domenica 28 febbraio 2010

Astrologia del cambiamento climatico

 
Percepisco che qualcuno sta per fregarti
Wow, grazie per l'avvertimento! Quanto le devo?


La settimana scorsa, la camera dei rappresentanti del Sud Dakota ha approvato il decreto HCR 1009 che prevede l' "insegnamento bilanciato del riscaldamento globale" nelle scuole pubbliche del Sud Dakota.

I rappresentanti del Sud Dakota propongono come cause per i cambiamenti osservati: " Una varietà di effetti climatologici, meteorologici, astrologici, termologici e di dinamica ecologica". A parte l'astrologia (ma anche la "termologia" non è niente male), il documento è una bella collezione di leggende climatiche che illustra bene cosa succede quando i legislatori si improvvisano scienziati. Visto che c'erano, potevano anche abrogare la legge di gravità, così miglioravano la sicurezza degli aerei!

Certe volte mi viene quasi da tirare un sospiro di sollievo: ma allora i nostri legislatori non sono proprio i peggiori del mondo......

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Ecco il decreto completo, se vi incuriosisce.  

State of South Dakota  
EIGHTY-FIFTH SESSION
LEGISLATIVE ASSEMBLY, 2010  


363R0643   HOUSE CONCURRENT RESOLUTION   NO.  1009  


Introduced by:    Representatives Kopp, Bolin, Brunner, Cronin, Curd, Feickert, Gosch, Greenfield, Hamiel, Hoffman, Hunt, Iron Cloud III, Jensen, Juhnke, Kirkeby, Lange, Lederman, Moser, Novstrup (David), Olson (Betty), Olson (Ryan), Pitts, Putnam, Rausch, Russell, Schlekeway, Sly, Steele, Tidemann, Turbiville, Van Gerpen, Verchio, and Wink and Senators Brown, Abdallah, Bradford, Haverly, Maher, and Schmidt
 


        A CONCURRENT RESOLUTION, Calling for balanced teaching of global warming in the public schools of South Dakota.
    WHEREAS, the earth has been cooling for the last eight years despite small increases in anthropogenic carbon dioxide; and
    WHEREAS, there is no evidence of atmospheric warming in the troposphere where the majority of warming would be taking place; and
    WHEREAS, historical climatological data shows without question the earth has gone through trends where the climate was much warmer than in our present age. The Climatic Optimum and Little Climatic Optimum are two examples. During the Little Climatic Optimum, Erik the Red settled Greenland where they farmed and raised dairy cattle. Today, ninety percent of Greenland is covered by massive ice sheets, in many places more than two miles thick; and
    WHEREAS, the polar ice cap is subject to shifting warm water currents and the break-up of ice by high wind events. Many oceanographers believe this to be the major cause of melting polar ice, not atmospheric warming; and
    WHEREAS, carbon dioxide is not a pollutant but rather a highly beneficial ingredient for all plant life on earth. Many scientists refer to carbon dioxide as "the gas of life"; and
    WHEREAS, more than 31,000 American scientists collectively signed a petition to President Obama stating: "There is no convincing scientific evidence that human release of carbon dioxide, or methane, or other greenhouse gasses is causing or will, in the foreseeable future, cause catastrophic heating of the earth's atmosphere and disruption of the earth's climate. Moreover, there is substantial scientific evidence that increases in atmospheric carbon dioxide will produce many beneficial effects on the natural plant and animal environments of the earth":
    NOW, THEREFORE, BE IT RESOLVED, by the House of Representatives of the Eighty-fifth Legislature of the State of South Dakota, the Senate concurring therein, that the South Dakota Legislature urges that instruction in the public schools relating to global warming include the following:
            (1)    That global warming is a scientific theory rather than a proven fact;
            (2)    That there are a variety of climatological, meteorological, astrological, thermological, cosmological, and ecological dynamics that can effect world weather phenomena and that the significance and interrelativity of these factors is largely speculative; and
            (3)    That the debate on global warming has subsumed political and philosophical viewpoints which have complicated and prejudiced the scientific investigation of global warming phenomena; and
    BE IT FURTHER RESOLVED, that the Legislature urges that all instruction on the theory of global warming be appropriate to the age and academic development of the student and to the prevailing classroom circumstances.

sabato 27 febbraio 2010

Stiamo perdendo la saggezza.

"La scienza del clima è un imbroglio!"
"Stai ignorando la gravità della nostra situazione!"
"La gravità è un imbroglio!"


Un ondata di follia sembra stia travolgendo ogni tentativo di comunicare in termini non basati su slogan e insulti. Abbiamo perso la saggezza, sembrerebbe. Cosa sta succedendo?


Vi passo qui di seguito un post di Jim Lippard che segue una linea abbastanza simile a quella del mio post recente "L'Internet è una foresta incantata" dove ragionavo sulla difficoltà di distinguere fra informazione "buona" e "cattiva" su Internet.

C'è molta discussione sul web su questo argomento. Secondo alcuni, l'abbassamento del costo dell'informazione sul web ci sta portando più danni che vantaggi. Nel post di Lippard trovate una discussione molto interessante quando cita Yaron Ezrahi. Questo pezzetto che vi traduco è forse un po' pesantino, ma se avete cinque minuti potete provare a leggerlo (grassetto mio):

La sintesi post-illuministica della conoscenza scientifica e politica nelle società democratiche è in declino sulla base di una transizione del discorso pubblico in bocconcini facilmente consumabili di informazione presentata in modo vivido che Ezrahi chiama "fuoriformazione" ("outformation"). Mentre, prima dell'illuminismo, l'autorità aveva più che altro una base religiosa e l'ideale per la conoscenza era la "saggezza" -- che Ezrhai vede come una miscela di conoscenza "cognitiva, morale, sociale, filosofica e pratica" che è privilegiata, intoccabile e una questione di fede, l'Illuminismo portò in avanti la conoscenza scientifica sistematizzata. Questa conoscenza era formale, obbiettiva, universale, impersonale e insegnabile - con un certo sforzo. Quando questo sapere scientifico diventa utilizzabile per un pubblico più vasto, viene spogliato dei suoi strati teoretici, formali, logici e matematici e diventa una "conoscenza pensata", ovvero una conoscenza che dipende dal contesto e dal luogo. Infine, quando l'informazione viene ulteriormente allontanata dal suo contesto e progetto di uso per uno scopo particolare, eppure viene incrememntata con rappresentazioni "ricche e frequentemente intense" che includono "esperienze cognitive, estetiche, emozionali e di altre dimensioni. A questo punto diventa "fuoriformazione".


Questa "fuoriformazione" secondo Ezrahi, ti porta a dare peso a realtà soggettive che vengono però trattate come legittime e autorevoli. Il risultato finale sono "azioni politiche a basso costo" basate su queste realtà soggettive.

Se siete arrivati fino a qui, credo che avete colto come il ragionamento di Ezrahi descrive esattamente cosa sta succedendo nel dibattito sul riscaldamento globale. Lo spezzettamento dell'informazione ci sta facendo perdere di vista la realtà vera, sommersa dalle "realtà soggettive" che ne stanno prendendo il posto della realtà vera.

Per esempio, guardate quanta gente si è convinta che il fatto che sia nevicato o abbia fatto freddo questo inverno vuol dire che il concetto di riscaldamento globale è una bufala. Per loro, questa realtà locale e limitata nel tempo è diventata la realtà universale. Tutto questo sta abbassando il livello del dibattito che ormai non contempla più che azioni a basso costo a livello politico, invece di quelle ben più importanti che sarebbero necessarie.

Ma, forse, l'Internet non c'entra niente. Alla fine dei conti, il problema potrebbe essere soltanto uno: stiamo perdendo la saggezza.



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Is knowledge drowning in a flood of information?


There have long been worries that the mass media are producing a “dumbing down” of American political culture, reducing political understanding to sound bites and spin. The Internet has been blamed for information overload, and, like MTV in prior decades, for a reduction in attention span as the text-based web became the multimedia web, and cell phones have become a more common tool for its use. Similar worries have been expressed about public understanding of science. Nicholas Carr has asked the question, “Is Google Making Us Stupid?”


Yaron Ezrahi’s “Science and the political imagination in contemporary democracies” (a chapter in Sheila Jasanoff's States of Knowledge: The Co-Production of Science and Social Order) argues that the post-Enlightenment synthesis of scientific knowledge and politics in democratic societies is in decline, on the basis of a transition of public discourse into easily consumed, bite-sized chunks of vividly depicted information that he calls “outformation.” Where, prior to the Enlightenment, authority had more of a religious basis and the ideal for knowledge was “wisdom”--which Ezrahi sees as a mix of the “cognitive, moral, social, philosophical, and practical” which is privileged, unteachable, and a matter of faith, the Enlightenment brought systematized, scientific knowledge to the fore. Such knowledge was formalized, objective, universal, impersonal, and teachable--with effort. When that scientific knowledge is made more widely usable, “stripped of its theoretical, formal, logical and mathematical layers” into a “think knowledge” that is context-dependent and localized, it becomes “information.” And finally, when information is further stripped of its context and design for use for a particular purpose, yet augmented with “rich and frequently intense” representations that include “cognitive, emotional, aesthetic, and other dimensions of experience,” it becomes “outformation.”


According to Ezrahi, such “outformations” mix references to objective and subjective reality, and they become “shared references in the context of public discourse and action.” They are taken to be legitimated and authoritative despite lacking any necessary grounding in “observations, experiments, and logic.” He describes this shift as a shift from a high-cost political reality to a low-cost political reality, where “cost” is a measure of the recipient’s ability to consume it rather than the consequences to the polity of its consumption and use as the basis for political participation. This shift, he says, “reflects the diminished propensity of contemporary publics to invest personal or group resources in understanding and shaping politics and the management of public affairs.”


But, I wonder, is this another case of reflecting on “good old days” that never existed? While new media have made new forms of communication possible, was there really a time when the general public was fully invested in “understanding and shaping politics” and not responding to simplifications and slogans? And is it really the case, as Ezrahi argues, that while information can be processed and reconstructed into knowledge, the same is not possible for outformations? Some of us do still read books, and for us, Google may not be “making us stupid,” but rather providing a supplement that allows us to quickly search a vast web of interconnected bits of information that can be assembled into knowledge, inspired by a piece of “outformation.”

giovedì 25 febbraio 2010

L'attacco alla scienza: siamo alle liste di proscrizione



Si chiama "feeding frenzy" (frenesia famelica) quello che succede quando gli squali sentono l'odore del sangue. Questo è quello che sta succedendo con la scienza del clima: i politici hanno sentito l'odore del sangue e si stanno scatenando in una campagna di demolizione contro gli scienziati colpevoli di aver smosso le acque. E' la vendetta delle lobby del carbone e del petrolio.

Ora, il senatore degli Stati Uniti James Inhofe ha pubblicato un rapporto dove elenca esplicitamente i nomi delle persone da prendere a bersaglio per azioni contro comportamenti "non etici e potenzialmente illegali", come trovate scritto qui.

E' una vera lista di proscrizione di nomi che comprendono una buona frazione degli scienziati di punta della scienza del clima mondiale. Eccoli qui. Per ora, penso che non ci sia nella lista nessun lettore di questo blog. Ma solo per ora.....


Raymond Bradley
Keith Briffa
Timothy Carter
Edward Cook
Malcolm Hughes
Phil Jones
Thomas Karl
Michael Mann
Michael Oppenheimer
Jonathan Overpeck
Benjamin Santer
Gavin Schmidt
Stephen Schneider
Susan Solomon
Peter Stott
Kevin Trenberth
Thomas Wigley

mercoledì 24 febbraio 2010

Se tiri fuori la pistola, è per uccidere!


Non mi ricordo più in quale film di John Wayne si sentono le parole "Se tiri fuori la pistola, è per uccidere." Forse non era nemmeno un film di John Wayne, ma non importa. E' una frase che rende bene l'idea che se tiri fuori un'arma qualsiasi corri il rischio che il tuo nemico ne usi una equivalente contro di te. E' quello che in termini strategici si chiama "Escalation".

La stessa regola di John Wayne vale per l'escalation mediatica, ma in questo caso non si parla di eliminazione fisica dell'avversario. Si parla piuttosto della sua eliminazione mediatica: il termine tecnico è "character assassination" (assassinio del personaggio). E' una tecnica potentissima che, però, va usata con molta cautela perché, come per tutte le armi potenti, chi la usa per primo si espone a una ritorsione con gli stessi metodi.

Negli ultimi tempi, abbiamo visto la lobby dei negazionisti climatici fare un salto di letalità nello scontro mediatico. Se prima la loro tattica era di negare o distorcere la realtà dei fatti o la loro interpretazione, adesso si sono mossi attaccando direttamente le figure degli scienziati di spicco: Michael Mann, Rajendra Pachauri, Keith Briffa, Phil Jones e altri sono stati accusati senza mezzi termini di aver falsificato i dati per interesse personale.

Difficilmente si può pensare a un insulto più pesante: per un ricercatore, falsificare i dati è un abominio, è il massimo dell'abiezione, è la cosa che sta al primo posto in assoluto nella lista delle cose da non fare. Uno scienziato che falsifica i dati è come un prete pedofilo, un pompiere incendiario, un impresario di pompe funebri necrofilo; cose del genere, insomma.

Nella cronaca ci sono casi di persone che tradiscono la loro professionalità, ma non si può fare di ogni erba un fascio e dire, per esempio, che i preti sono tutti pedofili a partire da un caso di cronaca. Qui, invece, vediamo un attacco mediatico che mira all'assassinio della reputazione di un gruppo di scienziati - fra le altre cose senza nemmeno una base reale. Ma è un attacco che si è espanso a minare la reputazione di tutta la scienza del clima e - di riflesso - di tutta la scienza.

Come dicevo prima, sono armi estremamente letali che si prestano a una ritorsione altrettanto letale. In effetti, stiamo vedendo l'inizio di questa ritorsione e i negazionisti hanno molto da temere se le tecniche di assassinio del personaggio verranno usate contro di loro.

Per esempio, un personaggio molto equivoco fra i negazionisti è Steve McIntyre del sito "ClimateAudit". McIntyre è molto noto su internet per la sua ossessiva campagna, una specie di stalking, contro Michael Mann e il suo "hockey stick" (la "mazza da hockey"). Sebbene il lavoro di Mann sia stato confermato e validato da tutti gli studi successivi in proposito, McIntyre è riuscito a convincere molta gente che era "sbagliato".

Ma chi è McIntyre per lanciarsi in questa impresa di demolizione del lavoro non solo di Mann ma di tutti quelli che hanno lavorato su ricostruzioni paleoclimatiche?

Beh, McIntyre è uno che come affidabilità non è che sia gran ché, anzi è pessimo. Tanto per fare un'esempio, in un suo documento si lancia a dichiarare che i ghiacciai alpini al tempo dei Romani erano molto più ridotti degli attuali, e ci fa vedere anche una figura che mostra i ghiacciai quasi scomparsi come dovevano essere "al tempo dei Romani". Peccato che se si va a vedere la sorgente di questa affermazione troviamo che non è vero niente. E l'immagine l'ha presa da una rivista popolare!

E questo sarebbe uno di quelli che criticano l'IPCC perché ha parlato dei ghiacci himalayani senza citare un articolo "peer reviewed"? E uno che si inventa di sana pianta queste cose dovrebbe essere quello che va a correggere il lavoro degli scienziati? 


In effetti, a un'analisi dettagliata del personaggio che è Steve McIntyre vengono fuori cose interessanti. C'è di mezzo APCO, una lobby finanziata da aziende petrolifere. McIntyre è connesso con il senatore James Inhofe, noto negazionista, e con i "friends of science" un classico caso di quello che si chiama "astroturfing", ovvero di infiltrati che portano avanti gli interessi delle lobby del carbone e del petrolio sotto una falsa bandiera ambientalista. E altre cosette che potete leggervi da voi su questo link....

E' non è questione del solo McIntyre. Se vi leggete il libro di Jim Hoggan "Climate Cover-up" troverete un interessante lista di loschi figuri che si atteggiano a scienziati disinteressati che sono sul libro paga dei vari think thank americani a loro volta pagati dalle compagnie petrolifere o del carbone. Insomma, c'è una banda di gente, là fuori, pagata per imbrogliarci.

Adesso che siamo arrivati all'assassinio del personaggio, le pallottole volano e si tratta di vedere chi rimarrà in piedi. In questo gioco, i negazionisti climatici hanno tutto da perdere.

domenica 21 febbraio 2010

L'internet è una foresta incantata


Avete mai visto un amanita falloide? E' un fungo bellissimo, così come lo è l'amanita muscaria; il fungo delle fiabe, quello con il cappello rosso a puntini bianchi.

Belli ma mortali e tutti gli anni qualcuno ci casca. Spesso è una svista, ma mi ha raccontato un esperto di funghi che gli è capitato di parlare con uno che era sopravvissuto - a mala pena - dopo essersi cucinato un'amanita falloide in un pentolino. Alla domanda, "ma come ti è venuto in mente di fare una cosa del genere?" ha risposto, "mi sembrava impossibile che un fungo così bello potesse essere velenoso." L'apparenza inganna, come si suol dire.

Certe volte mi sembra che l'internet sia una specie di foresta incantata: ci sono tanti bei funghi virtuali; cibo per la mente. Alcuni sono buoni ma alcuni sono velenosi. Se uno va in giro e raccoglie funghi senza sapere cosa fa, finisce per avvelenarsi. L'avvelenamento che ti può capitare su internet non è mortale per il fisico ma ti può allontanare dalla realtà senza speranza di ritorno.

Questo lo vedete bene se cercate di informarvi su internet su argomenti scientifici. Provate a fare una ricerca su cose appena un po' controverse, tipo l'evoluzione darwiniana, e troverete siti avvelenati in quantità; ovvero siti che sostengono di essere "scientifici" ma che in realtà non lo sono affatto - sono siti di impostazione politica o religiosa mascherati.

Se poi andate su un argomento molto controverso, come il riscaldamento globale; allora ci sono ottime possibilità di trovarsi di fronte all'equivalente virtuale di un amanita fallica. Se non state attenti finirete mentalmente avvelenati da ragionamenti solo apparentemente scientifici ma che sono pura propaganda che origina dalle lobby del carbone e del petrolio. Se le vostre informazioni sul clima arrivano da questi siti rischiate veramente di convincervi che il riscaldamento globale è un invenzione di un gruppo di scienziati malvagi che hanno complottato nell'ombra per imbrogliare il pubblico e continuare a ricevere i loro lucrosi contratti di ricerca.


In campo scientifico abbiamo visto un incredibile sviluppo dell'informazione su internet. Ci sono dei blog e dei siti scientifici eccellenti - specialmente in inglese. Veramente, oggi informarsi e approfondire è un piacere che avrei voluto poter provare quando ero studente - quando ci toccava laboriosamente sfogliare le riviste scientifiche in laboratorio, che arrivavano sempre in ritardo di mesi. Adesso, si può essere aggiornati in tempo quasi reale sugli sviluppi della scienza.

Purtroppo, però, questo grande sviluppo dell'informazione di qualità non serve a niente se chi lo riceve non è in grado di discernere e selezionare. Come ho detto più di una volta, la comunicazione è sempre a doppio senso: è sempre un dare e ricevere. E qui siamo nei guai.

Riesce il pubblico a discernere fra informazione di qualità e propaganda? Evidentemente, non ci riesce. Ultimamente, sembra che nessuno riesca più a ragionare se non per leggende; per cose sentite dire non si sa dove, non si sa quando e non si sa da chi. Sembra che tutti si siano intossicati con delle amanite virtuali. Il dibattito sul riscaldamento globale ne è un buon esempio: la scienza sta finendo sommersa dalla propaganda che ci propina leggende senza fine.

E allora? Beh, allora siamo in grossi guai. Ci sono da prendere dei provvedimenti per risolvere i problemi globali che fronteggiamo e non lo possiamo fare sulla base di leggende.

Possiamo fare in modo che l'informazione di qualità prevalga? Forse, ma dobbiamo ragionarci sopra. Per il momento, vi passo questo interessante articolo di Galatea sull'argomento.


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Di Galatea



“Se un oggetto è gratuito, non vale niente, diceva mio padre.” E ancora “In rete – gratis – ci si informa. Sul giornale – a pagamento – si conosce e si approfondisce.”

Queste due affermazioni, fatte ieri da Carlo de Benedetti, editore del gruppo Repubblica, meritano sicuramente una attenta esegesi. Non perché siano clamorosamente nuove (in buona sostanza, sono la stessa roba già dichiarata, qualche tempo addietro, da Gianni Riotta), ma perché la loro analisi potrebbe aiutare a capire alcuni cortocircuiti di pensiero che forse impediscono un più corretto sviluppo di rapporti e collaborazioni fra rete e stampa tradizionale.

La stampa on line non esiste ancora: Per ora la stampa tradizionale, così come anche la tv tradizionale, non pare aver saputo trovare il modo di integrare e nemmeno di “sfruttare” le potenzialità del web. I siti dei giornali italiani (e anche stranieri, in linea di massima) non sono “informazione on line”: sono semplicemente le versioni on line del cartaceo. Del web sfruttano la velocità di aggiornamento (il giornale è leggibE' allora? Eh, beh, siamo nei guai - ile tramite i-Phone, Blackberry, tiene costantemente informati i lettori con twitter o gli sms, immette filmati con dichiarazioni e video pescati da Youtube), ma manca una specificità legata al mezzo. I giornali hanno trasportato sul web la loro struttura tradizionale, ed abbastanza elefantiaca, dove lo “stacco” però tra chi fa il giornale e chi lo legge è drammatico. Per rendersene conto basta vedere la patetica sezione dei “commenti” a fondo dell’articolo: non c’è mai un singolo autore, neppure fosse l’ultimo redattore precario, che si premuri di rispondere alle sollecitazioni degli utenti. L’articolo del quotidiano messo sul web è là, ed ha la mobilità di una tavola della legge: non si discute. Eppure ci vorrebbe niente, da parte dell’autore, per cambiare questo tipo di rapporto: una volta messo il pezzo on line, dopo un’oretta, passo, leggo i commenti, rispondo. Qualsiasi blogger lo fa d’abitudine, ponendosi in un rapporto diretto con il suo lettore. Il giornalista della carta stampata no, manco gli viene in mente. Persino quando poi, magari, è anche blogger.

Il principio di questa scarsa interazione fra il giornale ed i suoi lettori è qualcosa di più che una semplice incapacità di rapportarsi ad essi da parte dei giornalisti che hanno scritto il pezzo, i quali, come abbiamo visto, nei loro blog personali o su Friendfeed talvolta invece rispondono direttamente, dando luogo anche a pittoreschi flame con i commentatori. È invece un portato diretto del suo sentirsi “professionista” solo nel momento in cui scrive sul giornale. Sul giornale lo pagano, e, in virtù di questo, il suo articolo è ammantato di ieraticità, indiscutibile dal basso: al massimo risponderà, con un altro articolo, il giorno seguente, alle critiche di altri giornalisti o di altre testate.

   1. L’idea che il giornalista è tale solo in quanto assunto da una testata, genera quindi un modo di comportarsi anche sul web da parte del “giornalista” che è alieno dalla caratteristica principale del web stesso, che non è solo velocità di comunicazione, ma anche interattività nella produzione della comunicazione stessa.In teoria tale comportamento dovrebbe essere alieno anche dal meccanismo che regola la “buona” carta stampata vecchio stile. De Benedetti , infatti, descrive così la stampa prodotta dal suo gruppo: “Un giornale, ma direi più in generale un grande gruppo editoriale non è un partito, ma una comunità vivente, in cui ognuno influenza l’altro, nel quadro di un’identità. E un sistema di idee che organizzano, gerarchizzano, ordinano le notizie della giornata. E’ così che concepisco l’informazione”.
      È curioso notare come la prima parte della definizione, in realtà, è assolutamente omologa a quella che si potrebbe dare di una web-comunity: il problema semmai sorge quando si analizza la seconda parte, cioè il passo in cui si parla di idee che organizzano, gerarchizzano, ordinano le notizie della giornata. Già, ma su che base? Nel web, che è un mare magno in cui si trova di tutto, la gerarchia viene data dalla credibilità acquisita sul campo dal singolo blogger nella cerchia più o meno vasta dei suoi lettori, e nella sua capacità singola di farsi notare postando notizie o approfondimenti originali. Nasce, insomma, da confronto quotidiano, anzi minuto per minuto. Non è ben chiaro fino in fondo, invece, da cosa sia garantita sulla carta stampata: la comunità ipotizzata da De Benedetti risulta una comunità molto più chiusa, come abbiamo visto, agli influssi esterni. Non solo perché le notizie vengono gerarchizzate sulla base di un quadro di identità del giornale (fenomeno che certo è presente anche nel mondo dei blog: il blogger gerarchizza e sceglie le notizie sulla base di quanto gli interessa e gli piace: ma lui, appunto, è solo una barchetta nel mare del web, un giornale è una corazzata..) ma perché i membri della comunità che possono esprimere pareri sono però limitati a quanti sono giornalisti “pagati per produrre”.
 

   2. “Se un oggetto è gratuito, non vale niente.” L’affermazione, nella sua apoditticità, è un bell’assunto di capitalismo borghese di stampo ottocentesco: ogni cosa ha un costo e il valore della cosa è determinata dal costo della stessa, che a sua volta è determinato dal mercato. Peccato che per le forme d’arte ed in parte per le forme di comunicazione l’identità fra corrispettivo economico e valore della cosa in sé non sia così automatico. In realtà, nel campo della produzione culturale, il fatto che lo scrittore/intellettuale (bene o male questo è il giornalista) venga retribuito per il suo lavoro è in realtà un concetto molto recente. Grandi opere della letteratura mondiale non hanno fruttato un soldo ai loro autori, che le hanno composte e in qualche modo “regalate” gratuitamente al pubblico. Un Tucidide, padre virtuale di tutti i giornalisti del mondo, non risulta che abbia ricavato una dracma dai suoi scritti, nonostante li avesse pensati con il preciso intento, dichiarato fin dalla prefazione, che essi fossero ktema es aei, una sorta di acquisto destinato a rimanere nel tempo. Dunque, stando nel campo della produzione intellettuale, il ragionamento del De Benedetti padre, e del De Benedetti figlio che lo cita, in realtà non costituisce un metro di valutazione, oppure bisognerebbe inferire che la Commedia di Dante (il quale mai intascò un fiorino bucato dai suoi scritti) vale meno di un fondo di Eugenio Scalfari, che s’è sempre fatto generosamente retribuire per ogni virgola. Possono esistere dunque, e bisogna ammetterlo, dei prodotti editoriali di valore benché gratuiti, in quanto questi sono prodotti messi in rete da autori che non pretendono di ricavare da essi guadagni materiali, ma solo di divulgare la propria opinione su un argomento specifico o un avvenimento: non saranno Dante, ma possono essere meglio di un fondo Riotta.
 

   3. Perché anche l’assunto della seconda affermazione di De Benedetti, in realtà, appare un po’ spericolato. “In rete – gratis – ci si informa. Sul giornale – a pagamento – si conosce e si approfondisce.” dice. Questa è una posizione, semmai, che può essere valida nella diatriba fra televisione e carta stampata, non fra carta stampata e web. La carta stampata è riuscita a resistere, seppur modificandosi, al successo della tv perché, essendo scritta, è per sua natura portata ad essere uno spazio di approfondimento. Nel tiggì serale le notizie vengono date, ma i tempi sono troppo stretti per poter consentire una analisi, che richiede non solo un analista, ma anche un pubblico in grado di assimilare e meditare prima di poter ribattere alle eventuali affermazioni fatte e letture dei dati proposte. Per quanto riguarda l’approfondimento della notizia, semmai, il web permette l’accesso ad una serie di risorse che non sono possibili per l’articolo del giornale stampato: si pensi alla possibilità di linkare direttamente fonti, tabelle, dati, altri siti; di rimandare il lettore con un solo clic ad un altro autore di cui si stanno sposando o contestando le tesi. Sulla Tv , sugli aggregatori o sui social tipo Twitter l’utente viene a conoscenza delle notizie nude e crude, e l’approfondimento avviene ormai, nei paesi più evoluti, proprio attraverso il web: ma è un approfondimento che si svolge non tanto sui siti dei giornali, ma su una galassia di blog e siti “gratuiti”.
 

   4. Il sito o il blog “gratuito” è necessariamente inferiore, come qualità di approfondimento, a quello del giornale? Be’, non è detto. Mentre sulla carta stampata il giornalista cui viene affidata la scrittura del pezzo può anche non essere un esperto specifico della materia di cui tratta, nei blog, anzi, la specializzazione diventa, per il blogger che voglia coltivare e tenere stretto il suo pubblico, una necessità. I blog tendono a selezionare gli argomenti e offrire ai loro lettori pareri su cose che conoscono, di cui sono esperti, siano esse la politica mediorientale o il punto croce. Il fatto stesso che il blogger possa scegliere la materia da trattare, perché in buona sostanza è l’editore di se stesso, mentre il giornalista non possa sempre farlo, spinge il blogger che voglia costruirsi una credibilità sul web a evitare gli argomenti su cui non è ferrato. Anche perché sa che, essendo i commenti aperti e la sua credibilità in rete legata alla sua capacità di non farsi cogliere in fallo da commentatori più esperti di lui, cerca di evitare brutte figure. Il che non evita, naturalmente, che in rete si trovi molto ciarpame: ma non più e non di diverso tipo da articoli pressapochisti e illeggibili che trovano spazio nei siti dei giornali old style.
 

   5. Gli assunti proposti da De Benedetti per la sua analisi del rapporto fra web e carta stampata, insomma, appaiono traballanti nella sostanza. Diversa è semmai la loro valutazione dal punto di vista imprenditoriale (De Benedetti parla dal punto di vista di imprenditore). Qui è ovvio che la quantità di risorse economiche necessaria per tenere in piedi il sito di un giornale strutturato come appendice di un giornale tradizionale è notevole, ed oggi può essere sostenuta solo con alle spalle un editore vecchia maniera. È anche vero che, allo stato attuale, i blogger “gratuiti” non potrebbero garantire una capacità di diffusione della notizia pari a quella dei giornali: il fallimento dei giornali modello “tradizionale” in questo momento sarebbe sicuramente un pericolo per la democrazia. Resta però il fatto che arrocarsi da parte degli editori tradizionali sul modo “tradizionale”, appunto, di fare informazione, e continuare a considerare il web come una appendice non è sintomo di lungimiranza. Il futuro richiederà un ripensamento generalizzato delle modalità di fare informazione, nonché sulla selezione di chi la fa. Pretendere che il web si appiattisca e segua le regole della carta stampata perché queste sarebbero le uniche a garantire al lettore una “qualità” è in qualche modo pretendere che una macchina si comporti come una bicicletta, e conitnuare pervicacemente a sostenere che gli unici in grado di sapere come si corre veramente per strada sono i ciclisti.

venerdì 19 febbraio 2010

La non-leggenda dei vulcani artici


La graduale sparizione dei ghiacci artici è uno degli effetti più evidenti del riscaldamento globale. C'è stato però chi ha speculato che potrebbe essere dovuta alla presenza di vulcani sottomarini. Come vedremo qui di seguito, questa spiegazione è soltanto una leggenda; anzi, è talmente assurda che la possiamo definire una "non-leggenda".  (immagine da ecology.com)


Nessuno potrebbe proporre seriamente che il riscaldamento globale che osserviamo oggi sia causato dal calore geotermico che arriva dall'interno della Terra. Questo per una ragione semplicissima: il calore geotermico è infinitesimale (circa lo 0.01%) rispetto a quello che viene dal sole. Non che le eruzioni vulcaniche non abbiano effetto sul clima; anzi, hanno un ben osservabile effetto di raffreddamento per via dell'emissione di pulviscolo. Ma, il calore emesso è veramente troppo piccolo: una sua variazione, anche relativamente importante,  non potrebbe neanche lontanamente spiegare i fenomeni di riscaldamento globale che osserviamo.

Per la verità, cercando bene su internet, si trova anche qualcuno che riesce a sostenere in tutta serietà che il riscaldamento globale è causato da cambiamenti nel flusso del calore geotermico. Ma questo è un caso che possiamo definire di incompetenza addirittura patologica. Tuttavia, non è impossibile speculare che perlomeno certi effetti locali normalmente attribuiti al riscaldamento globale siano in realtà causati da fenomeni geotermici.. Questo à quanto ha sostenuto il Prof. Adriano Mazzarella, docente di Climatologia presso l'Università di Napoli a proposito della fusione dei ghiacci artici.

Sul quotidiano "Il Napoli" del 23 Gennaio 10 leggiamo un comunicato del Prof Mazzarella di cui riporto il paragrafo saliente.


Il colossale fornello geotermico si accende e si spegne sotto i ghiacciai dell'Artico in maniera del tutto naturale e questo giustifica pienamente la variabilità areale dei ghiacciai artici che da tempo i mass media imputano solo all'azione forsennata di produzione dell'anidride carbonica (CO2) da parte dell'uomo. I vari convegni internazionali che cercano di fissare un tetto alle emissioni di CO2 passeranno alla storia come la più inutile manifestazione di presunzione dell'uomo.

Ora, quella che fa Mazzarella è un'affermazione molto forte: "questo giustifica pienamente la variabilità areale dei ghiacciai artici" Per lanciarsi in un'interpretazione del genere occorrerebbero dati e studi o, perlomeno, delle stime quantitative. Ma non risulta che Mazzarella abbia pubblicato degli studi su questo argomento..

Forse Mazzarella si riferisce al lavoro di qualcun altro? Nel comunicato, cita un lavoro di Sohn e altri apparso su Nature nel 2008 ma, se andiamo a vedere questo articolo non ci troviamo niente a proposito dei vulcani come possibili responsabili della fusione dei ghiacci polari.

Su questo punto ho scritto direttamente a Robert Sohn, scopritore di questi vulcani, il quale mi ha risposto gentilmente dicendomi che:

... it is clear to me that these eruptions, impressive as they must have been, did not have enough heat content to melt significant amounts of sea ice. I also note that the melt off in 2007 was on the Western side of the Arctic Basin, while the volcanoes are thousands of km away beneath the Eastern Basin.

.... mi è chiaro che queste eruzioni, per quanto impressionanti possano essere state, non contenevano abbastanza calore per per fondere quantità significative di ghiaccio marino. Noto anche che la fusione del 2007 ere nel lato Ovest del bacino Artico, mentre i vulcani sono a migliaia di chilometri di distanza sotto il bacino Est. 

Molto chiaro, direi: non ci sono abbastanza vulcani e non sono nemmeno nel posto giusto. Se però, per caso, questo non vi basta, trovate la stessa opinione espressa anche da altri scienziati in questo articolo del NY times. L'idea che i vulcani sottomarini spiegano la fusione dei ghiacci polari il prof Mazzarella se l'è inventata senza uno straccio di dato o di prova in proposito.

Quindi, questa dei vulcani artici che scaldano la calotta polare è solo una delle tante leggende sul clima. E' una leggenda particolarmente poco efficace se la si vuole usare come prova che il riscaldamento globale antropogenico è tutta una bufala e un imbroglio. In effetti, basta chiedere come sta che - se i ghiacci polari si ritirano per via dei vulcani artici - allora cos'è che fa sparire i ghiacci alpini, il permafrost canadese, quello siberiano, eccetera? Ci sono sotto dei vulcani anche lì? Insomma. è una cosa che proprio non sta in piedi .

Nonostante l'assurdità di questa faccenda non possiamo escludere che la storia dei vulcani artici che sciolgono i ghiacci non si diffonda su internet insieme alla tante leggende climatiche che girano: dai pianeti che si scaldano al medioevo che era più caldo di oggi. Per ora la possiamo definire una "non leggenda," ma non ci sono limiti alla credulità umana.


mercoledì 17 febbraio 2010

Impazzimento globale


Vista l'ondata di follia che si sta abbattendo sul dibattito sul clima, un po' di buonsenso sembra essere una dote rara. Questo buon senso ce l'ha Thomas Friedman che sul New York times parla di "Impazzimento globale" (global weirding) e ci offre qualche ragionamento sensato, una volta tanto.

Dei festival di nonsenso che periodicamente travolgono la politica americana, sicuramente il più stupido è quello che vuole che il fatto che Washington ha avuto un inverno particolarmente nevoso prova che il cambiamento climatico è una bufala e che, di conseguenza, non dobbiamo preoccuparci di queste cose da donnette tipo l'energia rinnovabile, pannelli solari, e accise sul carbone. Basta che trivelli, ragazza, trivella!

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Dal New York Times del 17 Febbraio 2010


Global Weirding Is Here

Americans’ confusion about climate change makes the U.S. less inclined to move toward clean-tech and more certain to remain addicted to oil

By THOMAS L. FRIEDMAN


Of the festivals of nonsense that periodically overtake American politics, surely the silliest is the argument that because Washington is having a particularly snowy winter it proves that climate change is a hoax and, therefore, we need not bother with all this girly-man stuff like renewable energy, solar panels and carbon taxes. Just drill, baby, drill.


When you see lawmakers like Senator Jim DeMint of South Carolina tweeting that “it is going to keep snowing until Al Gore cries ‘uncle,’ ” or news that the grandchildren of Senator James Inhofe of Oklahoma are building an igloo next to the Capitol with a big sign that says “Al Gore’s New Home,” you really wonder if we can have a serious discussion about the climate-energy issue anymore. 

The climate-science community is not blameless. It knew it was up against formidable forces — from the oil and coal companies that finance the studies skeptical of climate change to conservatives who hate anything that will lead to more government regulations to the Chamber of Commerce that will resist any energy taxes. Therefore, climate experts can’t leave themselves vulnerable by citing non-peer-reviewed research or failing to respond to legitimate questions, some of which happened with both the Climatic Research Unit at the University of East Anglia and the United Nations Intergovernmental Panel on Climate Change.

Although there remains a mountain of research from multiple institutions about the reality of climate change, the public has grown uneasy. What’s real? In my view, the climate-science community should convene its top experts — from places like NASA, America’s national laboratories, the Massachusetts Institute of Technology, Stanford, the California Institute of Technology and the U.K. Met Office Hadley Centre — and produce a simple 50-page report. They could call it “What We Know,” summarizing everything we already know about climate change in language that a sixth grader could understand, with unimpeachable peer-reviewed footnotes.
At the same time, they should add a summary of all the errors and wild exaggerations made by the climate skeptics — and where they get their funding. It is time the climate scientists stopped just playing defense. The physicist Joseph Romm, a leading climate writer, is posting on his Web site, climateprogress.org, his own listing of the best scientific papers on every aspect of climate change for anyone who wants a quick summary now.
Here are the points I like to stress:

1) Avoid the term “global warming.” I prefer the term “global weirding,” because that is what actually happens as global temperatures rise and the climate changes. The weather gets weird. The hots are expected to get hotter, the wets wetter, the dries drier and the most violent storms more numerous.

The fact that it has snowed like crazy in Washington — while it has rained at the Winter Olympics in Canada, while Australia is having a record 13-year drought — is right in line with what every major study on climate change predicts: The weather will get weird; some areas will get more precipitation than ever; others will become drier than ever.

2) Historically, we know that the climate has warmed and cooled slowly, going from Ice Ages to warming periods, driven, in part, by changes in the earth’s orbit and hence the amount of sunlight different parts of the earth get. What the current debate is about is whether humans — by emitting so much carbon and thickening the greenhouse-gas blanket around the earth so that it traps more heat — are now rapidly exacerbating nature’s natural warming cycles to a degree that could lead to dangerous disruptions.

3) Those who favor taking action are saying: “Because the warming that humans are doing is irreversible and potentially catastrophic, let’s buy some insurance — by investing in renewable energy, energy efficiency and mass transit — because this insurance will also actually make us richer and more secure.” We will import less oil, invent and export more clean-tech products, send fewer dollars overseas to buy oil and, most importantly, diminish the dollars that are sustaining the worst petro-dictators in the world who indirectly fund terrorists and the schools that nurture them.

4) Even if climate change proves less catastrophic than some fear, in a world that is forecast to grow from 6.7 billion to 9.2 billion people between now and 2050, more and more of whom will live like Americans, demand for renewable energy and clean water is going to soar. It is obviously going to be the next great global industry.

China, of course, understands that, which is why it is investing heavily in clean-tech, efficiency and high-speed rail. It sees the future trends and is betting on them. Indeed, I suspect China is quietly laughing at us right now. And Iran, Russia, Venezuela and the whole OPEC gang are high-fiving each other. Nothing better serves their interests than to see Americans becoming confused about climate change, and, therefore, less inclined to move toward clean-tech and, therefore, more certain to remain addicted to oil. Yes, sir, it is morning in Saudi Arabia. 

martedì 16 febbraio 2010

Gennaio 2010: temperature record!

Le anomalie termiche del mese di gennaio 2010 secondo il NOAA. Il Gennaio del 2010 è stato uno dei più caldi della storia. Tuttavia,  il riscaldamento è stato poco uniforme, come è normalmente. Questo ha dato origine a molte esternazioni assai scomposte di gente che vive in zone dove è stato più freddo della media e ha creduto che qualche nevicata volesse dire che sta arrivando l'era glaciale.


In questo momento sembra che ci sia gente talmente impressionata dalle nevicate dei primi mesi del 2010 che è pronta a giurare che siamo a un passo dall'era glaciale e che questo dimostra che il concetto di riscaldamento globale è tutta una bufala. Beh, se non altro è una buona illustrazione di quanto sia facile sbagliarsi se non ci si basa su misure precise invece che sul proprio naso.

Sono disponibili i dati delle temperature di Gennaio dal NOAA in una pagina molto esauriente. Ovviamente, Gennaio è un mese freddo se lo si confronta con gli altri mesi dell'anno, ma se lo confrontiamo con lo stesso mese degli anni passati, il Gennaio del 2010 è stato uno dei più caldi della storia.

E' stato un mese record su diversi indici. Per esempio, è stato il Gennaio più caldo da quando si fanno misure di temperatura per quanto riguarda le aree continentali dell'emisfero sud. Particolarmente impressionanti sono i dati satellitari che indicano che la temperatura della bassa troposfera segna i valori più caldi in assoluto misurati in Gennaio negli ultimi 32 anni. Altri indici non sono record storici; per esempio la temperatura media delle terre emerse nell'emisfero nord si classifica soltanto al diciottesimo posto. Ma, nella media di tutti gli indici, è stato il quarto Gennaio più caldo da oltre un secolo. Niente male per un mese che secondo alcuni dimostrerebbe che il mondo non si scalda.

Insomma, dal comportamento di un mese non si può dire niente sull'andamento del riscaldamento globale, tuttavia questo Gennaio è stato in linea con quello che ci aspettiamo che succeda e che sta succedendo in termini di riscaldamento globale. E i dati disponibili per Febbraio indicano che la tendenza non è cambiata: finora è stato un febbraio molto caldo rispetto alle tendenze stagionali.

In sostanza il riscaldamento globale continua a camminare per conto suo e non da retta a quelli che pensano di farlo scomparire soltanto negando la sua esistenza.

(Fra le altre cose, i dati satellitari riportati dal NOAA sbugiardano completamente, semmai ce ne fosse bisogno, quelli che sostengono che le stazioni di misura a terra danno dati sbagliati per via delle "isole termiche" o che altro)

lunedì 15 febbraio 2010

I gravi errori dell'IPCC sul riscaldamento globale



I ghiacciai dell'Himalaya si stanno ritirando. Forse non così rapidamente come si trova scritto nell'ultimo rapporto dell'IPCC, ma comunque vanno a sparire. (fonte)




In un oscuro paragrafo delle migliaia di pagine dell'ultimo rapporto sul clima dell'IPCC, qualcuno ha trovato scritto che è "molto probabile" che i ghiacciai himalayani spariranno completamente entro il 2035.

Come si vede dalla foto più sopra, è vero che i ghiacciai himalayani si stanno ritirando. Tuttavia, il 2035 è una data un po' troppo vicina per vederli scomparire del tutto. Secondo alcuni, ci vorranno almeno 50 anni, e può darsi anche di più. E' probabile che la data del 2035 scritta nel rapporto IPCC sia stata un errore di stampa, o forse una svista. Ma c'è chi l'ha vista come prova sicura che il riscaldamento globale è un imbroglio ordito dai climatologi. Ovviamente sono una cricca di cospiratori che tramano nell'ombra per prenderci in giro e incassare i loro grassi contratti di ricerca.

Può darsi che qualcuno si sia decisamente lanciato un po' troppo in avanti in questa demolizione mediatica dell'IPCC, soprattutto considerando gli errori che l'altra parte nel dibattito ha fatto e sta facendo.

Vi faccio un esempio proprio sui ghiacciai: prendete David Bellamy - ex professore di botanica alle Università di Durham e Nottingham, in Inghilterra. Persona teoricamente qualificata per parlare con cognizione di causa di riscaldamento globale. Nel 2004 ha scritto sul Daily Mail che la teoria del global warming è "poppycock" (una sciocchezza). Orbene, su cosa basa il Prof. Bellamy questa sua opinione? Beh, fra le altre cose, su qualcosa che ha scritto sul New Scientist del 16 Aprile 2006, ovvero che "555 dei 625 ghiacciai mondiali sotto osservazione dal World Glacier Monitoring Service sono cresciuti dal 1980".

Questo è un dato che, se fosse vero, cambierebbe tutta la prospettiva che abbiamo del riscaldamento globale. In effetti, se i ghiacciai veramente non si sciolgono ma crescono, potremmo consegnare tutta la faccenda alle liste delle leggende urbane. Ma non è così. George Monbiot ha indagato sulla faccenda è ha scoperto che non è vero nulla. Bellamy ha fatto degli errori veramente clamorosi.

Per prma cosa, Bellamy ha sbagliato a leggere i dati da dove li ha presi. La fonte diceva il 55% di 625 NON 555 su 625. C'è una bella differenza fra il 55% e il rapporto fra 555 e 625 che è l'89%. Errore già di per se molto grave, ma non il peggiore di Bellamy.

C'è ben di più. Da dove ha preso Bellamy questo dato? Lui stesso ha dichiarato che li ha presi non da una pubblicazione scientifica ma da un articolo di una rivista chiamata "21st century science and technology" pubblicata dal noto demagogo folle, Lyndon Larouche (se non sapete chi è Lyndon Larouche, cercatelo su wikipedia. Rimarrete strabiliati.).

Ma dove arrivano questi dati che Larouche ha pubblicato? Non certo dal World Glacier Monitoring Service. Monbiot gli ha telefonato e gli hanno detto che questa cosa che ha scritto Bellamy è "bullshit" - letteralmente "cacca di toro", termine che credo renda l'idea.

Dopo lunghe ricerche, Monbiot ha trovato che il dato aveva origine in qualcosa scritta sul sito di Fred Singer, una volta uno scienziato ma da anni sul libro paga della Exxon. Interpellato su questo dato, Fred Singer ha tergiversato citando riferimenti inesistenti ma alla fine ha ammesso che il dato del 55% se lo era inventato di sana pianta sua moglie - che l'aveva messo sul sito. (questo lo racconta Jim Hoggan nel suo libro "Climate Cover-up" a pagina 162-164).

Insomma, c'è stata una serie di imbrogli impressionante in cui un dato completamente inventato ha trovato la sua strada in uno scritto di uno scienziato apparentemente "serio" ma che l'ha preso per buono senza preoccuparsi minimamente di controllarlo. Non solo, ma lo ha anche stravolto ulteriormente per dare più peso all'idea che i ghiacciai non si stanno ritirando.

Notate la differenza enorme fra la svista dell'IPCC e la manipolazione fatta da Bellamy e gli altri. Il nocciolo della questione del riscaldamento globale cambia poco o nulla se cambia la stima di quando esattamente i ghiacci Himalayani spariranno. Cambierebbe moltissimo, invece, se fosse stato vero che i ghiacciai, in generale, non si stanno ritirando, come hanno raccontato Bellamy è i suoi colleghi sulla base dei loro dati taroccati.

Se avevate qualche dubbio che vi stiano prendendo in giro sulla faccenda del riscaldamento globale, questa storia vi dovrebbe far capire che è vero. E anche vi dovrebbe far capire chi è che vi sta prendendo in giro.

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Perché guardi la pagliuzza che è nell'occhio del tuo fratello, e non t'accorgi della trave che è nel tuo? Come puoi dire al tuo fratello: Permetti che tolga la pagliuzza che è nel tuo occhio, e tu non vedi la trave che è nel tuo? Ipocrita, togli prima la trave dal tuo occhio e allora potrai vederci bene nel togliere la pagliuzza dall'occhio del tuo fratello. Luca, 6:41.

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L'articolo del 2006 di George Mombiot sulla storia di Bellamy e dei suoi dati taroccati è stato tradotto e commentato da Pierangela Magioncalda sul sito di ASPO-Italia

domenica 14 febbraio 2010

Avatar: il potere del sogno

 

Comunque la vogliate mettere, Avatar lo dovreste definire una scemenza.Personaggi creati con l'accetta, dialoghi di legno impiallacciato, buoni e cattivi da manuale di catechismo, alieni blu che fanno la ola davanti all'albero sacro. Per non parlare dell'assurdità di certi concetti, tipo la spina USB incorporata in tutte le creature viventi del pianeta (ce l'hanno anche le zanzare?).

Eppure, Avatar funziona.

Non so come è stato per voi, ma per me sono state due ore e mezzo di immersione totale in cui facevo il tifo per i buoni (gli alieni blu) contro i cattivi (i terrestri bianchi). Non mi capitava una cosa così da quando andavo a vedere i film western al cinema parrocchiale vicino a casa mia. 

Per capire come mai Avatar funziona bisogna considerare che un film, come tutte le opere letterarie, esiste in uno spazio onirico; il "dreamtime" degli aborigeni australiani, uno spazio in cui le leggi della fisica sono sospese o ignorate. Nella storia di Cenerentola una zucca si può trasformare in una carrozza e sul pianeta Pandora le montagne possono stare sospese in aria. Ma le leggi dell'etica sono conservate anche nel dreamtime - anzi, sono rinforzate. Non accetteremmo mai una storia in cui Cenerentola uccide a colpi d'ascia le sue sorellastre per accaparrarsi il principe azzurro, anche se cose del genere ogni tanto le leggiamo sui giornali. In Avatar, non accetteremmo che gli alieni fossero sterminati col napalm o con il fosforo bianco, come sarebbe il loro destino nel mondo reale.

Lo spazio narrativo funziona finché le regole dell'etica sono rispettate.  Avatar sarà ingenuo quanto volete, ma queste regole le rispetta e quindi funziona.

In effetti, Avatar va a esaminare un problema etico che troviamo anche in un gran numero di altri film e opere narrative recenti. Fra i tanti, viene in mente "La Principessa Mononoke", di Miyazaki; ben superiore a Avatar sul piano narrativo ma che affronta sostanzialmente lo stesso tema: il conflitto fra foresta e città. Oppure il romanzo di Sabina Morandi, "Petrolio in Paradiso" che ci parla del conflitto fra gli indigeni dell'Amazzonia e le compagnie petrolifere.

Avatar ci parla dello stesso conflitto. Il punto chiave del film vediamo quando i bulldozer distruggono la foresta per farne una miniera. Siamo un popolo di minatori; ci sembra che sia nostro diritto scavare e tirar fuori quello che ci serve dalla terra. Ma  questo che ci pare un diritto si scontra con altri diritti. Non solo quello di chi occupa i boschi e le foreste ma anche, e forse soprattutto, il diritto di quelli che verranno che di quello che abbiamo scavato via non troveranno più niente, salvo i nostri rifiuti: quello che abbiamo buttato via quando non ci serviva più.

 E' un problema etico nella sua forma più difficile: un conflitto contro noi stessi. Non lo abbiamo ancora risolto e probabilmente non lo risolveremo mai finchè ci sarà qualcosa da scavare nel sottosuolo. Ma il problema c'è e Avatar ce lo pone correttamente.


Fate caso a quello che si dice quando si parla di esaurimento delle risorse; il petrolio per esempio. E' un coro immediato: scavare più in fondo! Se lo guardate come un problema pratico a breve termine, scavare più in fondo può essere una soluzione; qualcosa ancora forse la trovi. Ma se lo guardate come un problema etico, le cose cambiano enormemente. L'etica prescinde dalla scala temporale. Ed è giusto distruggere le risorse senza lasciare niente per i nostri discendenti? E' giusto spargere in giro i nostri rifiuti lasciando il probelma a chi verà dopo di noi?

Stiamo tirando fuori dalla terra risorse che hanno impiegato milioni di anni per formarsi. Non sappiamo fra quanto tempo ma, una volta che avremo estratto tutto il carbone, tutto il gas e tutto il petrolio, rimarremo senza niente in mano.Rimarremo con un mondo devastato; basta pensare al "mountaintop removal" dove intere montagne sono distrutte con la dinamite per accedere al carbone che contengono. E rimarremo con un mondo surriscaldato per via del biossido di carbonio che abbiamo scaricato nell'atmosfera che abbiamo preso per una pattumiera. Questo è il problema ed è, appunto, un problema etico

Diceva Martin Luther King "I have a dream"; ho un sogno. Il suo era un sogno di armonia sociale fra bianchi e neri e questo sogno era potentissimo. E' un sogno potente anche quello di Avatar: quello dell'armonia dell'uomo e la natura. Vale la pena di fare dei sogni così


venerdì 12 febbraio 2010

Ammazzare i climatologi

Vista l'intensità della campagna di odio in corso contro la scienza, mi stavo domandando quando avrebbero cominciato a dire che bisogna ammazzare i climatologi.

In effetti, ci siamo arrivati - diciamo non proprio a proporre di impiccarli agli alberi, ma quasi. Ecco qui Glenn Beck, di Fox News che ci spiega che i climatologi si sono così "disonorati" che dovrebbero "commettere suicidio" ma che "non ci sono abbastanza coltelli" per farlo.


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Da Thinkprogress


Glenn Beck: ‘There aren’t enough knives’ for ‘dishonored’ climate scientists to kill themselves.
Glenn BeckOn his radio show yesterday, Fox News host Glenn Beck argued that the world’s climate scientists should commit suicide because they “have so dishonored themselves.” After repeating exaggerated and false smears about the work of the United Nations Intergovernment Panel on Climate Change (IPCC), the international scientific and governmental body tasked with assessing the threat of global warming, Beck said “there’s not enough knives on planet Earth for hara-kiri that should have occured,” referring to the form of ritual suicide used by Japanese samurai:

There’s not enough knives. If this, if the IPCC had been done by Japanese scientists, there’s not enough knives on planet Earth for hara-kiri that should have occurred. I mean, these guys have so dishonored themselves, so dishonored scientists.

giovedì 11 febbraio 2010

Quelli dell'IPCC sono una banda di nerd!

 

Il film "La Vendetta dei Nerd" (1984) ha reso popolare il concetto di "nerd". Occhialuto e goffo, bravo nelle sue cose scientifiche, il nerd è un disastro comunicativo, specialmente con le ragazze. In questo post sostengo che la maggior parte degli esperti sul cambiamento climatico hanno trascurato fino ad oggi il problema della comunicazione; in altre parole che si sono comportati come dei nerd.


In epoche ormai piuttosto remote, mi ricordo che una ragazza mi disse che non ero proprio il tipo per lei. Cosa avevo che non andava? Beh, non ero abbastanza deciso nelle mie azioni. Aveva notato che, una volta, mentre tentavo un sorpasso, avevo esitato e poi rallentato, rientrando da dove ero partito. Secondo lei, un vero uomo non doveva avere dubbi. Una volta che ha preso una decisione, la segue fino in fondo, costi quello che costi.

Ripensandoci oggi, mi sembra proprio che la tipa non meritasse il rischio di un bel frontale contro il bus della Sita che spuntava da dietro la curva. Però. all'epoca, ci rimasi piuttosto male. Essere rifiutato per un sorpasso mancato non mi sembrava giusto. E poi, se avessi tenuto l'accelleratore premuto, cosa sarebbe successo? Mi avrebbe sussurrato "ti amo" in mezzo alle lamiere contorte?

Ma non era questione di un sorpasso. Era proprio una questione di attitudine. Il problema era che, all'epoca, ero quello che oggi chiameremmo un "nerd." In effetti, se riguardo le mie foto di quando avevo 18 anni, con i miei occhiali con la montatura di tartaruga somigliavo spaventosamente ai personaggi del film "la vendetta dei nerd". E da buon nerd, tipo riflessivo e un po' indeciso, difficilmente avrei tenuto schiacciato l'accelleratore di fronte al bus in arrivo solo per dimostrare che ero un vero uomo.

La figura del nerd - occhialuto e goffo - è una deformazione del ricercatore professionale. Esagerata, certo, ma ne coglie alcune caratteristiche tipiche. Il ricercatore è bravo a fare quello che fa. Si chiude nel suo laboratorio, pasticcia con le sue provette, sta al computer tutta la notte. Spesso, però, trascura la comunicazione e i rapporti sociali; specialmente da giovane.

Con gli anni, il ricercatore perde gradualmente le sue caratteristiche di nerd "duro e puro" (e vi posso dire che anche con le ragazze comincia ad andare molto, ma molto meglio). Però, se fai ricerca come professione, qualcosina del nerd occhialuto ti rimane attaccato per tutta la vita. Non che ci sia niente di male nel concentrarsi sul proprio lavoro. Però, non bisogna esagerare. Soprattutto a un certo punto della tua carriera ti accorgi che non basta essere bravo a fare il tuo mestiere. Devi comunicare le cose che fai; devi interagire con altri.

Qui, c'è un grosso problema. Se nelle aziende e in politica si insegna e si pratica la comunicazione, gli scienziati (ovvero i nerd) la trascurano. Nelle facoltà scientifiche, ai ragazzi si riempie la testa di scienza; questo va bene, ma nessuno insegna loro nemmeno i rudimenti più elementari di comunicazione. Quando poi sei lanciato nella ricerca professionale, non solo devi imparare tutto da solo, ma ti accorgi anche che l'accademia non premia affatto le capacità comunicative dello scienziato.

La carriera di un ricercatore dipende quasi esclusivamente dalla capacità di produrre articoli su riviste scientifiche internazionali. Questi articoli possono essere benissimo incomprensibili ai più; financo agli stessi tuoi colleghi nello stesso campo. L'oscurità espositiva non viene considerata un grave difetto; anzi, occasionalmente viene lodata come segno di profondità.

In Italia, la divulgazione scientifica viene considerata a livello accademico un'attività leggermente più apprezzabile della pedofilia, ma non poi così tanto. All'estero, la situazione è migliore, ma la "comunicazione", intesa come trasferire al pubblico e ai politici i risultati del lavoro di ricerca, conta comunque zero ai fini della carriera.  Anzi, il fatto di comunicare bene viene guardato con un certo sospetto.

Il risultato di questa situazione è che gli scienziati, nella maggior parte dei casi, sono degli eccellenti professionisti nel loro campo, ma dei dilettanti quando si tratta di comunicazione. Insomma, molti di loro rimangono dei nerd per tutta la vita.

Finchè si parla di campi molto specializzati, non c'è grave danno. Ma le cose sono ben diverse quando la scienza si trova a dover raccomandare politiche riguardo a cose come la gestione del pianeta e di noi stessi: l'esaurimento delle risorse, l'inquinamento, il riscaldamento globale, la prevenzione delle malattie e tante altre cose. Bisogna convincere politici e pubblico che è necessario fare certe cose; anche non necessariamente piacevoli. E qui, le cose vanno male; anzi, malissimo.

Comunicare con il pubblico su cose come il cambiamento climatico non è cosa da nerd. Ci sono delle tecniche che vanno imparate e assimilate - esiste una vera scienza della comunicazione pubblica che va sotto il nome di "public relations". Include quello che chiamiamo pubblicità ma è molto di più. E' l'arte di dire e presentare le proprie ragioni in un modo che sia comprensibile e accettabile. La verità non vince da sola - bisogna sapere come presentarla. Questo lo sa bene chiunque abbia avuto bisogno di un avvocato per far valere le proprie ragioni in tribunale.

Ma queste cose gli scienziati non le sanno; non ne hanno la minima idea. I limiti degli scienziati in questo campo si sono visti pesantemente con la questione del cambiamento climatico. Si sono trovati del tutto impreparati a fronteggiare un attacco mediatico condotto da professionisti del mestiere.

Guardate un qualsiasi dibattito sul clima sulle pagine dei commenti dei blog. Gli scienziati non capiscono con chi hanno a che fare. Quasi sempre, trattano il negazionista di turno come se fosse uno di loro; cercando di spiegare pazientemente come stanno le cose. Quando si accorgono di essere presi in giro, tipicamente, perdono le staffe e cominciano a dire "siamo noi gli esperti e sappiamo noi come stanno le cose." il che ha un effetto mediatico assolutamente disastroso.

Fra i tanti esempi di fallimento mediatico degli scienziati, forse il più clamoroso è stato il caso delle email rubate all'università di East Anglia. E' stato un esempio così brillante di cosa NON fare che lo si ricorderà per decenni e sarà studiato dagli strateghi mediatici come la sconfitta di Napoleone a Waterloo lo è da quelli militari. Per la verità, non è stato nemmeno un fallimento - è stato proprio non rendersi conto che c'era un problema. Immaginatevi Napoleone che arriva a Waterloo da solo, dimenticandosi l'esercito a Parigi. Ooops.....

Allora, bisogna cominciare a pensare che la comunicazione è parte integrante del processo della scienza. Che se non riusciamo a comunicare quello che facciamo non possiamo aspettarci che la società continui a supportare la scienza, meno che mai che segua le raccomandazioni che arrivano dagli scienziati. Certo, non spetta agli scienziati fare il lavoro dello specialista di public relations ma, se vogliamo evitare ulteriori disastri mediatici, dobbiamo comunque imparare come si comunica e investirci delle risorse.

Insomma, bisogna smetterla di fare i nerd.

mercoledì 10 febbraio 2010

L'errore di Cassandra


Il nostro è un bel pianeta; pieno di vita, tempeste, correnti, vulcani, ghiacciai  e tutto il resto. Queste cose dobbiamo sentircele dentro, perlomeno un po', se vogliamo ragionare di cambiamento climatico senza cadere nell'incubo del complotto dei climatologi malvagi.


Ho ricevuto un commento molto particolare su un mio post recente sul clima. Ve lo passo qui di seguito. Leggetelo poi ne discutiamo.

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Anonimo ha detto...
A me sembra che le persone ci trovino gusto a sparare cavolate... protette da un flebile velo di cultura... e arroccatesi come sono sopra false e pseudo istituzioni che hanno ormai le gambe corte. Definire il 2009 come 2° o 5° anno piu' caldo di sempre... e' a mio avviso una tra le piu' grosse stronzate che si possano leggere oggi su internet (e non solo)... soprattutto pensando al fatto che in tantissimi cercano di far accettare un innalzamento della temperatura portando a proprio beneficio dati falsi e maldestramente utilizzati.    La realta' e' quella che gli Scienziati, quelli veri, possono "leggere" tra i dati rilevati direttamente in giro per il mondo. Il Sole, (quasi) unica sorgente termica dell'intero pianeta, e' in una situazione di minimo storico a dir poco innegabile. Affermare che il Sole non ha alcuna influenza sul clima terrestre equivale ad affermare che la propria laurea e' stata acquistata con i punti del Dixan. Non cambia molto il succo del discorso.    Per cui... bisognerebbe tornare a fare scienza, descrivendo e osservando il mondo che ci circonnda, senza voler per forza di cose metterci a capo di tutto e tutti. La temperatura globale, sul pianeta, ha smesso di crescere nel 1998... e dal 2007 circa ha iniziato scendere.  Questa e' la verita'.  Il perche' gli organi ufficiali si rifiutano di dirla in giro, e' presto detto: non hanno il coraggio di affrontare il vero problema che ci riguarda, ovvero la glaciazione prossima ventura.  Ugo Bardi e' molto bravo a scrivere, peccato che non sta usando piu' la propria testa... limitandosi a "portare l'acqua al mulino del miglior offerente"... che ancora una volta sono i "serristi"... ovvero coloro i quali per decenni sono stati PAGATI per dire falsita' e distorcere la realta' del mondo.    Dopo il 3° anno consecutivo che le temperature non seguono piu' il trend previsto dai serristi, si continua a sostenere apertamente che le temperature sono in aumento. Non vedo l'ora di assistere ai comunicati ufficiali per quanto riguarda l'inverno 2009-2010... che se viene giudicato tra gli inverni piu' caldi di sempre, allora significa che chi vi scrive e' gia' morto e sepolto da tempo e non appartiene piu' a questo mondo.

Bene, ora che siete arrivati in fondo fate un attimo di pausa per esaminare le vostre sensazioni. Che cosa ve ne è parso? Che cosa avete sentito dentro la pancia? Che impressione vi arriva da una cosa del genere? Se avete un attimo, mi darete le vostre impressioni nei commenti. Io, intanto, vi passo le mie.

La mia prima impressione è stata di incredulità. Come è possibile che un essere umano possa scrivere una cosa del genere? L'impressione è stata talmente forte che mi sono chiesto se non fosse uno scherzo; l'opera di qualcuno che si è divertito a fare il negazionista fuori delle righe. Ma, pensandoci sopra, credo che sia veramente stato scritto da qualcuno che crede a quello che scrive. Ci sono persone, là fuori, che la pensano veramente così.

Allora, la cosa che ti viene in mente è di cercare di spiegare. Dire a questo signore che quando parliamo di riscaldamento globale, stiamo parlando di decimi di grado (per ora) e che questa non è una cosa che si possa percepire a occhio a seconda che oggi è freddo o caldo in una particolare zona. Spiegare che ci sono cose che si chiamano "termometri" che servono apposta a misurare queste piccole variazioni di temperatura. E che da queste misure si possono fare delle medie e parlare di riscaldamento con cognizione di causa. Insomma, questo tipo di cose.

Ma lo sapete meglio di me che non servirebbe a niente. Questo signore ragiona con altri metri di ragionamento - è un altro mondo mentale il suo; completamente diverso da quello di coloro che usano termometri per misurare le temperature. Ci ho ragionato sopra non poco e sono arrivato a una conclusione: il nostro anonimo è l'intrusione nel nostro mondo, apparentemente così razionale e quantitativo, di quello che gli antropologi chiamano "Pensiero Magico". E' il credere che la parola o il pensiero possano determinare la realtà.

Questro anonimo commentatore (che, più tardi, si è identificato con il nome improbabile di "Piergiangiacomo", lo chiamerò PGG) ritiene evidentemente di poter influenzare la realtà con il suo pensiero. Che basti dire solennemente "Questa è la Verità" perchè il pianeta diventi più freddo invece che più caldo e al diavolo i termometri. E' puro pensiero magico.

Il pensiero magico non è una cosetta da scherzarci. E' parte della cultura umana fin da quando i nostri antenati cacciavano il mammut e ancora prima. E' una cosa profonda; una cosa che ci siamo illusi di aver ricacciato indietro con un velo di scienza e di razionalità. Ma, al minimo problema, questo sottile velo si strappa e il pensiero magico riappare. E la magia, in fondo, non è altro che sogno: gli esseri umani vivono di sogni e di magia. E di che altro sennò?

Certo questo del nostro PGG è un sogno ben brutto e misero. E' il sogno - piuttosto un incubo - di un bambino spaventato che ha paura del buio. Si capisce che ci si possa spaventare di fronte alle prospettive che apre il problema del riscaldamento globale. E allora ci si da a questo sogno rassicurante che sia colpa di qualcun altro. Che sia tutto un complotto, che non sia vero niente, che sia colpa dei "cattivi". Che sia un incubo se ne rende conto anche PGG quando dice - sincero - che "non appartiene più a questo mondo".

Certo, è rassicurante pensare che tutti i danni che abbiamo fatto e stiamo facendo a questo pianeta siano colpa di qualcun altro; in questo caso ai malvagi scienziati che falsificano i dati per imbrogliarci. E' anche questo uno degli antichi modi di funzionamento del pensiero umano: il sogno del capro espiatorio. Le nostre colpe ci sembra di poterle scaricare su qualcun altro o su qualche altra cosa e, alla fine dei conti, ne siamo assolti - non più coinvolti.

Eh, si, è sempre facile trovare un capro espiatorio ma le cose non sono così semplici. Comunque la si metta, è l'"Effetto Cassandra" che riappare. Neghiamo pure la realtà e diamo la colpa a qualcun altro per tutto quello che ci arriva addosso; ma il problema rimane: umiliata e vituperata, Cassandra aveva pur sempre ragione. 

E allora; come evitare di cadere un'altra volta vittima dell'effetto Cassandra? Aveva sbagliato qualcosa la profetessa Troiana? Poteva fare meglio di quello che ha fatto?

Beh, devo ringraziare PGG per avermi fatto ragionare su questa faccenda. Cassandra - pur avendo ragione - aveva fatto un errore; ma di quelli che non perdonano. Non aveva saputo dare un sogno a quelli a cui parlava; ai suoi concittadini che si erano dati a un sogno rassicurante, che la guerra era finita e che la città era salva. Il sogno è troppo potente - non lo si combatte soltanto con la ragione. Cassandra, detta nell'Iliade "la più bella figlia di Re Priamo", non si intendeva di "public relations" e non era apparsa ai suoi concittadini più sexy e desiderabile di quanto per noi non appaiano i seriosi scienziati dell'IPCC (e nemmeno loro si intendono di PR).

Ai tempi nostri, gli scienziati hanno fatto lo stesso errore di Cassandra. Non hanno saputo dare alla gente un sogno. Il messaggio che hanno cercato di passare è stato "dovete soffrire", "dovete fare dei sacrifici" ed è tutto per colpa vostra. Non è un messaggio piacevole; non è un bel sogno. Non c'è da stupirsi se la gente reagisca male e vada dietro agli imbroglioni che gli offrono un sogno che - a prima vista - sembra migliore. E' un sogno rassicurante del tipo "non è colpa vostra, è colpa loro."

Così, il nostro PGG è uno che ha bisogno di un sogno, come tutti noi. Ne ha trovato uno che non è nè bello nè simpatico, in effetti un incubo, ma si è dovuto contentare perché non ne ha trovati altri.

Eppure, non ci dovrebbe essere bisogno di cader preda di questi incubi orribili. Il pensiero magico, il sogno, non è necessariamente una cosa cattiva. E' parte di noi; del fatto di essere umani. E se non avessimo sogni, che cosa saremmo? E allora c'è un sogno molto più bello che tutti noi possiamo sognare. E' quello di un pianeta bello, rigoglioso, verde, pieno di vita e di creature. Così come lo è oggi - tuttora - e così come vorremmo che restasse. Ci possiamo anche riuscire se smettiamo di considerarlo una pattumiera dove possiamo buttare alla rinfusa tutto quello che non ci serve. Possiamo seguire i nostri sogni e lo dobbiamo fare. Guardate un po' più su della punta dei vostri piedi e potete sognare anche voi un pianeta in armonia.

Se sapremo sognare in questi termini, non faremo l'errore che hanno fatto i Troiani al tempo di Cassandra.

martedì 9 febbraio 2010

Effetto Cassandra

Sto ancora pasticciando con il titolo e il layout del blog. "Effetto Cassandra" mi è parso meglio di "La Maledizione di Cassandra" come titolo (anche da un suggerimento di Stefano Caserini). Un po' più leggero anche se, per la verità Cassandra fu davvero maledetta. Piccoli aggiustamenti, comunque è la sostanza che conta.

lunedì 8 febbraio 2010

Il blog di Cassandra

Avrete notato un cambiamento nel titolo del blog che ora si chiama "la maledizione di Cassandra". Prima l'avevo chiamato semplicemente "Il blog di Ugo Bardi", ma era un tantino troppo generico.

Ho visto che i vari post che facevo stavano evolvendo sempre di più verso il problema della comunicazione e della lotta contro la pseudo-scienza, soprattutto in campo climatico. Così mi è parso il caso di chiamare in causa Cassandra, profetessa e mia personale eroina. Il titolo "la maledizione di Cassandra", fra le altre cose, è quello di un libro che sto preparando.

Credo che siamo arrivati a un punto di rottura nel rapporto fra scienza e società. I prossimi anni decideranno se gli scienziati faranno la fine di Cassandra; ovvero saranno demonizzati e marginalizzati (e forse fisicamente eliminati). In questo caso, è probabile che la nostra civiltà faccia la fine di Troia al tempo di Cassandra; però non potremo dire di non essercela cercata.

Al momento, l'onda della disinformazione sulla questione del cambiamento climatico sta travolgendo tutto e tutti. Contro la stupidità, anche gli Dei lottano invano e Cassandra se ne è accorta ai suoi tempi. Comunque, non tutto è perduto se sapremo reagire. La lotta è appena cominciata e, come diceva Churchill, non sarà per Agosto, e nemmeno per Settembre, tuttavia......

venerdì 5 febbraio 2010

Un'arma di distruzione di massa lanciata contro la scienza


Questa vignetta ci mostra gli elementi principali della propaganda diretta a negare il ruolo umano e l'esistenza stessa del riscaldamento globale. Vedete la falsificazione dei dati: la linea delle temperature che scende. Vedete anche la demonizzazione del messaggero: Al Gore mostrato con fattezze da nano deforme. Ma la bugia che le temperature stanno diminuendo non regge più. Allora, non resta che prendersela con le persone; è la nuova tattica dei negazionisti. L'attacco mediatico contro i climatologi si sta rapidamente trasformando in un'arma di distruzione di massa diretta contro tutta la scienza. 


James Hrynyshyn ha riassunto molto bene la situazione nel suo blog "The Island of Doubt" (vedi il testo, più sotto). Il 2009 è stato un anno che poteva rappresentare il "punto di non ritorno" della questione climatica; ovvero in cui sia il riscaldamento come il ruolo dell'uomo nello stesso sarebbero apparsi evidenti a tutti. Dopo che il 2008 era stato un anno di pausa, il 2009 è ritornato in linea con le tendenze degli ultimi decenni: è stato il secondo anno più caldo della storia da quando si fanno misure di temperatura. Tutte le scemenze sul "raffreddamento globale" che si sono sentite dire ultimamente ne sono state seppellite. Allo stesso modo, la conferenza di Copenhagen avrebbe potuto dare una forma ufficiale alle azioni necessarie per contrastare il riscaldamento globale.

Non c'è da stupirsi allora se il negazionismo climatico, messo all'angolo dalla realtà dei fatti, ha reagito con un contrattacco durissimo. E' stata una vera e propria "escalation", per usare un termine militare. Se, fino ad oggi, la polemica era stata soprattutto sui dati e sulle teorie, adesso si è spostata sulle persone. Così è nato il furto delle email dell'università di East Anglia che sono state distorte al punto da interpretarle come un'ammissione dei climatologi di aver ordito un complotto mondiale per lucrare su un riscaldamento inesistente. Ora, l'offensiva si sta sviluppando con una serie di attacchi personali ai climatologi di maggior spicco, come Michael Mann. Siamo arrivati al punto che gli scienziati vengono insultati per aver fatto e fare quello che è il loro mestiere: ovvero utilizzare risorse pubbliche per fare ricerca nel loro campo.

E' l'attacco "ad hominen"; l'arma più potente dell'arsenale della propaganda. Se non puoi contestare i fatti, contesta la persona del tuo avversario. Già a Copenhagen, Cristopher Monckton, visconte di qualcosa e noto negazionista climatico, ha insultato i suoi opponenti definendoli "gioventù hitleriana". La "reductio ad Hitlerium" è la forma estrema di questo tipo di attacco. 


L'offensiva dei negazionisti climatici sta avendo un notevole successo nel disorientare il pubblico. Ma le armi più potenti sono anche quelle che sono più difficili da controllare. Scatenare questa campagna di odio si sta rivelando una vera arma di distruzione di massa che sta demolendo la fiducia del pubblico non solo nella scienza del clima, ma nella scienza e negli scienziati in generale. E' un danno immenso che la società tutta intera si sta auto-infliggendo. E questo proprio nel momento in cui avremmo bisogno di fiducia nella scienza per poter prendere le decisioni giuste di fronte alla grande crisi climatica e delle risorse.

Persino qualche scienziato di spicco, come Enrico Bellone in Italia,  non ha capito che l'attacco è diretto a tutta la scienza e non solo a quella del clima. Così, si diverte a sparare qualche sciocchezza alla moda solo per il gusto di un breve flash di popolarità. Non ha capito che la campana suona anche per lui.




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Why the denial camp is winning (and we're all losing) the climate wars



Posted on: February 4, 2010 10:44 AM, by James Hrynyshyn


It's not so much that the pseudoskeptics who dominate the climate change denial camp are particularly clever, but they have been rather fortunate, and the forces aligned on the side of science have turned out to be human after all. The result is the denial camp is winning, and those on the defensive have some thinking to do.

First, consider the timing of recent events.

As the year began, climatologists were able to launch what should have been a devastating counterattack to the nonsensical but appealing notion that global warming has been replacing by global cooling. The records show that the first decade of the century was the warmest on record. Not only that, but 2009 tied for the second warmest year on record. This despite the recent La Niña, the phase of the irregular ENSO cycle that temporarily cools the surface waters of the oceans and consequently the lower atmosphere, and an unusually long solar minimum, which has the same qualitative, though not quantitative, effect on the Sun's heating of the planet.

Then there was the nail in the coffin of the already moribund argument that the siting of U.S. weather stations lent a warming bias to temperature records. A new paper from the staff of the National Climatic Data Center in Asheville, N.C., concluded the net bias came in the form of a cooling trend. If anything, temperatures in the U.S. have been rising more than previously thought. (Although the real bias is tiny, the important point is the absence of a warming bias.)

Given those facts, even a middle-school student can see the thesis that any warming trend was natural and short-lived is just plain false. And indeed, after a spate late last year of "there's been no warming since 1998" stories, largely in the UK but also to a surprising extent in the US, that particular fiction is no longer a favorite of the anti-intellectual pundits. But that hasn't silenced them.

Instead, they've switched from attacking the science to attacking the scientists. The advent of the publication of hundreds of private emails among leading climatologists made this as easy as shooting fish in a barrel. We've all written things in haste that we'd love to retract, but that's just not possible in the wired world. And everyone makes mistakes. Automobile manufacturers sell cars with faulty accelerators and brakes because they're staffed by humans, just as IPCC authors cut corners and disregard protocol because they're human.

Here's IPCC author Phil Duffy, whose thoughts on the subject inspired mine:

Things happen, but let's react appropriately. Medical doctors make mistakes every day. (In fact, medical errors in the US alone kill hundreds of people daily--the equivalent of a jumbo-jet crash.) And no doubt many of these errors happen because established procedures are ignored, sometimes knowingly. Does this mean the entire edifice of western medicine is wrong, or prejudiced, or the product of a conspiracy, and should be rejected? Of course not. Furthermore, the medical profession as a whole is still held in high regard, as it should be.

No one worth listening to is calling for a massive inquiry into the science underpinning modern medicine, or the engineering foundations of the car industry. But pseudoskeptics argue that the IPCC is systematically fraudulent simply because a couple of statements among thousands of pages of heavily edited and re-editing (and re-re-edited) documents cite gray literature instead of the peer-reviewed literature that supplied the science in the first place.

Is it controversial among those study such things that 40% of the Amazon is susceptible to drought? No. Is it controversial that Himalayan glaciers are receding? No. Only the way in which that science was presented and attributed was found faulty. To thrown out anthropogenic global warming because of such missteps is the climatological analog of dismissing an entire faculty of medicine because someone correctly diagnosed a patient because of a story they read in New Scientist instead of the medical journal article on which the story was based. Bad judgment? Yes. Fatal error? No.

Yet, that's not the impression we get from reading the likes of George Will, or James Delingpole or Ian Plimer or Anthony Watts or any of the other questionable sources that find their way into Climate Debate Daily's right-hand column. They would have you believe that climatologists are universally dishonest and/or stupid, more so than those of any other profession or trade. And after suffering years of insults to their intelligence and integrity, a few climatologists occasionally lose their cool in private correspondence, thus supplying the denial-mongers the fodder for this latest offensive in their war on reason and science.

There has been much gnashing of teeth among those who study the communication of science over the climate community's poor "messaging." But honest evaluation is there is no way scientists could have anticipated the challenges they face. The world has never before demanded so much of its scientists.They could not have been expected to self-censor their emails because there's never been a comparable revelation of once-private correspondence among scientists. With 20-20 hindsight, the errors are evident. But that's always the case with 20-20 hindsight, isn't it.

So where does that leave those who care about getting the science message out to the public?

I have only one suggestion at this time, though hopefully more will become evident in the near future. The mainstream media has got to stop giving time and space to those who have no expertise in the field. Journalists who consider themselves in the business of supplying something akin to the truth have got to stand up to editors who insist on upon false equivalency or stop calling themselves journalists. News outlet administrators who pretend to respect their readers, viewers and listeners should read the riot act to anyone who blogs or otherwise works under their banner and insist they start respecting science if they want to continue in that capacity.

This isn't about censorship. Thanks to the Internet, everyone can find a way to spread their point of view. It's about applying the same standards to coverage of climate change that "respectable" media apply to fields like sports, business and other fields. Sports bloggers and journalists for major news organizations couldn't get away with making up baseball statistics for long. They'd be laughed out of the office. Business reporters can't supply false stock market numbers because that would be a violation of very essence of what they're supposed to be doing. And yet climate science is somehow different. If you work for the Daily Mail or Telegraph in the UK, or Fox News (or the Washington Post's op-ed section) in the U.S., you can say or print anything you want about climatology, without regard for the facts. That should not be tolerated.

It's not much, but it's a start.