martedì 16 luglio 2013

Un futuro incerto (VII): la nuova Firenze

Da “The Oil Crash”. Traduzione di MR

[Le persone e le situazioni che appaiono in questa storia sono del tutto inventate. Qualsiasi riferimento a persone o fatti reali sarà sempre un pura coincidenza]

Subito dopo aver adottato Margueritte, Gianni cominciò il progetto del primo impianto pilota. Per la sua localizzazione scelse un piccolo appezzamento che era stato di proprietà di Strauss. Quando accettò l'eredità, quell'appezzamento gli parve un'eccentricità del vecchio professore: si trattava di mezzo ettaro, poco produttivi dal punto di vista agricolo, in una zona petrosa e vicina a Zurigo. Non era frutto di una eredità precedente, come poté verificare nelle carte di registrazione: Strauss l'aveva acquisita prima della morte di sua moglie. Ma quando Gianni cominciò a cercare un luogo idoneo per l'impianto pilota, con le magre risorse di cui disponeva, si rese conto che quell'appezzamento riuniva in sé una serie di caratteristiche estremamente idonee per la generazione con la nuova tecnologia (che battezzò SPEG, acronimo di Strauss Palermo Energy Generation). Era tanto appropriata per quello scopo, che Gianni non aveva alcun dubbio sul fatto che Strauss avesse passato mesi a cercare una posizione così idonea e, da quello che vide nel registro di proprietà, l'aveva pagata generosamente... per non metterci mai piede in vita sua.  

Ottenere i materiali per l'impianto non era facile. Le forniture scarseggiavano ed erano care. Gianni dovette fare un grosso investimento di tasca propria perché il lavori procedessero e passava continuamente da lì per supervisionare i lavori. Qualche strumento chiave lo prese in prestito dal laboratorio, con la scusa di fare misure sul campo. Tale modo di procedere si sposava talmente poco con la mentalità tedesca di Zurigo che nessuno immaginava quello che stesse facendo in quanto il suo comportamento era inconcepibile, ma, fortunatamente per Palermo, egli era mediterraneo e gli risultava del tutto concepibile agire così, anche se lo faceva non senza sospetti. Sapeva di farlo per il bene superiore per la Svizzera e per l'Umanità, ma anche così il suo margine di manovra era limitato: se se si fosse saputo che stava utilizzando materiale del laboratorio per un progetto personale lo avrebbero espulso dall'università senza pensarci su. 

La costruzione dell'impianto pilota non era, tuttavia, la sua sola preoccupazione. Adottare Margueritte fu un gesto nobile d parte sua, ma nonostante il suo carattere previdente, il professor Palermo non aveva previsto che accudire una bambina, per quanto fosse già un po' cresciuta, implicava un certo carico di lavoro addizionale. Per esempio, la bambina doveva andare a scuola. Gianni la iscrisse alla scuola che dipendeva dal liceo che dipendeva dalla sua stessa università. La sistemazione era molto conveniente perché l'educazione era di grande qualità e per i professori di quell'università l'iscrizione era praticamente gratuita. Margueritte non era mai andata a scuola e sapeva appena leggere, tanto meno in tedesco, quindi ogni sera doveva ripassare per ore i suoi compiti con Gianni, che per lei ridusse le sue ore di sevizi sociali. Margueritte aveva una mente sveglia e con l'aiuto di Gianni riuscì a raggiungere i suoi compagni di scuola nel giro di un paio di anni di scolarizzazione. Ma l'arrivo di Margueritte comportava anche tanti impegni domestici fondamentali, per esempio preparare colazione e cena in orari decenti. Gianni lavorava senza sosta in laboratorio e al montaggio dell'impianto pilota e fra queste e le ore di studio con Mergueritte non gli bastava il tempo. Poté risolvere questa cosa pagando una governante (il suo stipendio ed alcuni piccolo progetti industriali che faceva su incarico dell'università facevano sì che se lo potesse permettere; “il mio lavoro all'Università ha un buon EROEI”, pensava a volte ironicamente). Ma, più importante, avere la bambina in casa lo obbligava a condividere il proprio spazio vitale, dopo tanti anni vissuti in solitudine. Perché Margueritte occupò progressivamente una parte sempre più grande nella vita di Gianni. All'inizio la bambina era abbastanza sospettosa, anche se trattò Gianni sempre con correttezza, ma nella misura in cui prendeva confidenza col suo padre adottivo, gli faceva sempre più domande e Gianni, che aveva una vocazione pedagogica, vide in lei l'allieva perfetta da plasmare sin dall'infanzia, anche se gli servì tempo per capire che una bambina di otto anni ha i suoi tempi di apprendimento, che doveva alternare il gioco ad altre attività. La cosa che cambiò di più la vita di Gianni fu, appunto, di dover partecipare (o di provarci) ai giochi della sua nuova pupilla, impresa che gli risultava ingrata, considerandola una perdita di tempo, ma che si impose compiere e che col tempo sarebbe arrivato a gradire.  

La bambina non faceva vedere molto della propria vita precedente. A volte Gianni la vedeva piangere in qualche angolo della casa senza che potesse conoscerne il motivo. Ma Gianni, timidamente, non osava disturbarla in quei momenti. Finché un giorno, uscendo a sistemare il giardino come ogni martedì e giovedì, la incontrò che piangeva di fianco al pozzo e, commosso da quelle lacrime infantili, le chiese il perché di quel pianto. Lei gli risposa che le mancava suo padre e, soprattutto, sua madre. Gianni sentì lo stesso dolore di quel giorno in cui la raccolse dalla strada. Allora le spiegò l'origine della casa, di come il professor Strauss si era preso cura del giardino di sua moglie quando questa morì e di come Gianni si faceva carico dello stesso giardino, ora che entrambi erano morti. 

- In qualche modo – le disse Gianni – gli Strauss continuano a vivere qui perché noi curiamo il loro giardino. Essi mi hanno dato ciò di cui avevo bisogno ed io mantengo vivo il loro ricordo. Tu puoi fare la stessa cosa: mantenere vivo qui il ricordo dei tuoi genitori. C'era un fiore particolare che piaceva a tua madre?

- Le rose – disse Margueritte, asciugandosi le lacrime col palmo della mano. 

- Molto bene. Allora andremo oggi stesso a comprare delle belle rose  che pianteremo in quell'angolo laggiù.

- Credo – disse Margueritte – che stiano meglio da questo lato del pozzo. 

- Come desideri, piccola. 

Dopo quel giorno, Margueritte dedicava le sue ore al di fuori della scuola e dei compiti a casa a prendersi cura del giardino. Visto che Wilhelm Strauss si era preso cura del giardino della sua defunta sposa come colui che esegue una strategia militare, con precisione ma senza armonia, Palermo aveva seguito semplicemente un protocollo scrupoloso, assicurandosi che ogni tipo di pianta avesse le condizioni di umidità e di nutrienti adeguati e che le erbacce e gli insetti non le infestassero. Ma Margueritte introdusse il sentimento in quel giardino; più che un prodotto standardizzato e agghindato, la bambina fece del giardino una spazio armonioso ed un angolo di pace e allegria. Un giorno, tornato particolarmente stanco per aver cercato di risolvere alcuni problemi all'impianto, Gianni si sedette un po' sotto il portico di casa che dava sul giardino e rimase meravigliato nel vedere in cosa lo aveva trasformato Margueritte in pochi mesi. La bambina gli si avvicinò sorridente e cominciò a parlare dei suoi progetti per i gladioli, le sempreverdi, gli arbusti da siepe e per tante altre cose che Gianni fu incapace di sentire, ma guardava la sua pupilla bagnata dalla luce del tramonto come se vedesse un angelo nel paradiso terrestre che aveva creato in quel fazzoletto di terra. 

Gianni impiegò quindici mesi di sforzi, grandi investimenti e agitazione per terminare il primo impianto SMEG. Durante quei mesi, Gianni dubitò molte volte del fatto che fosse sensato impegnarsi in quell'impresa senza poter contare su ulteriori investimenti, ma per lui era importante mantenere sempre il controllo della tecnologia: senza controllo, gli uomini si sarebbero lanciati in una nuova folle corsa alla distruzione del mondo, e stavolta ci sarebbero riusciti. Ma fare le cose in questo modo comprometteva il patrimonio di Gianni, il che non lo preoccupava particolarmente, considerando quante volte era stato sul punto di perdere molto più di questo. Tuttavia, per la prima volta in vita sua aveva altra gente a suo carico. C'erano Colette e i suoi figli, che ancora erano troppo giovani per lavorare, in un paese nuovo che cercava ancora di trovare un suo equilibrio e che a volte entrava in guerra (per fortuna risolte in poche scaramucce) con quella che un tempo era stata la Francia. Ma quei pochi mesi di tintinnio di spade erano stati fatali per l'economia della vedova del Generale Rosi, visto che Gianni non aveva un modo sicuro di farle arrivare il denaro. E dall'altra parte c'era Margueritte. La vedeva tanto felice nella sua nuova casa e a scuola, ma soprattutto in quel frutteto in cui aveva convertito il giardino. Gianni avrebbe potuto subire tutte le umiliazioni del caso, ma non poteva permettere che quella bellissima bambina tornasse nel flusso dal quale l'aveva salvata. Quindi Gianni non poteva permettersi di sbagliare stavolta. 

E non sbagliò. L'impianto SPEG entrò finalmente in funzione, giusto prima dell'inverno di quell'anno. Alla sua inaugurazione invitò le alte cariche del Ministero dell'Educazione Superiore e della Ricerca e del Ministero dell'Industria. E al dimostrazione fu un successo. Gianni aveva paura che qualcuno pensasse che cercava di fare metter in piedi una nuova truffa come quella dei tremogeneratori di Tesla, ma si rese conto che, curiosamente, molta gente non si rendeva nemmeno conto che quello che aveva fatto in Francia era una truffa. Dopotutto, anche in Svizzera la gente era piuttosto ignorante, perlomeno negli aspetti tecnici fondamentali per il suo futuro.

La nuova fonte di energia rinnovabile aveva un rendimento eccellente e poteva essere sfruttata direttamente sia come fonte di calore, sia per produrre forza meccanica o persino, collegata ad un alternatore, per generare elettricità. Gianni spiegò che, scarseggiando materiali fondamentali come il rame (la maggior parte del rame proveniva dal riciclaggio, realizzato penosamente a mano, visto che il commercio internazionale era da tempo un vago ricordo del passato e non c'erano miniere di rame in Europa degne di essere sfruttate), non era conveniente concentrarsi nella generazione di elettricità. Inoltre, la conversione di energia meccanica in elettricità implicava perdite maggiori del 20%, alle quali si sarebbero dovute aggiungere un 20% in più per perdite di trasformazione e trasporto. Pertanto, egli consigliava di cercare di sfruttare il potenziale meccanico diretto: se anziché produrre e trasportare elettricità per il suo uso in fabbriche lontane si fossero installate fabbriche di fianco alla centrale e queste avessero preso l'energia meccanica direttamente mediante pulegge, cinghie e sistemi di trasmissione, si sarebbe potuto avere uno sfruttamento pari a quasi il 100% dell'energia generata dall'impianto PLEG. 

- E' il Secondo Principio della Termodinamica – spiegava Palermo – voi lo avrete generalmente sentito formulare come principio di aumento dell'entropia, ma si può anche intendere come una legge di pedaggio energetico. Cioè, ogni volta che c'è una trasformazione di energia di un tipo – meccanica, termica, elettrica – in un tipo diverso, si deve pagare un pedaggio e questo pedaggio è tanto più grande quanto più diversi siano fra loro i due tipi. Per esempio, collegare una cinghia a questa turbina rotante per azionare quella macchina è molto efficiente, poiché trasformo movimento meccanico in movimento meccanico. Ma se uso vapore acqueo per azionare la turbina, l'efficienza si riduce al 50% e se voglio prima generare elettricità rimane un miserabile 35%. 

Le autorità annuivano, senza in realtà capire nulla, ma erano soddisfatte da Ciò che sembrava essere la fine della scarsità energetica. 

Il primo impianto di Gianni palermo ebbe un grande successo commerciale. I ricchi volevano elettricità, le fabbriche forza meccanica e le case calore per cucinare e per il riscaldamento. La potenza dell'impianto era tale che riusciva a soddisfare gran parte di Zurigo da solo, anche se dovettero installare alcune condutture nuove a riutilizzarne di vecchie. Coi benefici del primo mese di sfruttamento, Gianni poté restituire il materiale che aveva sottratto dal laboratorio e persino fare una generosa donazione all'Università, per cui tornò a respirare sereno. 


I residui di energia del primo impianto SPEG erano talmente tanti che Gianni accoppiò uno stabilimento per la sintesi di fibra di carbonio e di grafene, con l'aiuto dei migliori specialisti della sua università. La fibra di carbonio, materiale leggero e resistente, rendeva più facile la costruzione del secondo impianto, mente il grafene permetteva di migliorare enormemente la conduttività elettrica di certi elementi chiave. Entrambi i materiali erano molto costosi energeticamente, con pochissima exergia – specialmente il grafene – ma avevano il vantaggio di poter essere sintetizzati a partire dal carbonio abbondantissimo dell'atmosfera. Se gli impianti SPEG si estendono, pensò Gianni, si potrebbe persino ottenere una riduzione dei livelli di CO2 nell'atmosfera e fermare il processo di riscaldamento globale. Tuttavia, ci sarebbero voluti decenni per arrivare a produrre una diminuzione percettibile. Dall'altro lato, la sintesi del grafene era talmente costosa, anche con le migliori tecniche disponibili, che il suo uso doveva essere ristretto ad applicazioni nelle quali dimostrasse che l'energia necessaria per la sua sintesi fosse minore del risparmio di energia dato dal suo uso, il che  non avveniva tanto di frequente. 

In un tempo record di sei mesi, il secondo impianto fu pronto a partire. Fatto in fibra di carbonio, era più leggero, efficiente e funzionale. Gianni cominciò a guadagnare molto denaro e ad essere un uomo molto popolare in Svizzera, gli cominciarono a piovere offerte per installare nuovi impianti in tutto il territorio elvetico. Gianni preparava da mesi un piano di reindustrializzazione bilanciata della Svizzera e con il gende potenziale che aveva nelle sue mani cominciò a metterlo in pratica. Il suo sistema era semplice: per prima cosa, impianti SPEG di alta capacità in fibra di carbonio  e con elementi di grafene per le unità di trasformazione elettrica più esigenti, poi, una nuova fabbrica di fibra di carbonio e grafene: E, infine, favorire l'insediamento di fabbriche adiacenti che sfruttavano l'abbondaza di energia e materiali. Un impianto in ogni città, due se questa era grande. Con questo piano in testa, Gianni cominciò l'espansione e coi sui avanzamenti guadagnava sempre più soldi. Soldi. 

- Alla fine dei conti – spiegava a Margueritte mentre tornavano a casa da scuola – i soldi sono solo monete, un simbolo, una rappresentazione delle eccedenze di energia di adesso convertiti in energia immagazzinata, ma solo virtualmente, simbolicamente. 

- Non capisco, Gianni – la bambina lo chiamava sempre per nome. 

- Guarda – e tirò fuori un franco svizzero dalla tasca – diciamo che un franco svizzero equivale, diciamo, a mille kilocalorie – e perché la bambina capisse disse – all'energia che ci da una pagnotta di pane. 
- E' vero – disse Margueritte – nella panetteria della parte bassa di Zurigo ti vendono pagnotte di pane per un franco. 

- Giusto. Quindi, ora cos'ho io in banca, un milione di franchi? Vale a dire, mille milioni di kilocalorie, un miliardo di kilocalorie. Ma non ho necessità di usare tutta questa energia, è come un milione di pagnotte di pane! - Gianni si divertiva vedendo il sorriso di Margueritte che immaginava quasta montagna di pane – Così cedo tutta questa energia ad altra gente che ne ha bisogno ora e loro in cambio mi danno tutti questi biglietti. Ogni biglietto è un valore, un impegno delle persone che me li danno, in realtà la Banca Svizzera, per cui quando io avrò bisogno di tutta questa energia che al momento mi avanza, qualcuno me la darà, grazie sempre alla mediazione della Banca Svizzera. Così abbiamo tutti ciò che vogliamo quando ci serve. Vedi che bella cosa? Ma c'è un problema in tutto questo sistema. Sai qual è?

Margueritte fece cenno di no con la testa.

- Bene, si presuppone che quando io la richieda avrò tutta l'energia che voglio. Il che è un problema se io accumulo sempre più biglietti, se la gente mi paga per tutto quello che posso dargli, perché se un giorno reclamo la mia energia tutta insieme (per esempio, perché voglio costruire un palazzo) – e Margueritte sorrise di nuovo, si immaginava, probabilmente, come una principessa in una palazzo e l'idea fece ridere anche Gianni – potremmo trovarci col fatto che non mi possono pagare o che, per pagarmi, tutta la gente dovrebbe smettere di fare ciò che stavano facendo per pagarmi... compreso smettere di mangiare!

Margueritte si portò la mano alla bocca fra il divertito e lo scandalizzato. 

- Questa sembra una barbarie, in realtà è accaduto davvero, per fortuna molto prima che tu nascessi, Margueritte, L'uomo aveva costruito un sistema molto efficiente, che creò molta ricchezza in questa parte del mondo (anche se in altre morivano di fame), ma che aveva bisogno di disporre di molta energia. Peggio ancora, il sistema aveva bisogno di sempre più energia, perché non abbiamo pensato a niente di meglio che chiedere che per lasciare l'energia che ci avanzava ce ne dovessero restituire ancora di più. E più. E più. Alla fine i nostri buoni sull'energia che qualcuno avrebbe dovuto pagare rappresentavano una quantità di molte volte maggiore dell'energia disponibile nel mondo. E se questo non fosse sufficientemente sbagliato, successe che un giorno le fonti di energia che alimentavano la nostra società cominciarono a dare sempre meno energia. 

Margueritte lo guardava stupita. 

- E per quale motivo, Gianni? Perché all'improvviso quelle fonti davano meno energia?

- Be – continuò la sua peripatetica lezione – in realtà non fu all'improvviso. In realtà c'erano stati molti segni e molti scienziati, come me, avevano avvertito molte volte di questo problema. Risulta che le fonti che sfruttavamo erano, come si dice, “non rinnovabili”: Cioè, che si usano una volta e poi non ci sono più. Erano sostanze che si possono bruciare, che si sono formate in epoche antichissime, quando la Terra era giovane: petrolio, carbone, gas uranio... quelle cose che hai studiato nei libri di Storia. Ce ne sono ancora; di fatto si producono ancora molte di quelle cose, ma i problemi cominciarono non quando finirono petrolio, carbone gas naturale e uranio (perché non si sono esauriti né si esauriranno per secoli), ma quando la loro produzione non ha potuto continuare ad aumentare e cominciò a diminuire.  

- E perché non si è potuto continuare ad aumentare la quantità di petrolio o carbone che estraevamo? Non potevano semplicemente mettere più persone a scavare, o usare macchina più grandi?

- In realtà Margueritte – e qui Gianni sorrise maliziosamente, visto che era arrivato al punto di cui voleva parlare – arrivò il momento in cui il petrolio che rimaneva era più nascosto, più disperso, più profondo... e per estrarlo si doveva spendere più energia di quella che ci dava indietro il petrolio estratto. 

- Be', questo non ha senso. Avremmo perso energia, ma abbiamo bisogno di energia visto che è questa che muove le macchine e tutta la società. 


- Infatti! - disse un Gianni Palermo esultante – e per questo in un determinato momento dovremo lasciare che i giacimenti di petrolio, gas, uranio e carbone... diano sempre meno, perché non conviene più ampliarli. 

- E' logico – disse pensierosa Margueritte. 

- E' Logico – ripeté Gianni – ma non puoi immaginare quanto ci volle a farlo capire alla gente. C'era molta gente che pensava che fosse solo questione di spendere più soldi, senza capire che i soldi non erano l'energia per aprire i pozzi o scavare le miniere, ma un buono per quell'energia. E anche quando si cominciò a vedere che l'energia era troppo cara, si fecero ancora molte follie; si sfruttarono le sabbie bituminose del Canada, il gas e il petrolio di scisto, l'uranio dai fosfati...

Margueritte aveva la faccia di chi non capiva di cosa stesse parlando. Gianni comprese che la lezione di quel giorno doveva volgere al termine. 

- Riassumendo – disse Gianni, abbassando lo sguardo e la voce – non capivamo che non ci sarebbe stata sufficiente energia per poter mantenere un sistema sempre crescente e quando mancò in Europa (altre nazioni più potenti poterono conservare la loro parte), la gente che aveva molti soldi chiese di essere pagata anche se in quel modo condannava alla rovina e alla fame i propri simili. Molta gente rimase senza lavoro, senza casa, senza cibo... senza futuro. La società impazzì e all'improvviso ci diedero la colpa di tutto, fra gli altri a noi scienziati.  

- Non è giusto – disse Margueritte, determinata – Questo non succederà di nuova, vero Gianni? - e lo guardò coi suoi occhi grandi, supplichevoli. 

- No – disse Gianni – Non se posso evitarlo. 

Se c'era qualcosa che Gianni temeva era che, in nome del progresso e della crescita economica, l'Umanità tornasse a cadere negli stessi errori e che questa volta i problemi che avrebbe causato non si sarebbero potuti risolvere. Il Governo svizzero gli chiese varie volte che gli cedesse la tecnologia, ma Gianni non gliela rivelò mai. Gli suggerirono di brevettarla, che di fatto era la cosa migliore che potesse fare per proteggere i suoi interessi commerciali. Ma Gianni sapeva troppo bene che un brevetto è una pubblicazione. Un brevetto è un documento nel quale si dimostra che hai inventato qualcosa e che proibisci  tutti di sfruttarla senza che ti paghino dei diritti ma, pubblicandola, chi avrebbe impedito realmente che la copiassero senza chiederti il permesso? Non era quella l'epoca nella quale uno potesse aspettarsi che le leggi fossero applicate, meno ancora al di fuori della Svizzera. Inoltre, il brevetto espira dopo 20 anni, dopo i quali l'invenzione diventa di dominio pubblico e tutti possono usarlo liberamente. Gianni non aveva la minima speranza che in 20 anni l'Umanità avrebbe compreso la necessità di rispettare i limiti che le impone il proprio habitat, che le impone il pianeta. Così negò mille volte di brevettare o rivelare i suoi segreti.  

L'unica possibilità che gli rimaneva perché la sua opera continuasse risiedeva nell'incontrare qualcuno di sua fiducia per trasmettergli i propri segreti. Ma rabbrividiva pensando a un nuovo Davide Rosi. Così decise di creare questa persona di fiducia, di  modellare questa persona da quando era bambina, insegnandole la verità sul mondo e la necessità di rispettarne i limiti. Decise che un giorno Margueritte avrebbe gestito gli impianti, pertanto mise ancora più impegno nella sua educazione, sia tecnica sia umanistica. Per evitare che Margueritte crescesse come una bambina viziata, la vita nella piccola casa di Strauss era giusta ma austera. Nonostante che Gianni Palermo fosse un uomo ricco in quella residenza, non aveva molti piatti, né posate d'argento, né cristalli fini, né molto cibo, né molti giochi. Niente di tutto questo sembrava interessare Margueritte, che giocava felice con altre bambine o passava ora a sistemare il giardino. Gianni osservava  con orgoglio che i ragionamenti della bambina erano sempre più riflessivi, più profondi. Aveva appena compiuto 10 anni e già era una signorina con la testa sulle spalle e i piedi per Terra. In quel periodo, Gianni smise di prestare servizi sociali. Era un uomo troppo famoso e in realtà con i suoi contributi finanziari e in natura poteva ottenere molto di più che con le proprie mani. Così, disponendo di più tempo libero, Gianni prese con scrupoloso dovere l'andare a prendere la bambina all'uscita della scuola ogni giorno e si godeva la lunga passeggiata di ritorno a casa conversando con la figlia adottiva. Grazie ai suoi generosi contributi, sosteneva sia la scuola sia la sua mensa.   

Nel giro di un altro anno, gli impianti SPEG erano già 4. Il loro apporto energetico cominciò ad avere un impatto positivo sull'agricoltura e la Svizzera si lasciò dietro gli anni di fame. Oltre alla meccanizzazione, con una compensazione minima e senza fertilizzanti né pesticidi (gianni sapeva troppo bene il danno al suolo generato dalla precedente agricoltura industriale), uno di più grandi contributi degli impianti SPEG fu quello di produrre acqua mediante condensazione e in quel modo si poté ovviare ai periodi di siccità occasionali che a quell'epoca colpivano il paese. Gli introiti di Gianni erano ormai così elevati che si poteva permettere il lusso di destinare una parte importante al finanziamento di una rete nazionale di scuole, tutte con mensa. E quello stesso anno e dopo non poche vicissitudini, ottenne che Colette ed i suoi figli si trasferissero in Svizzera, anche se la vedova del suo ex studente preferì rimanere a vivere nella parte francofona del paese. Gianni pagò personalmente la scuola al figlio minore e il liceo al figlio maggiore e un paio di volte all'anno con Margueritte andava a trovarli, anche se Colette non ricambiò mai la visita a Zurigo. 

Tre anni dopo aver cominciato con il primo impianto SPEG, la Svizzera aveva già 16 impianti, con una potenza complessiva di 50 Gigawatt ed una capacità di carico (tempo effettivo durante il quale gli impianti davano il loro potenziale massimo) del 85%. La Svizzera prosperava dopo vari decenni neri e Gianni era considerato un eroe nazionale. 

Gianni promuoveva attivamente l'insegnamento della sostenibilità, dando gli stessi corsi nelle scuole e nei licei. Anche se non aveva nessun incarico nel Governo, era molto influente ed ottenne che l'insegnamento nei licei fossero molto pratici, che si basassero sulle conoscenze applicate al mondo reale e che fossero lontane dall'accademismo, eccetto per le scienze umane, che considerava fondamentali per ottenere un corretto equilibrio emotivo e spirituale negli studenti. Lui stesso insegnava economia critica comparata nella propria Università, mostrando l'errore dei sistemi economici precedenti nell'ignorare che l'economia è un sottosistema del mondo reale, in particolare dell'ecosistema umano, e proponeva come valore fondamentale l'economia ecologica. 

Ma un giorno Gianni subì un contrattempo inaspettato. Stava tornando a casa con Margueritte e mentre la bambina andò a sistemare il giardino – quel giorno non aveva molti compiti –  e lui si mise a controllare la corrispondenza. Una delle lettere proveniva dal cantone nel quale voleva costruire il diciassettesimo impianto SPEG. Si trattava di una comunità rurale che sarebbe stata aiutata molto dalla presenza dell'impianto nel lavoro dei campi. Tuttavia, la lettera comunicava che l'assemblea cantonale riunita aveva deciso di negargli il permesso. Gianni si arrabbiò: com'era possibile che quei contadini ignoranti fermassero così un progetto fondamentale per il loro sviluppo? Gianni decise che avrebbe parlato col Ministero per cambiare la decisione dell'assemblea e se ne andò in giardino a dire a Margueritte che doveva uscire un attimo e che sarebbe rimasta da sola con la governante. La bambina notò che suo padre adottivo era furioso, lo conosceva molto bene e, con la pubertà, la sua capacità di intuizione era aumentata molto. 

- Margueritte – disse Gianni – devo uscire un attimo. Ti lascio da sola con la governante. 

- Molto bene – disse Margueritte e aggiunse – dove vai, papà?

Margueritte raramente chiamava Gianni papà. Con un po' di fastidio Gianni rispose: 

- Vado al Ministero, a sistemare un problema – e vedendo che Margueritte alzava lo sguardo, curiosa, comprese che non poteva dare una spiegazione tanto vaga. Le aveva giustamente insegnato a non accontentarsi di mezze spiegazioni e a tentare sempre di sapere la verità delle cose. Così sospirò, sapendo che le doveva una spiegazione e che gli ci sarebbe voluto un po' – Mi hanno negato il permesso in un cantone per costruire un nuovo impianto.

- E perché ti hanno negato il permesso, Papà? - disse Margueritte mentre potava le rose. 

- Perché sono degli sciocchi! - disse gianni adirato – Non sono capaci di vedere che il nuovo impainto li aiuterebbe molto.

Margueritte rimase a guardarlo per qualche secondo, pensierosa. Poi gli disse:

- Sai papà che a me piacciono molto le rose? Mi ricordano molto mia madre.

Gianni annuì. Quelle rose avevano salvato la bambina dalla malinconia. Gianni ringraziava quel giardino per avergli permesso di tenere con sé Margueritte, la sua grande promessa per il futuro.

- Ricordi che all'inizio volevo riempire tutto il giardino di rose? Compreso il pozzo?

Gianni sorrise, ricordando l'episodio. 

- Alla fine l'unica cosa che ottenni fu che morissero la metà delle rose. In più in altre parti del giardino non si poteva nemmeno entrare, da quante rose c'erano. Il fatto è che ogni rosa ha le sue spine. Non possiamo avere la bellezza senza subirne le conseguenze e a volte è meglio rimanere con meno che con più. E ora che il giardino non è tanto pieno ed ho fiori e piante diverse, le rose sono molto più evidenti, mentre prima si presentavano quasi come un'erbaccia, una piaga che ricopriva tutto. 

Margueritte esagerava, ma naturalmente Gianni capì quello che voleva dire. Dimostrando che aveva appreso bene le lezioni del suo maestro, la bambina aggiunse: 

- Sedici impianti SPEG sono sufficienti per un paese tanto bello come la Svizzera. Ora molta più gente vive di agricoltura e abbiamo le fabbriche di cui abbiamo davvero bisogno per vivere bene. Ormai la fame non c'è più e, grazie a te, padre, i bambini non devono lavorare e ricevono una buona educazione. Più impianti significa più fabbriche e fare più cose che in realtà non ci servono. E se non sappiamo fermarci alla fine più che le rose ciò che noteremo saranno le spine – disse Margueritte, tornando ai suoi lavori di giardinaggio. 
Gianni era commosso. Sua figlia adottiva aveva compreso meglio di lui cos'era la sostenibilità. Certamente doveva scomparire tutta la generazione che , non per colpa propria, era impregnata dell'idea dello sviluppismo, compresi coloro che erano più consapevoli dei problemi ambientali e delle risorse, per far sì che prosperasse una nuova generazione senza pregiudizi. 

Gianni si vergognò del modo in cui aveva parlato del cantone che gli aveva negato il permesso; loro e sua figlia gli avevano dato la lezione più importante della sua vita. Dall'altro lato, sentiva un'allegria incontenibile nel vedere che Margueritte fosse un'allieva tanto capace. Col cuore che gli palpitava forte, le diede un bacio in fronte, la ringraziò e tornò in casa, mentre essa continuò a lavorare con il sorriso sulle labbra. In casa, Gianni scrisse una lunga lettera di ringraziamento al cantone per avergli fatto capire il suo errore e lodando il loro impegno in difesa del territorio. Da quel giorno, Gianni si dedicò a fare manutenzione alle installazioni e a riparare le infrastrutture chiave, contribuendo a smantellarne delle altre, frutto degli eccessi di un altro tempo. 

Col suo nuovo benessere, la Svizzera diventò il faro della cultura e della civiltà. Lo Stato ed i cantoni stimolavano l'arte e le scienze. Il paese prosperava. Era diventato la nuova Firenze. Gianni aveva già compiuto 65 anni e Margueritte era ormai una adolescente. La vita trascorreva placida e tranquilla. 

Una notte di aprile, le truppe tedesche si presentarono alla frontiera. Volevano la tecnologia degli impianti SPEG, ma non volevano negoziare. Ancora una volta, cominciava la guerra. 

Antonio Turiel
Luglio 2013