mercoledì 15 settembre 2010

Il pianeta di smeraldo



Quando si parla di evoluzione e di vita nel passato, ci vengono in mente le grandi rivoluzioni della vita animale sulla terra: l'esplosione multicellulare del Cambriano, la comparsa e la sparizione dei dinosauri, l'esplosione evolutiva dei mammiferi.

Ci viene meno spesso in mente che le piante hanno avuto una loro storia evolutiva altrettanto - e forse più - importante di quella degli animali. Questa storia ce la racconta David Beerling in questo splendido e affascinante libro dal titolo "Il Pianeta di Smeraldo".

Leggersi questo libro vuol dire immergersi in più di 400 milioni di anni di storia della Terra, da quando le prime piante con radici si sono diffuse sui continenti e di come la loro presenza ha cambiato il pianeta.

E' un fatto che di tutta questa storia affascinante non si può capire niente se non la si vede come parte del "sistema terra", dove il clima, la composizione dell'atmosfera, e la vita sono strettamente legate e interdipendenti fra di loro. Le piante hanno effetto sul clima e il clima ha effetto sulle piante. Il primo grande cambiamento climatico del Fanerozoico (il periodo delle forme di vita complesse) è stata l'era glaciale del Carbonifero, quando il grande sviluppo delle piante terrestri ha rimosso grandi quantità di CO2 dall'atmosfera. Meno CO2 vuol dire meno effetto serra e questo ha raffreddato fortemente il pianeta.

La storia delle piante è strettamente legata alla concentrazione di CO2 nell'atmosfera. Il CO2 è cibo per le piante, ma la sua concentrazione non può essere troppo alta, altrimenti il pianeta va arrosto. A questo, si aggiunge il fatto che l'irradiazione solare aumenta gradualmente con il tempo - lentamente - circa dell'1% ogni cento milioni di anni. Ma l'ecosistema terrestre deve fare i conti con questo aumento e se la temperatura non deve crescere troppo, bisogna che la concentrazione di CO2 scenda lentamente. E' questa l'"omeostasi planetaria" - Gaia, per intenderci.



 La concentrazione di CO2 durante il fanerozoico, il periodo delle forme di vita complesse. Il crollo delle concentrazioni a circa 350 milioni di anni fa corrisponde alla nascita delle piante con radici che hanno colonizzato i continenti e assorbito una grande quantità di CO2 dall'atmosfera. Il risultato è stato un raffreddamento della terra. Tuttavia, in media la temperatura si è mantenuta costante lungo tutto questo periodo: il calo del CO2 ha bilanciato l'aumento dell'irradiazione solare. (da Università di Columbia)
 

L'omeostasi planetaria avviene attraverso vari meccanismi geologici e biologici che fanno si che la concentrazione di CO2 sia regolata per mantenere la temperatura entro livelli accettabili per la vita terrestre. Il ciclo "lungo" del carbonio è il principale di questi meccanismi: avviene attraverso l'erosione dei silicati che - a sua volta - è fortemente influenzata dalla presenza di piante. La regolazione non è perfetta, anzi, implica forti oscillazioni; ere glaciali e periodi di surriscaldamento planetario. Ma, nel complesso ha mantenuto la temperatura terrestre entro limiti accettabili per tutto il periodo di esistenza della vita sulla terra.

Quindi, l'esistenza delle piante terrestri è un processo di adattamento a condizioni che continuano a cambiare gradualmente. In epoche remote, ci sono stati periodi di CO2 abbondante che hanno reso la terra molto calda. Al tempo dei dinosauri, gli alberi crescevano ben oltre i circoli polari, quando il mare Artico era caldo a sufficienza che ci avremmo potuto nuotare dentro.

Per noi è difficile immaginarci alberi capaci di resistere all'oscurità totale dell'inverno artico, eppure ne abbiamo ritrovato i fossili: sembra che fossero piante a foglia caduca, ben diverse dalle conifere che oggi associamo alle alte latitudini. Difficile anche immaginarsi queste foreste in inverno: buie, spoglie e silenziose per molti mesi di fila. Ci vivevano i "dinosauri polari" creature dai grandi occhi adattati al buio. Forse migravano in inverno, forse andavano in ibernazione.


La foglia fossilizata di un "Glossopteris", un albero che viveva in Antartide 260 milioni di anni fa. Era un albero a foglia caduca, adattato a vivere con sei mesi di oscurità totale ogni anno. (da Discovery channel)

Gradualmente, in tempi geologici, l'aumento della radiazione solare ha portato a una riduzione della concentrazione di CO2 a livelli talmente bassi da mettere in difficoltà le piante a sfruttarla. Così, è nato un nuovo meccanismo di fotosintesi; adattato apposta a queste basse concentrazioni. Si distingue fra "piante C3" (che usano il vecchio meccanismo) e "piante C4" (che usano il nuovo). Non sappiamo esattamente quando si sia evoluto il meccanismo C4 ma molto probabilmente è una cosa recente in termini geologici, meno di 30 milioni di anni fa. (vedi nota in fondo)

E' una competizione sorda della quale ci siamo accorti solo di recente: gli alberi sono, tipicamente, piante C3, mentre le graminacee sono, tipicamente, piante C4. Un qualsiasi bosco che abbia radure e macchie alberate mostra questa competizione. Il C4 funziona meglio ad alte temperature, il C3 a temperature basse. E' per questo che se andate da nord a sud, trovate sempre meno alberi e sempre più erbe. Il fatto che la fotosintesi C4 sia così efficiente è quello che ha reso possibile la rivoluzione agricola degli ultimi 10.000 anni, che usa spesso graminacee (ma non tutte) a meccanismo C4. Ci stiamo rendendo conto ora di quali sono i meccanismi biologici che ci fanno vivere.

Tutto questo e molto di più si trova nella storia del nostro mondo: un intero ecosistema che cambia e continua a cambiare. E' una storia che è vitale non solo per la nostra conoscenza ma anche per la nostra sopravvivenza. I meccanismi che dominano la vita sulla terra sono delicati e andare a modificarli, come noi stiamo facendo bruciando i fossili, cementificando e deforestando, è pericolosissimo. L'ignoranza uccide, si sa.


Nota sul meccanismo C3-C4 della fotosintesi.

La faccenda è parecchio complicata e il nome C4 o C3 si riferisce al numero di atomi di carbonio della catena di una delle prime molecole che si formano. Il modo C4 riesce a concentrare il CO2 all'interno della cellula così da aumentare l'efficienza di conversione dell'enzima fondamentale; una molecola chiamata "Rubisco". Se non c'è abbastanza CO2, il rubisco si può impegnare a spaccare l'ossigeno invece del CO2 ed è energia solare persa inutilmente. D'altra parte, va detto che il modo C3 è più efficiente in termini di sfruttamento dell'energia solare se c'è CO2 in abbondanza.

A proposito di quali piante usano l'uno o l'altro meccanismo, secondo "The Emerald Planet" (p. 181)

"Ci sono oggi circa 7500 specie di piante riconosciute come C4 che occupano circa un quinto della superficie del pianeta e rappresentano il 30% della produttività del pianeta. Di gran lunga la maggioranza sono erbe sub-tropicali, sebbene alcune specie di falasco e di erbe abbiano anche quelle beneficiato dalla rivoluzione C4. Siccome il loro meccanismo biochimico opera nel modo più efficiente ad alte temperature e alte insolazioni, questo confina le piante C4 a climi subtropicali, dove dominano le praterie e le savane. Soltanto una specie arborea è nota per usare il meccanismo C4, il Chamaesyce forbesii che si trova alle Hawaii .. In aggiunta all'albero C. Forbesii le cose più vicine che abbiamo sono alcuni cespugli legnosi che con gli anni diventano simili ad alberi, tipicamente lo Haloxylon aphyllum che vive nei deserti caldi e sabbiosi dell'asia centrale