “rinnovabile”. E possiamo usare il termine tedesco “energiewende” (trasformazione energetica) per indicare la transizione energetica. Nella figura sotto riporto alcune parole dell'economista britannico William Stanley Jevons, leggermente modificate (lui parlava di “carbone” piuttosto che di “energia”, ma il senso è lo stesso).  

L'energia in realtà non sta alla pari con tutti gli altri beni, ma sopra a tutti gli altri beni... Con l'energia quasi ogni impresa è possibile o facile; senza di essa, veniamo rigettati nella laboriosa povertà dei tempi antichi

Così, sappiamo cosa dobbiamo fare. Ma lo stiamo facendo? Ho paura di no, almeno non sufficientemente in fretta in tutto il mondo. Lasciate che vi mostri alcuni dati:


Vedete che gli investimenti per i combustibili fossili fanno impallidire quelli per l'energia rinnovabile. Pensate a quanti soldi vengono spesi solo per mantenere più o meno costante la produzione dei combustibili! E se guardate ai settori più generici, gli investimenti in sostenibilità in confronto agli investimenti per le infrastrutture collegate ai combustibili fossili, vedrete che la tendenza è la stessa. Viene speso molto di più per mantenere il business as usual – una società basata sui combustibili fossili – di quanto si spenda per creare la energiewende, la transizione ad una società più pulita, salutare ed equa.

Notate anche una tendenza preoccupante: gli investimenti in energia rinnovabile sono scesi nel 2012 in confronto al 2011. Sfortunatamente, i concorrenti più forti vincono. E l'industria dei combustibili fossili è gigantesca, con entrate nell'ordine di diversi trilioni di dollari all'anno per i soli petrolio e gas. Se la crisi economica continua, è possibile che vedremo il sostegno alle energie rinnovabili diminuire, mentre vedremo sforzi sempre più frenetici e disperati per mettere tutto ciò che abbiamo nell'industria dei combustibili fossili per strizzare le ultime gocce di combustibili fossili dal sottosuolo.


Perché lo facciamo? Chi ha deciso di investire queste somme enormi per perpetuare un'attività che sta facendo un gigantesco danno e che dovremo abbandonare in ogni caso in un futuro non troppo remoto?

Penso che possiamo dire che siamo noi; la maggioranza di noi, almeno. E' perché abbiamo perseguito i profitti a breve termine nei nostri investimenti e – se rimaniamo all'interno del paradigma – continueremo a scavare per i combustibili fossili finché non distruggeremo la nostra civiltà e manderemo in pezzi l'intero ecosistema.

D'altra parte, è anche vero che esiste il cambiamento di paradigma. Se guardiamo l'immagine sopra, possiamo vedere le cose in modo più ottimistico. Pensate a quanto è cresciuta rapidamente l'energia rinnovabile – e la sostenibilità in generale. Oggi riusciamo a spendere 250 miliardi di dollari all'anno sulla sola energia rinnovabile. Venti anni fa, era nulla in confronto. Quindi è stato un progresso notevole che ci può far essere ottimisti per il futuro. 

Alla fine, il modo in cui spendiamo le risorse che ci rimangono è una nostra decisione. Una decisione che facciamo come professionisti, come leader politici, come cittadini europei, come cittadini del mondo e come esseri umani. E non è impossibile prendere decisioni sagge se solo spostiamo il nostro orizzonte un po' più avanti dell'immediato ritorno finanziario. 

Per concludere, vorrei ringraziare tutto lo staff del Club di Roma per aver reso possibile questo rapporto. 








giovedì 21 novembre 2013

Requiem per un Meme. Il Riscaldamento Globale NON si è fermato


Da “The frog that jumped out”. Traduzione di MR

Di Ugo Bardi

Il riscaldamento globale NON si è fermato. Sappiamo che ha in qualche modo rallentato, ma i dati più recenti mostrano che persino il rallentamento era più che altro un'illusione; il riscaldamento, semplicemente, continua. Ma le bugie hanno una loro vita propria e non possono essere fermate dalla logica e dalla ragione, da sole. Ci vorrà tempo prima di poter celebrare un requiem per questo pessimo meme. 


La propaganda di solito si basa su deformazioni della realtà  - così persino la valanga di bugie che ci circonda sulla “pausa” riscaldamento globale sono partite da un minimo di verità.

Gli scienziati erano stati i primi a notare che l'aumento delle temperature aveva rallentato con l'arrivo del primo decennio del 21° secolo. Ciò ha generato alcuni commenti contro la scienza, per esempio nell'australiano "Courier" nel 2007 e con un saggio pseudo scientifico di Easterbrook nel 2008 su Global Research. Ma questi commenti sono rimasti isolati e non molto conosciuti.

Tuttavia, la “Pausa del riscaldamento globale” aveva tutti gli elementi necessari per diventare un meme, un termine che indica un concetto che si diffonde in modo virale nelle menti umane. La diffusione del meme è iniziata dopo che Kaufmann et al. hanno pubblicato un saggio su PNAS nel giugno del 2011. Lì, gli autori hanno notato esplicitamente il rallentamento della temperatura planetaria, attribuendola all'aumento di emissioni di zolfo in Cina. Kaufmann ed i suoi co-autori sono stati attenti a dichiarare che non intendevano dire che ci fosse qualcosa di sbagliato nel concetto di riscaldamento globale antropogenico. Ma, forse, non sono stati abbastanza attenti ad evitare di usare nel loro saggio espressioni come “mancanza di riscaldamento”. Queste dichiarazioni sono state riprese in vari siti negazionisti e descritti come prova della non esistenza del riscaldamento globale. Il concetto di pausa ha iniziato a comportarsi come un meme, diffondendosi in tutto il Web.

L'ultima spinta che ha portato il meme della pausa ad una notorietà mondiale è stata probabilmente create da un articolo di David Rose apparso su “The Mail” il 13 ottobre 2011. Nell'articolo, Rose ha mostrato un grafico che dichiarava essere basato su dati pubblicati dal Met Office (il servizio nazionale meteorologico britannico). Tuttavia, Rose ha sistemato la scala temporale in modo da dare l'impressione di una pausa che non è mai esistita; forse anche “aggiustando” un pochino i dati. Ecco un confronto fra il grafico di Rose e i dati reali.


Sopra: il grafico di David Rose da “The Mail”, sotto: i dati reali

Anche senza le correzioni recenti, è chiaro che non c'è mai stato niente di simile ad uno “stop” nel riscaldamento globale. Ma l'articolo di Rose aveva tutti gli elementi per creare un meme di successo mondiale. Ha sostenuto la presenza di una cospirazione, ha calmato le coscienze del pubblico, ha detto che i soldi del governo erano stati spesi male. Ed è stato pubblicato su un tabloid che vende circa 2 milioni di copie al giorno, con oltre 100 milioni di visitatori al mese nel proprio sito web. Al momento, la “pausa del riscaldamento globale” è probabilmente uno dei meme più diffusi del negazionismo climatico nel mondo.

Questo meme può essere fermato? Non ha mai avuto ragione di esistere ma è anche vero che i media mainstream non hanno diffuso i nuovi risultati che lo smentiscono completamente. E, in ogni caso, i meme hanno una vita di per sé; non possono essere uccisi usando soltanto la ragione. Quindi è troppo presto per celebrare un requiem per il meme della pausa. Alla fine, la verità tende a vincere, ma ci vuole tempo.

Nel frattempo, dovremmo ricordarci che non stiamo discutendo di entità virtuali – i meme – che esistono solo nelle nostre teste. Il riscaldamento globale è una cosa brutta che esiste nel mondo reale ed uccide persone reali. Così, date un'occhiata all'immagine sotto ed alla dichiarazione relativa, da un articolo di David Rose. Guardatelo con gli occhi di un australiano che ha perso tutto in uno di questi giganteschi incendi. Quanto può diventare indecente il negazionismo, signor Rose?


”Anziché concentrarsi sulla notizia che il riscaldamento globale si è fermato, altri quotidiani hanno scritto dell'ondata di calore e sugli incendi impetuosi in Australia” 


mercoledì 20 novembre 2013

Riscaldamento globale: ancora evidenza che il sole non c'entra.






In alto, la curva delle temperature globali. In basso l'intensità misurata dei raggi cosmici che arrivano sulla terra. Notate che la scala delle intensità dei raggi cosmici è stata invertita per mostrare quella che dovrebbe essere la correlazione con le temperature che avviene mediante la formazione di nubi stimolate dall'irradiazione. In teoria, più intensi i raggi cosmici, minore la temperatura. Ma non ci siamo propro (dal un articolo di Dana Nuccitelli)


Una serie di articoli recenti hanno messo una pietra tombale sull'idea che il riscaldamento globale non sia causato dall'effetto dei gas serra, ma da fattori esterni al pianeta Terra, come i raggi cosmici modulati dall'attività solare.

L'idea dietro all'ipotesi è che questi raggi, particelle di alta energia che arrivano sulla terra dallo spazio esterno, sono in grado di favorire la nucleazione di goccioline d'acqua nell'atmosfera. In questo modo, sono in grado di stimolare formazione di nubi che hanno un effetto raffreddante. L'ipotesi vuole anche che il numero di raggi cosmici che arrivano nell'atmosfera dipende anche dall'attività solare, il cui campo magnetico dovrebbe defletterli, perlomeno in parte. Ne consegue che periodi di alta attività solare dovrebbero corrispondere a un raffreddamento e viceversa.

Nella pratica, come si vede nel diagramma qui sopra, non c'è nessuna correlazione significativa fra le due cose; anzi, semmai si vede una correlazione inversa. Un riassunto delle ultime scoperte arriva da un articolo di Dana Nuccitelli sul suo blog sul "Guardian".

Al solito, ci si può continuare a nascondere dietro le ipotesi più strampalate, ma il riscaldamento globale continua ad avanzare.









martedì 19 novembre 2013

Il Sole non è la causa del riscaldamento globale!

Da “Science Daily”. Traduzione di MR

7 novembre 2013 — Un nuovo studio ha scoperto che i cambiamenti nell'attività solare hanno contribuito non più del 10% al riscaldamento globale nel 20° secolo.

Alba sul Pianeta Terra. Un nuovo studio ha scoperto che i cambiamenti dell'attività solare hanno contribuito non più del 10% al riscaldamento globale nel ventesimo secolo. (foto: © marcel / Fotolia)

Le scoperte, fatte dal professor Terry Sloan dell'Università di Lancaster e dal professor Sir Arnold Wolfendale all'Università di Durham, trovano che ne i cambiamenti nell'attività solare né i suoi impatti nel blocco dei raggi cosmici possono essere un contributo significativo al riscaldamento globale.

I risultati sono stati pubblicati oggi, 8 novembre, sulla rivista ufficiale del IOP (Institute of Physics), Environmental Research Letters. I cambiamenti nella quantità di energia dal Sole che raggiunge la Terra sono stati proposti precedentemente come motori dell'aumento delle temperature globali, come lo è stata la capacità del Sole di bloccare i raggi cosmici. Era stato proposto che i raggi cosmici possano avere un ruolo nel raffreddamento della Terra incoraggiando la formazione di nuvole, che di conseguenza riflettono i raggi del Sole nello spazio.

Secondo questa proposta, nei periodi di grande attività, il Sole blocca alcuni dei raggi cosmici che entrano nell'atmosfera della Terra, di modo che si formano meno nuvole e la temperatura della superficie terrestre sale. Nel tentativo di quantificare l'effetto dell'attività solare – direttamente o attraverso i raggi cosmici – potrebbe aver avuto nel ventesimo secolo, Sloan e Wolfendale hanno confrontato i dati sul tasso di raggi cosmici che entrano nell'atmosfera, che possono essere usati come proxy per l'attività solare, con le registrazioni delle temperature globali tornando indietro al 1955.

Gli autori hanno scoperto un modesta correlazione fra i raggi cosmici e le temperature globali che avviene ogni 22 anni; tuttavia, il tasso variabile di raggi cosmici è rimasto indietro rispetto alle variazioni di temperatura da uno a due anni, suggerendo che la causa potrebbe non essere attribuita ai raggi cosmici ed alla formazione di nuvole, ma agli effetti diretti del Sole. Confrontando le brevi oscillazioni dei tassi di raggi cosmici, che sono stati presi dai dati di due schermi di neutroni, e della temperatura con le tendenze complessive in entrambi dal 1955, Sloan e Wolfdale hanno scoperto che meno del 14% del riscaldamento globale osservato durante questo periodo può essere attribuito all'attività solare. Inoltre, i ricercatori hanno revisionato i loro studi precedenti e passato in rassegna la rilevante letteratura per trovare altre prove di un collegamento fra l'attività solare e l'aumento delle temperature globali già avvenuto. Le loro scoperte hanno indicato che in generale, il contributo delle variazioni dell'attività solare, sia direttamente sia attraverso i raggi cosmici, è stato persino minore e non può aver contribuito per più del 10% al riscaldamento globale nel ventesimo secolo. Essi hanno concluso che le prove paleontologiche, derivate dagli isotopi di carbonio e ossigeno , erano “deboli e confuse” e che uno studio più aggiornato che collega i raggi cosmici ad un minor livello di copertura era viziato perché la correlazione avveniva solo in alcune regioni piuttosto che sull'intero globo. Sloan and Wolfendale hanno anche parlato dei risultati dell'esperimento CLOUD al CERN, dove i ricercatori stanno cercando dei modi in cui i raggi cosmici possono ionizzare, o caricare, gli aerosol nell'atmosfera, che poi può influenzare il modo in cui si formano le nuvole. Hanno esaminato anche i casi in cui gli eventi del mondo reale hanno prodotto una ionizzazione su larga scala nell'atmosfera. Ci si aspettava che eventi come il disastro nucleare di Cernobyl e i test sulle armi nucleari avessero condizionato la produzione di aerosol nell'atmosfera, ma non è riscontrabile nessun effetto del genere.

Il professor Sloan ha detto: “Il nostro saggio passa in rassegna il nostro lavoro per provare e trovare una connessione fra raggi cosmici e formazione di nuvole e i cambiamenti della temperatura globale. Abbiamo concluso che il livello di contributo della variazione di attività solare è meno del 10% del riscaldamento globale misurato osservato nel ventesimo secolo. Come risultato di questo e di un altro lavoro, l'IPCC dichiara che non è stata identificata nessuna associazione robusta fra i cambiamenti dei raggi cosmici e la nuvolosità”.


lunedì 18 novembre 2013

La terra continua a surriscaldarsi (anche se i media hanno deciso di ignorarlo).


La scoperta di Cowtan e Hay che ha corretto la curva di crescita della temperatura planetaria è stata quasi completamente ignorata dai media in Italia. Solo sulle testate on line si può leggere qualcosa in proposito. Ecco qui un articolo di Maddalena Montecucco su "Lettera43". Calca un po' troppo la mano su certe cose: le vecchie rivelazioni non erano sbagliate, solo un po'  sottostimate: non c'è stato nessun "flop della scienza". Tuttavia,  nel complesso, l'articolo centra bene i punti essenziali

http://www.lettera43.it/ambiente/la-terra-continua-a-surriscaldarsi-il-flop-della-scienza_43675113835.htm

AMBIENTE

La Terra continua a surriscaldarsi: il flop della scienza

Smentita la fine del global warming: sbagliate le vecchie rilevazioni. La temperatura è sempre più alta.

di Maddalena Montecucco

Nessuna pausa al surriscaldamento globale. Ma solo un errore di calcolo.
Per anni si è creduto che la temperatura della superficie terrestre non si fosse alzata, supportando le tesi di chi considera una bufala il global warming.
IL CLIMA IMPAZZITO. A dimostrare che il clima appare impazzito ci sono le catastrofi: gli oltre 80 tornado nel Midwest americano, pur abituato a essere flagellato dal maltempo, sono un record. E che dire di Haiyan, il tremendo tifone che ha devastato le Filippine a inizio novembre.
Perfino la città di New York ha dovuto fare i conti con il meteo, alla fine di ottobre 2012, quando su Manhattan si è abbattuto l'uragano Sandy.
COLPITA ANCHE L'ITALIA. Fenomeni rari, ma sempre più frequenti. Che lasciano una scia di morte e distruzione. E che non hanno risparmiato il nostro Paese: come le violente trombe d'aria che si sono abbattute sull'Emilia e sulla Lombardia tra maggio e luglio 2013. Per non parlare delle nevicate record, che hanno congelato il Nord Italia nel febbraio 2012.
TEMPERATURA IN CRESCITA. Come ha riportato il quotidiano britannico The Independent, l'aumento della temperatura non si è infatti arrestato, anche se dopo l'impennata degli Anni 70 il processo sembrava essere rallentato.
La cosiddetto 'pausa' che avevano scovato i ricercatori e che aveva incoraggiato gli scettici a mettere in dubbio il global warming, era solo un 'vuoto' di dati.
Le nuove misurazioni hanno dimostrato che negli ultimi 15 anni il surriscaldamento globale è aumentato con una forte accelerazione. Insomma, si è trattato di un errore.
LA SCOPERTA DELL'ERRORE. A scoprirlo sono stati due scienziati, che hanno trovato una falla nella raccolta dei dati relativi alla calotta artica.
Kevin Cowtan dell'Università di York e Robert Way dell'ateneo di Ottawa hanno escogitato un sistema differente per studiare il fenomeno mediante letture dal satellite. E hanno smentito la 'pausa' della crescita della temperatura.
RILEVAZIONE DIFFICILE. Tuttavia, che le stime sull'artico non fossero del tutto attendibili era risaputo.
La colpa era da attribuire al sistema di rilevazione dei dati, difficile in un ambiente tanto ostile: «La mancanza di dati dalle aree polari è conosciuto da tempo, ma credo che questo studio lo abbia principalmente risolto», ha commentato al The Indipendent Stefan Rahmstorf del Postdam institute for climate impact research in Germania.
Per ora il global warming continua. Con buona pace di chi lo credeva un lontano ricordo.
Lunedì, 18 Novembre 2013


domenica 17 novembre 2013

Discutere di cambiamento climatico in modo sensato

L'ultimo negazionista climatico


Normalmente, quando ci si mette a discutere di cambiamento climatico, viene sempre fuori un buon numero di cafoni che credono che il modo di aver ragione sia di insultare chi non è d'accordo con loro. Di solito riescono a fare abbastanza confusione da rendere impossibile una discussione seria e civile.

Alle volte, però, si può fare anche un discorso sensato con persone che sono genuinamente interessate a capire come stanno le cose. In queste discussioni ti accorgi quanto i media abbiano disabituato la gente a ragionare. A furia di ripetere sciocchezze come "la terra non si riscalda più" o "i ghiacci antartici sono in aumento", molta gente finisce per credere in buona fede che il lavoro decennale e dettagliato di migliaia di scienziati sia tutta una fesseria.

Non è impossibile, però, spiegare come stanno veramente le cose, posto che non arrivino i soliti cafoni a fare confusione. In un mio post recente sul "fatto quotidiano", è successo proprio questo. Non che non ci siano stati i soliti casinisti, ma non sono riusciti a distruggere la discussione. Che sia una tendenza? Magari fosse!

Ecco comunque un pezzetto della discussione, dove racconto in un certo dettaglio a "Gaspare75" come stanno le cose con i ghiacci antartici

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gaspare75

Mi scusi professore, i modelli IPCC sono anche in grado di spiegare il graduale aumento di estensione dei ghiacci antartici negli ultimi anni?
In particolare, come si concilia questo fatto sperimentale con la sua affermazione che l'aumento di temperatura e' piu' accentuato nelle regioni polari?

Ugo Bardi gaspare75

Caro Gaspare, si tratta di capire cosa si misura. Una cosa è l "estensione" dei ghiacci, un altra la temperatura della regione.

Una volta definiti i termini, possiamo dire che non c'è dubbio che la zona antartica si sta riscaldando altrettanto di quella artica. Questo fatto è in completo accordo con i modelli e con le aspettative.

Però su questo punto si fa spesso un po' di confusione: l'aumento di temperatura in Antartide causa una riduzione del VOLUME dei ghiacci continentali, ma non della loro AREA (ovvero estensione). Si stanno fondendo, si, ma sono così spessi che l'area coperta non cambia.

Una cosa diversa, invece, è il cambiamento di estensione dei ghiacci MARINI. E' di questo tipo di ghiaccio che si parla quando si dice che i ghiacciai antartici aumentano. Qui c'è effettivamente un lieve aumento dell'estensione in Antartide per varie ragioni che si possono spiegare ma è una cosa un po' lunga.

Il punto è che è un effetto del tutto marginale rispetto a quello che sta succedendo nell'Artico - in altre parole non c'è un bilanciamento fra Artico e Antartico; il riscaldamento globale arriva altrettanto forte sia a Nord che a Sud

gaspare75 Ugo Bardi

Beh, a questo punto pero' sarei curioso, si riesce almeno a dare un'idea grossolana di qual e' il meccanismo? Ogni estate viene enfatizzato dai media il record di scioglimento dei ghiacci artici ma anche in quel caso si parla sempre di superficie dei ghiacci marini, visto che al polo nord e' quasi tutto mare. Del caso antartico invece si parla poco e mi sembra molto piu' interessante perche' va apparentemente in controtendenza

Ugo Bardi gaspare75


Nel caso dei ghiacci artici i ghiacci si stanno riducendo sia in area come in volume e questo viene detto di solito, anche se spesso sui media si fa un po' di confusione.

Per l'antartico, ripeto che i ghiacciai continentali stanno chiaramente PERDENDO volume, come ci si dovrebbe aspettare se la zona si sta riscaldando - come in effetti sta succedendo.

E allora, perché i ghiacci marini stanno leggermente aumentando in area, in Antartide? Beh, ci sono vari effetti, uno è dovuto alla parziale perdita dello strato di ozono che ha rivoluzionato la circolazione atmosferica, un altro alle maggiori piogge/nevicate nella regione che cambiano la salinità dell'acqua e quindi favoriscono il congelamento, e poi anche che i ghiacci continentali che si fondono buttano acqua fredda nelle acque limitrofe.

Insomma, come vedi si può discutere delle varie interpretazioni. Di sicuro, però, NON si può usare questo effetto per dire che la terra non si sta riscaldando!




sabato 16 novembre 2013

Clima, la bufala della pausa nel riscaldamento globale


real-climate
Immagine da "Real Climate"


Era da un pezzo che si sentiva parlare un po’ ovunque della “pausa” nel riscaldamento globale. Sui giornali e sui blog si raccontava di questi 15 anni in cui non c’era stato nessun riscaldamento. E questo, secondo alcuni, indicava che tutta la storia del cambiamento climatico era una bufala: non esisteva proprio. E invece no: la bufala era la storia della pausa, come dimostra un recente studio.

Già non era vero che il riscaldamento globale si era fermato. Semmai, i dati disponibili indicavano che era un po’ rallentato (come ho descritto in un post precedente sul Fatto). Ma gli ultimi dati indicano che questo rallentamento è molto più debole di come sembrava.

Tutte le misure, si sa, sono approssimate e misurare la temperatura di un intero pianeta non è cosa facile. Lo si fa con una serie di stazioni di misura, ma queste non possono coprire tutto quanto il pianeta per cui bisogna cercare di interpolare al meglio possibile. C’è poi un problema che deriva dal fatto che il pianeta non si scalda uniformemente; si scalda molto di più nelle regioni polari dove è più difficile mettere delle stazioni di misura. Per cui, le incertezze sono maggiori proprio dove è maggiore il riscaldamento.

E’ proprio qui che gli autori dello studio, Kevin Cowtan e Robert Way, sono andati a rivedere le misure, tenendo conto dei dati satellitari e utilizzando dei nuovi metodi di analisi. Rifacendo i conti è venuto fuori che c’è una correzione da fare ai dati. E questa correzione spinge in su le temperature; non tanto, ma quel tanto che basta per riportarle in linea con le tendenze del periodo precedente, ovvero un po’ di più di un decimo di grado per decennio.

Questo studio di Cowtan e Way, insieme con l’ultimo rapporto dell’Ipcc, mette una pietra sopra sui dubbi che ancora qualcuno esprime. Non c’è nessuna pausa nel riscaldamento globale. Le temperature continuano a crescere, il livello del mare continua a salire e i ghiacci continuano a fondersi. Cerchiamo di farcene una ragione prima che sia troppo tardi. 




giovedì 14 novembre 2013

Addio "pausa". Il riscaldamento globale dal 1997 è più rapido di quanto stimato in precedenza

Da “The Guardian”. Traduzione di MR

Un nuovo studio riempie le lacune lasciate dal Met Office e scopre che la 'pausa' di riscaldamento è a malapena un rallentamento di velocità



Il Met Office e Hadley Center non include le temperature dell'Artico, dove il riscaldamento globale sta avvenendo più rapidamente. Foto: Jenny E Ross/Corbis

Un nuovo saggio pubblicato sulla Rivista Trimestrale della Royal Meteorological Society riempie i vuoti nei gruppi di dati sulla temperatura di superficie HadCRUT4 del britannico Met Office e scopre che il riscaldamento globale della superficie dal 1997 è avvenuto più di due volte più rapidamente di quanto stimato da HadCRUT4. Questo breve video-sommario riassume l'approccio e i risultati dello studio:



Lo studio, opera degli autori Kevin Cowtan dell'Università di York e Robert Way dell'Università di Ottawa (entrambi collaboratori del sito Web Skeptical Science), rileva che l'insieme dei dati del Met Office copre soltanto l84% circa della superficie terrestre. Ci sono grandi lacune nella sua copertura, principalmente nell'Artico, Antartico e Africa, dove le stazioni di monitoraggio delle temperature sono relativamente scarse. Queste sono mostrate in bianco nella figura del Met Office sotto. Notate la rapida tendenza al riscaldamento (rosso) nell'Artico nella versione di Cowtan e Way, che manca dall'insieme dei dati del Met office.

La coperture delle temperature di superficie e le tendenze del Met Office contro quelle di  Cowtan e Way

Le registrazioni delle temperature di superficie GISTEMP della NASA cerca di affrontare le lacune della copertura estrapolando le temperature nelle regioni non misurate basandosi sulle misurazioni più vicine. Tuttavia, i dati della NASA mancano di includere le correzioni di un cambiamento nel modo in cui le temperature della superficie del mare vengono misurate – un problema impegnativo che ha finora è stato affrontato solo dal Met Office. Il progetto Berkeley Earth Surface Temperature (BEST) ha usato un approccio analogo a quello della NASA, ma con un metodo statistico conosciuto come “kriging” per riempire i vuoti interpolando ed estrapolando le misure esistenti. Tuttavia, il BEST ha applicato questo metodo solo alle temperature sulla terraferma, non sugli oceani. Il dottor Cowtan è uno scienziato computazionale interdisciplinare che ha riconosciuto delle soluzioni potenziali a questo problema di vuoto di copertura della temperatura.

“Come molti scienziati, sono un risolutore di problemi ossessivo. A volte vediamo un problema e pensiamo 'Questa è roba mia, qui posso dare un contributo'”

Nel loro saggio, Cowtan e Way applicano un approccio kriging per colmare i vuoti fra le misurazioni di superficie, ma lo fanno sia per la terraferma sia per gli oceani. In un secondo approccio, approfittano della copertura quasi globale delle osservazioni satellitari, combinando le misurazioni satellitari della temperatura dell'Università dell'Alabama di Hauntsville (UAH) coi dati disponibili sulla superficie per colmare i vuoti con un insieme di dati 'ibrido'. Essi hanno scoperto che il metodo kriging funziona meglio per stimare le temperature sugli oceani, mentre il metodo ibrido funziona meglio sulla terraferma e, ancora più importante, sul ghiaccio marino, che conta per gran parte delle regioni non osservate. Entrambe i loro nuovi insiemi di dati delle temperature di superficie mostrano un riscaldamento significativamente maggiore negli ultimi 16 anni rispetto a quello rilevato da HadCRUT4. Ciò è dovuto principalmente al fatto che HadCRUT4 ha tralasciato l'accelerato riscaldamento dell'Artico, specialmente dal 1997.

Cowtan e Way investigano sulla dichiarazione di una presunta 'pausa' nel riscaldamento della superficie globale negli ultimi 16 anni esaminando le tendenze dal 1997 al 2012. Mentre HadCRUT4 stima la tendenza al riscaldamento delle superficie a solo 0,046°C a decennio in quel periodo e la NASA lo pone a 0,080°C a decennio, i nuovo insiemi di dati kriging e ibridi stimano la tendenza durante lo stesso periodo in 0,11°C e 0,12°C a decennio rispettivamente.

Questi risultati indicano che il rallentamento della temperatura media di superficie non è significativo quanto si pensasse in precedenza. Il riscaldamento della superficie ha rallentato un po', in gran parte grazie al fatto che più riscaldamento globale complessivo si è trasferito agli oceani durante l'ultimo decennio. Tuttavia, questi tipi di rallentamento (e accelerazione) temporaneo del riscaldamento della superficie avviene su base regolare a causa delle influenze naturali a breve termine. I risultati di questo studio hanno anche una qualche attinenza con una recente ricerca. Per esempio, correggere le recente distorsione fredda indica che le temperature globali della superficie non sono così lontane dalle media delle proiezioni dei modelli climatici di quanto pensassimo in precedenza e di sicuro rientrano tutte entro la gamma delle simulazioni delle temperature dei singoli modelli climatici. Studi recenti che hanno concluso che il clima globale è un po' meno sensibile all'aumento dell'effetto serra di quanto creduto in precedenza potrebbero anche avere in qualche modo sottostimato la reale sensibilità climatica. Questo naturalmente è solo uno studio, come il dottor Cowtan nota rapidamente.

“Nessun problema scientifico difficile è mai stato risolto in un singolo saggio. Non mi aspetto che il nostro saggio sia l'ultima parola su questo, ma spero che abbiamo fatto fare progressi alla discussione”.

Il recente rallentamento percepito delle temperature della superficie globale rimane una questione scientifica interessante. Sembra essere dovuta ad una qualche combinazione di fattori interni (più riscaldamento globale che finisce negli oceani), fattori esterni (una attività solare relativamente bassa ed una alta attività vulcanica) ed una sottostima del reale riscaldamento globale della superficie. Quanto ogni fattore contribuisca viene investigato da una ricerca scientifica estesa, ma il saggio di Cowtan e Way suggerisce che la seconda spiegazione contribuisca in modo significativo. Il temporaneo rallentamento del riscaldamento globale della superficie sembra essere più piccolo di quanto crediamo attualmente.





martedì 12 novembre 2013

I ricercatori: l'ossigeno sul fondo del Mare del Giappone continua a diminuire

Da “The Asashi Shimbun”. Traduzione di MR

Una coppia si gode il tramonto sul Mare del Giappone sulla cosata di Aoyama a Niigata, il 2 maggio. Secondo i ricercatori, la quantità di ossigeno contenuta sul fondo del mare continua a diminuire. 
(Foto: Asahi Shimbun)

Di Tomoyuky Yamamoto

Tsukuba, Prefettura di Ibaraki – Il riscaldamento globale sta contribuendo alla diminuzione del livello di ossigeno sul fondo del Mare del Giappone, il che potrebbe implicare conseguenze terribili per l'ecosistema marino e per l'industria della pesca. “Il declino è attribuibile al fatto che l'acqua di mare di superficie non si raffredda abbastanza in inverno a causa del riscaldamento globale”, ha detto un gruppo di ricercatori dell'Istituto Nazionale di Studi Ambientali e dell'Agenzia Giapponese per le Scienze Marine-Terrestri e la Tecnologia. Se il declino continua, i punti più profondi potrebbero anche venire completamente deprivati di ossigeno in 100 anni, ha aggiunto.

Il Mare del Giappone supera i 3.500 metri di profondità nei punti più profondi. La forma del mare è simile a una coppa profonda. L'acqua di mare più calda e leggera, che è stata portata dal sud dalla Corrente di Tsushima, spesso si mescola con l'acqua di mare che si è accumulata nei punti più profondi del Mare del Giappone. Quindi, scorre via dal Mare del Giappone attraverso lo Stretto di Tsugaru o attraverso lo Stretto della Soia, entrambi vicini a Hokkaido. L'acqua di mare nei punti più profondi, che spesso si mescola con l'acqua di superficie, viene chiamata “acqua unica nel Mare del Giappone”. L'acqua unica nel Mare del Giappone viene prevalentemente accumulata in punti più profondi di 200 metri. La temperatura dell'acqua varia da zero a 1°C. Dell'acqua unica nel Mare del Giappone, lo strato inferiore dell'acqua di mare, che si è accumulato in sezioni più profonde di 2.000 metri, ora sta soffrendo di una diminuzione di ossigeno. L'Istituto Nazionale di Studi Ambientali, che ha sede a Tsukuba, nella Prefettura di Ibaraki, e l' Agenzia Giapponese per le Scienze Marine-Terrestri e la Tecnologia, il cui quartier generale si trova a Yokosuka, nella Prefettura di Kanawaga, hanno analizzato i cambiamenti dell'acqua di mare sul fondo che hanno avuto luogo nel periodo dal 1930 al 2012. Essi hanno condotto l'analisi combinando i dati delle osservazioni marine dell'Agenzia Meteorologica Giapponese coi risultati della propria ricerca.

Come risultato dell'analisi, essi hanno scoperto che la concentrazione di ossigeno disciolto sul fondo del mare al largo della Penisola di Noto, nella Prefettura di Ishikawa, è declinata dai 7,36 milligrammi per chilogrammo di acqua di mare degli anni 60 ai 6,24 milligrammi del 2012. Nel Mare del Giappone, un vento freddo stagionale soffia dal continente Eurasiatico durante l'inverno, raffreddando la superficie del mare. Quindi, la superficie raffreddata di acqua di mare sprofonda nei punti più bassi in quanto diventa più pesante. Di conseguenza, l'ossigeno contenuto nell'acqua di mare di superficie viene fornito all'acqua di mare del fondo. In un inverno estremamente freddo, in cui la temperatura diurna più bassa a Vladivostok, nell'estremo Oriente russo, scende al di sotto dei -20°C per più di 20 giorni, una grande quantità di acqua di mare di superficie sprofonda nei punti più profondi del Mare del Giappone. Un inverno così estremamente freddo si è verificato ogni due o tre anni durante il periodo dal 1930 al 1950. Durante il periodo dal 1969 al 2012, tuttavia, un tale inverno estremamente freddo si è verificato solo tre volte.

Di conseguenza, la quantità di acqua di mare di superficie che è sprofondata ai livelli più profondi è diminuita, portando al declino della quantità di ossigeno disciolto. Il gruppo di ricercatori ha detto che la diminuzione dell'ossigeno è stata causata dal fatto che l'acqua di mare di superficie non viene raffreddata a sufficienza in inverno a causa delle influenze del riscaldamento globale. “In futuro, quando il riscaldamento globale diventerà più serio, lo sprofondamento di acqua di mare di superficie che fornisce ossigeno al fondo potrebbe interrompersi nel Mare del Giappone. In quel caso, a causa del consumo di ossigeno da parte dei batteri ed altre creature, l'acqua di mare nei punti più bassi di 2.000 metri giungerà alla condizione di non contenere alcun ossigeno nel giro di un centinaio di anni, secondo i nostri calcoli”, ha detto Takafumi Aramaki, un ricercatore senior dell'Istituto Nazionale di Studi Ambientali. “Il cambiamento nell'ecosistema del mare potrebbe avere effetti sui pesci ed altri creature marine nel lungo termine”, ha aggiunto.


mercoledì 6 novembre 2013

Sconfitto Cuccinelli, il grande inquisitore della Virginia


Da "The Frog that Jumped Out"

 

Il grande inquisitore Cuccinelli vuol vedere la posta elettronica di Galileo


Ken Cuccinelli, ha ammesso la sua sconfitta nelle elezioni per il governatorato in Virginia. Una delle ragioni per il suo fallimento è certamente il suo atteggiamento negazionista sul clima. Fra le altre cose, come procuratore generale della Virginia, si era lanciato in una caccia alle streghe illegale contro lo scienziato Michael Mann dell'Università della University of Virginia. Ma Mann non si è fatto intimidire e ha resistito, raccontando poi la sua esperienza di bersaglio in una campagna propagandistica in un libro intitolato "The Hockey Stick and the Climate Wars." In un certo senso, la sconfitta di Cuccinelli è la vittoria di Mann.

Potete trovare un'analisi dettagliata delle ragioni della sconfitta di Cuccinelli su "thinkprogress." E' chiaro, in ogni caso, che prese di posizione estreme sul clima e su altre cose possono avere un effetto negativo e diventare un peso per i candidati, come è successo a Cuccinelli. Così, i risultati della campagna in Virginia si possono vedere come un'indicazione che qualcosa sta cambiando nel clima politico negli Stati Uniti. Il negazionismo climatico è ancora forte in molti settori, ma potrebbe essere in graduale declino. 



lunedì 4 novembre 2013

Eureka!

Post di Marco Sclarandis



 A volte un aggettivo può provocare una catastrofe o un miracolo.

Come pure la cecità emotiva di fronte ad una immagine talmente semplice da risultare enigmatica.Se non addirittura insignificante.

Chiunque pensi all’aggettivo “esponenziale”, se non è proprio ignorante fino al midollo, dovrebbe sapere che esiste una curva, anzi una famiglia infinita di curve che portano questo nome. La più celebre di queste curve è la parabola, che è anche una antichissima parola greca adoperata nel più celebre dei testi sacri, la Bibbia, compresa di Vangeli canonici.

Per vedere una parabola basta versare una caraffa d’acqua, e ancor meglio un filo d’olio da un’oliera.L’olio è un fluido più viscoso dell’acqua e fila, appunto, più liscio, e ciò permette di vedere una parabola in modo quasi perfetto.

La parabola, quindi permette di vedere la forma di qualcosa che cresce esponenzialmente verso l’infinito. Sia negativo che positivo. Come crescono le cose che lo fanno crescendo al quadrato, o al cubo o a all’ennesima potenza? Esattamente come lo fanno i cuccioli di tutto il mondo, sorprendentemente.

La parabola generata da x al quadrato, o se preferite alla seconda, quando x è 2, si mette in mostra a chiunque in tutta la sua sinuosa ed elegante potenza.

Uno, 2, quattro 9, sedici, 25, trentasei, 49, sessantaquattro, 81, cento...............diecimila
un milione....................(1,2,3,4,5,6,7,8,9,10,100,1000, man mano elevati al quadrato)

Meno avvicinabile è la curva esponenziale,  2 elevato alla x

2, 4, 8, 16, 32, 64........1024.........(2 elevato alla 1,2,3,4,5,6...10....)

Ma già 2 elevato alla ventesima potenza dà oltre un milione e alla quarantesima, oltre 1000.000.000.000, mille miliardi. Quindi, 40 alla (2) seconda, che dà 1600, è un numero ancora abbordabile, d’uso praticamente quotidiano. Invece, 2 alla (40) quarantesima, oltre 1000.000.000.000, è cifra da banchieri.

Non parliamo poi di x elevato alla x. Che spunta innocente con un 4 ma poi s’erge tronfio a 27 (tre alla terza) quindi  a 256 e prosegue con 3125 (5 elevato alla quinta).
Dieci diventa subito 10.000.000.000, dieci miliardi. (10 elevato alla decima)
Immaginiamoci che cosa diventa cento.Ricordandoci che cento è nient’altro che 10 x 10, quindi cento moltiplicato per sé stesso cento volte diventa:

100.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000
.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000
.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000
.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000
.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000

Un mostruoso numero di duecentouno cifre. ( 1 seguito da duecento zeri ).

Roba per iniziati della teoria dei numeri, la branca regina della matematica, dove si celano i misteri più insondabili dell’universo.

Noi, Homo Sapiens sapiens, insieme a molte bestie e piante, siamo tutti partiti con l’aiuto d’una funzione esponenziale, 2 alla x. Un ovocita, che in realtà è l’unione di due cellule decisamente asimmetriche, lo spermatozoo e l’ovulo, che si scinde in due, quattro, otto, sedici, trentadue.......

Ma, la suddivisione in realtà è una crescita, altrimenti rimarremmo piccoli come un granello di polline e per noi un’ape sarebbe un terrificante Ciclope. E non prosegue indefinitamente e meno che mai infinitamente.Altrimenti diverremmo Ciclopi noi.
Ad un certo punto inizia una decrescita, non felice, ma felicissima, tanto che porta al cosiddetto “lieto evento”. Sia maschio che femmina.

Decrescita che essa stessa decresce, altrimenti ritorneremmo in polline. Poetico, romantico destino, sarebbe molto pratico per qualunque cassa di previdenza sociale, ma in ogni caso non è ciò che avviene. Tutto, nell’universo conosciuto utilizza crescite esponenziali, che permettono di ottenere cose in tempi ragionevoli,  e non solo biblici e geologici, ma tutto ha bisogno della decrescita, per non invadere o impedire ad altre cose che è necessario, buono e giusto che esistano.

Di fatto, qualsiasi cosa prima o poi è destinata a scomparire.

E la decrescita è uno dei mezzi che serve alla sua scomparsa.

Ma in molti associano la decrescita alla morte.

Stranamente faticano ad associare alla morte la crescita, sebbene i tumori dimostrino che questo tipo d’associazione funziona benissimo.
 
Crescite e decrescite si alternano per creare curve, dette sigmoidi, delle quali quella chiamata “logistica” riassume con sublime bellezza l’andamento della vita d’innumerevoli creature.Le derivate della curva logistica sono poi come Tre Grazie
che insieme cantano la struggente, meravigliosa caducità dell’esistenza.

Un Sandro Botticelli ne sarebbe rimasto estasiato.

Ecco allora che proporrei di chiamare la Decrescita “felice” con un altro aggettivo:

                                                      Divertente

La decrescita divertente.

Sarebbe piaciuta ad un Lorenzo il Magnifico, principe del Rinascimento.

Post scriptum: qual è l’esatto inverso di divertente? noioso, antipatico......
Invece l’inverso di felice è presto fatto, infelice.

E infatti i denigratori della “Decrescita felice” ne hanno subito approfittato.

Marco Sclarandis